Impossibile non sedersi al cinema per l’anteprima stampa di Toy Story 4, vedere il cow-boy di pezza più famoso del mondo e non pensare al compianto Fabrizio Frizzi. Grazie Fabrizio, ci manchi ancora e vedere oggi il tuo personaggio più conosciuto al cinema con un’altra voce fa effetto. Fa effetto però per circa 20’, perché la bravura di Angelo Maggi nel sostituire il presentatore romano è tanta e perché quello che è stato il Toy Story più discusso e travagliato nella sua gestazione si dimostra un film che ricorderemo per anni, divertente e dall’impatto emotivo paragonabile all’indimenticabile terzo capitolo.
Ma andiamo con ordine: Toy Story 4 vede Josh Cooley al debutto dietro la macchina da presa, dopo l’abbandono del progetto da parte di John Lasseter (il regista dei primi due episodi della serie, originariamente alla guida anche di questo progetto); un esordiente quindi ma conosciuto nell’ambiente Pixar per essere stato una delle figure chiave di Inside Out. Tra rinvii, cambi di sceneggiatura e polemiche di chi voleva la serie chiusa alla perfezione con Toy Story 3, il 26 giugno arriverà nei cinema Toy Story 4, per vedere come si stanno comportando i nostri giocattoli preferiti con la loro nuova bambina, Bonnie.
Un nuovo amico, una nuova minaccia e un gradito ritorno
Ricordiamo tutti lo struggente addio di Andy a Woody, Buzz e compagnia nel capolavoro Pixar del 2010: oggi i nostri vivono una vita spensierata con l’adorabile Bonnie, una dolce ragazzina con una fervida immaginazione e in procinto di fare un grande passo, quello di iniziare a frequentare la scuola materna. L’idea la spaventa e spaventa anche Woody, contento della sua nuova sistemazione ma anche un po’ accantonato dalla piccola e preoccupato che la scuola si dimostri troppo per lei. Così il vaquero decide di accompagnarla e aiutarla a uscire dal suo guscio creando Forky, un dolce ma improvvisato amico fatto di plastica e rifiuti (doppiato da un geniale Luca Laurenti) con la fastidiosa tendenza a perdersi di continuo, causando tantissimi problemi. Problemi che si acuiscono una volta che la famiglia di Bonnie parte in vacanza in camper, fino a raggiungere una cittadina nella quale si nasconde una vecchia conoscenza di Woody e amici: Bo Beep.
Questo l’incipit di Toy Story 4, film che più che basarsi sulle vecchie glorie, introduce nuovi e convincenti personaggi, oltre alla già citata pastorella, decisamente non più la dolce ragazza conosciuta nel 1995. La trama, alla ricerca del sempre sfuggevole Forky vedrà Woody e Bo, assieme ai nuovi amici Ducky e Bunny (fenomenali) e una serie di strampalate nuove addizioni, confrontarsi con una minaccia in arrivo dagli anni ’50: la tremenda bambola Gabby Gabby e i suoi scagnozzi che sembrano usciti da “Il Pupazzo Parlante” dei Piccoli Brividi. La storia di Toy Story 4 riesce intanto nel complicato compito di dare una continuazione coerente e non forzata alle vicende decisamente autoconclusive del terzo capitolo, sfornando un intreccio semplice ma ricco di emozioni e adrenalina fino ad arrivare al suo struggente e potente finale, senza dimenticare una caterva di risate genuine trovate sulla strada. La Disney sa certamente come lavorare sui sentimenti e anche questa volta riesce completamente nel suo intento: se in Toy Story 3 lo spettatore cresciuto con la serie abbandonava anche lui l’adolescenza con Andy, qui il fulcro diventa Woody e il suo dover accettare l’abbandono dello stesso Andy, quasi come un padre che deve accettare la maturazione di un figlio.
Perché Toy Story è cresciuto con noi e noi siamo cresciuti con Toy Story e questo quarto episodio non fa differenza.
Una masterclass in cinema d’animazione
Dove la maestria della Pixar non delude proprio mai, e certo non lo fa in Toy Story 4, è nella cura artistica di luoghi e personaggi e nella sontuosa realizzazione tecnica del Luna Park e della città di Grand Basin, dove sono ambientate la maggioranza delle scene del film. A un occhio inesperto potrebbe sembrare che tra uno Sherlock Gnomes qualsiasi e un Gli Incredibili 2 ci siano poche differenze, ma Toy Story 4 è l’ennesima dimostrazione di come l’azienda fondata da Steve Jobs abbia una marcia in più non solo nello storytelling, ma anche in regia e fotografia, senza dimenticare la cura del dettaglio.
Ogni elemento di Toy Story 4 è infatti rifinito al punto tale da sfiorare il fotorealismo e pieno zeppo di accorgimenti e effetti, tanto da farci sorridere più e più volte durante la proiezione, magari quando vedremo la polvere accumularsi su una presa dietro a una credenza o le semplici rifrazioni e animazioni della plastica, gomma o tela dei protagonisti (qualcosa che ci ha ricordato l’altrettanto notevole The LEGO Movie 2). Non solo tecnica però: il film è pieno di giochi di luce, inquadrature suggestive che quasi trasformano le fessure tra mobili e muri in un negozio d’antiquariato nelle strade di una città dalle tinte noir (tanto che a un certo punto i personaggi entrano in quella che assomiglia a una versione giocattolosa di una speakeasy anni ’30), solo per fare un esempio di questa clamorosa rappresentazione di uno spaccato di America centrale.
Toy Story 4 è semplicemente la Pixar al suo massimo: un capolavoro di tecnica grazie a una cura delle animazioni e dei dettagli best in class, la summa dell’animazione 3D in soldoni, una valanga di risate e le emozioni quelle importanti, che toccano le corde del cuore. Grazie Woody, grazie Buzz, dal 1995 abbiamo vissuto con voi giocattoli virtuali più momenti indimenticabili di quelli passati con la stragrande maggioranza degli altri film in circolazione.