Superando ogni record, l’ambiziosa serie di Paolo Sorrentino lascia tutti a bocca aperta. The Young Pope, produzione originale Sky, HBO e Canal+, per il suo debutto si è registrata come la serie più vista sulla piattaforma Sky con 953 mila spettatori medi, annientando i numeri fatti da Gomorra – La serie, 1992 e addirittura serie cult come Il Trono di Spade e Westworld.
E non è finita qui perché è già stata venduta in ben 110 paesi in tutto il mondo, altro record!
Lenny: veste bianca e anima nera
Bello, affascinante, giovane, occhi blu, uno sguardo enigmatico, tutto questo è Jude Law o meglio Lenny Belardo o meglio ancora Papa Pio XIII. L’attore inglese interpreta il primo rivoluzionario Papa americano della storia. Salito inaspettatamente al soglio pontificio, il quarantasettenne Lenny, si rivela subito come l’antieroe della storia, non è il nostro paladino della giustizia ma, al contrario, il villain per eccellenza! Dispotico, cinico, vendicativo, uno showman della curia, un Frank Underwood (House of Cards) della Casa Bianca vaticana.
La fumata bianca arriva per Lenny, scelto da cardinali che pensavano di poterlo manovrare a loro piacere ma che ora si trovano a fare i conti con un uomo che non si lascia manipolare, che non accetta consigli e che si sente superiore al mondo, ricoprendo il suo ruolo con molta disinvoltura. Ha le sue spie all’interno della curia che, tradendo il segreto confessionale, diventano gli occhi e le orecchie del pontefice. La sua ambizione e il suo essere avaro di sentimenti lo portano subito a farsi dei nemici all’interno del Vaticano. Vive il tormento di non aver mai conosciuto i suoi genitori, il vuoto che hanno lasciato lo ha segnato profondamente ed è alla continua ricerca di se stesso.
Il nuovo Papa incarna, in un certo senso, tutte le contraddizioni del mondo. Luce e ombra, libertà e sottomissione, conservazione e rivoluzione, piaceri e doveri. Ma chi è Lenny Belardo? È un orfano che diventa Padre e Madre della Chiesa, ha il vizio del fumo, mangia poco e a colazione beve solo una Coca Cola alla ciliegia, non si fida di nessuno… ah, e non crede in Dio! Dovrebbe essere portatore di luce celeste e faro di speranza per l’umanità, invece sceglie di stare nell’ombra e di non mostrare mai il suo volto. Nei suoi sogni è il paladino di una Chiesa che si preoccupa della libertà di ogni uomo piuttosto che della macchia del peccato, ma nella realtà è il più estremo dei conservatori, rigido e inflessibile.
Un cast internazionale
La Co-produzione internazionale tra Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Francia e Spagna ha portato con sé un cast altrettanto internazionale. Primo fra tutti Jude Law che veste la tunica bianca ricoprendo forse il ruolo della sua vita. Un personaggio molto complesso, delicato e allo stesso tempo aggressivo che di certo ha richiesto un duro lavoro. I dettagli, le movenze, la postura tutto studiato nel particolare, lasciandosi sapientemente guidare dal regista visionario.
Si gioca in casa con Silvio Orlando, il cardinale Voiello, antagonista del Papa Re che pensava di poter influire su di lui ed usare la sua forza mediatica, ma si ritrova sottomesso al servizio di un uomo che odia. Patito del calcio (del Napoli ovviamente, come vuole il regista), che fa pensieri osceni sulla Venere di Willendorf e che sembra aver perso ormai la fede tra le dinamiche politiche del Vaticano. L’attore si fa notare in un cast stellare giocando a tratti la carta della comicità che spezza il tono serio e pesante delle scene, una comicità che non è fine a se stessa ma indaga sempre sulla fragilità umana.
Il premio Oscar Diane Keaton è Suor Mary, che segue il suo beniamino Lenny fin dentro le mura vaticane per affiancarlo in questo suo importante passo. D’altronde lei è l’unico punto di riferimento del giovane Papa che venne affidato alle sue cure dopo essere stato abbandonato dai suoi genitori in orfanotrofio. La bravura e la classe che la connotano sono evidenti, nonostante il velo monacale riesce a far trapelare gli intrighi di una donna astuta.
Dalla Francia importiamo Cécile De France, nella serie Sofia Dubois, responsabile del marketing e della comunicazione del Vaticano. Ambiziosa e tenace, non si lascia intimorire dal papa del quale apprezza subito invece le idee innovative e anticonvenzionali.
Javier Cámara è Monsignor Guitierrez, per il momento appena accennato ma probabilmente destinato ad un ruolo importante dato che paradossalmente è l’unico della curia in cui si può ritrovare un po’ di santità.
Il sorrentinismo
Sicuramente la serie profuma di grande cinema. La cifra stilistica sorrentiniana è chiara fin dal primo fotogramma in cui Lenny esce fuori da una piramide di neonati. L’elemento onirico, firma del regista, non manca ma è sicuramente diluito in una struttura seriale e soppesato rispetto ai suoi film, ponendo al centro del suo lavoro cast e dialoghi importanti e affiancando a tutto ciò una fotografia calcolata e precisa. L’attenzione per i dettagli è la punta di diamante della serie.
Il cospicuo budget di cui disponeva gli ha permesso di togliersi degli sfizi (chiamiamoli così) come la presenza di un canguro in scena. Sorrentino afferma chiaramente: “Non lo so, con 40 milioni di budget potevo permettermi di girare una scena solo per il gusto di girarla”.
Le prime due puntate scorrono lente ma non noiose, servono ad entrare nella mente del protagonista, cercare di capire come ragiona, raccogliere più elementi possibili sul suo passato e delineare le dinamiche della curia.
Sicuramente siamo di fronte ad un biopic di fantasia, fuori dall’ordinario, soprattutto per il modo in cui è stato trattato il tema. Ma non bisogna fermarci a questo, non dobbiamo pensare di vedere una serie sulla Chiesa ma avere una visione più ampia dell’insieme. Forse l’intento del regista è quello di prendere in esame le grandi contraddizioni umane, la fede, le passioni e i vizi dell’uomo, il tutto affrontato all’interno di un contesto estremo, dove queste tematiche vengono enfatizzate esponenzialmente per ovvie ragioni. La Chiesa viene spogliata della sua veste celeste e affrontata da un punto di vista terreno, dopotutto è fatta di uomini e gli uomini non sono perfetti.
E’ tutto un oscillare tra secolarismo e anticlericalismo per poi lasciare spazio alla riflessione attraverso un immaginario che aspira ad una dimensione ultraterrena. Il regista in un’intervista al Festival di Venezia dichiara: “Il più lontano possibile dalle più sterili provocazioni e indagare le contraddizioni e le difficoltà di un mondo comunque affascinante”.
Dopo le prime due puntate di The Young Pope ci ritroviamo come i fedeli in piazza San Pietro dopo l’omelia del neo Papa Pio XIII: confusi, disorientati ma anche ammaliati ed incantati.