Nel 2011, il britannico Joe Cornish ha esordito alla regia portando nelle sale di tutto il mondo un thriller fantascientifico con venature horror: Attack the Block. Nonostante il film sia diventato un piccolo cult, Cornish ha aspettato ben 8 anni prima di tornare dietro la macchina da presa, e l’ha fatto con Il ragazzo che diventerà Re, una rivisitazione in chiave contemporanea del mito di Re Artù. Purtroppo, l’uscita nei cinema dell’ultimo capitolo della saga dei Vendicatori ha fatto passare sottotraccia tutti i film rilasciati negli ultimi giorni. Fortunatamente Il Ragazzo che diventerà Re rimarrà scottato al box office solo in questo strambo paese a forma di scarpa, in quanto oltreoceano – e nella più vicina Britannia – hanno avuto l’accortezza di programmare con qualche mese d’anticipo la release di un film dichiaratamente per ragazzi, lontano da un asso pigliatutto come Avengers: Endgame.
Giovani promesse
Alex è un ragazzo di dodici anni che un pomeriggio, scappando dai bulli della sua scuola, scopre in un cantiere abbandonato la spada Excalibur e riesce ad estrarla. Da quel momento cercherà di sfruttare gli incredibili poteri della spada per risolvere i problemi quotidiani della sua vita, ma sarà messo in guardia da Merlino in persona, quando la perfida Morgana, sorella di Artù, tornerà direttamente dal Medioevo per distruggere il mondo.
Dopo aver fatto conoscere John Boyega (noto ai più come Finn, protagonista di Star Wars: Il Risveglio della Forza e Star Wars: Gli Ultimi Jedi), Cornish lancia il figlio d’arte Louis Ashbourne Serkis – che farà molta strada se avrà anche solo la metà del talento del padre – e soprattutto Angus Imrie nei panni di un insolito Merlino. Il suo personaggio, che non usa una bacchetta ma agita le mani per eseguire magie in maniera quantomeno bizzarra, è sicuramente il soggetto più interessante del film, grazie alla trasposizione inedita (che più invecchia e più ringiovanisce fisicamente) ed alla grande capacità recitativa dell’attore classe ’94. Purtroppo il resto del giovane cast non riesce ad essere altrettanto incisivo.
Artù al tempo della Brexit
Rispetto al suo primo lungometraggio, Cornish mantiene il grande senso dell’umorismo e la forte critica sociale (in questo film apertamente dichiarata). Battute come “Il male tornerà quando il paese sarà perduto e senza una guida” o “Un paese si misura dalla grandezza dei suoi leader”, non possono passare inosservate in questo particolare e delicato momento della Gran Bretagna. Nonostante il regista sfrutti a pieno la possibilità di girare in campo aperto, riprendendo con numerose carrellate le campagne inglesi, la fotografia rimane abbastanza piatta e, a conti fatti, Il ragazzo che diventerà Re risulta molto meno efficace di Attack the Block da un punto di vista prettamente tecnico visivo.
Il film è poi un chiaro omaggio al cinema degli anni ’80, ma anziché replicare la formula come tante recenti operazioni commerciali, ne emula lo spirito. C’è il senso della grande avventura di cui nessuno sa niente, il giovane ousider protagonista, il migliore amico sventurato, i bulli della scuola, l’azione, i mostri, i colpi di scena. Purtroppo però ne raccoglie anche i difetti, parlando unicamente ad una ristretta fascia d’età. Sviluppare diversi livelli di lettura, in modo da rendere fruibile e godibile la pellicola ad un target di pubblico più ampio, avrebbe sicuramente agevolato il successo del film. Purtroppo imporsi oggi nel cinema fantasy per ragazzi è davvero arduo, essendoci veramente una vastissima offerta sul mercato.
Le rivisitazioni di miti e storie universali in chiave moderna sono sempre molto delicate da affrontare. Spesso ci si ritrova a doversi confrontare con veri e propri mostri sacri, e nella storia degli adattamenti cinematografici e televisivi si contano certamente più flop che esperimenti ben riusciti (su tutti, sicuramente, la serie tv Sherlock, ferma ahinoi alla quarta stagione, ndr). Il coraggio a Joe Cornish non è certo mancato nelle intenzioni, peccato non sia emerso in quanto realizzato. Sfortunatamente, Il ragazzo che diventerà Re risulta sì un film autentico, ma anche abbastanza anonimo. Dopo un validissimo incipit capace di risvegliare nello spettatore over 30 Goonesiani ricordi, ed uno sviluppo non altrettanto interessante, segue un finale in cui il regista ripone apertamente le proprie speranze nei giovani inglesi, e alla loro capacità creativa ed organizzativa. Una soluzione che promuove il film, ma che non gli permette comunque di andare oltre una piena sufficienza.