Le trasposizioni cinematografiche di titoli videoludici non hanno mai portato a grandi risultati. Sin dagli anni ’90 con i cult Super Mario Bros. e Street Fighter – Sfida Finale, i film tratti dai videogiochi non hanno mai lasciato un segno nel mondo della Settima Arte, nemmeno con grandi produzioni alle spalle come per Assassin’s Creed, Warcraft e Prince of Persia. E anche se alcuni hanno riscontrato una risposta positiva dal pubblico e trovato una certa serialità (Tomb Raider e Mortal Kombat, ma soprattutto Resident Evil arrivato a ben nove capitoli), questo genere non è mai riuscito veramente a sfondare. Se vi state chiedendo se tutta questa premessa serva a introdurre l’eccezione che conferma la regola, purtroppo siete sulla strada sbagliata: Uncharted si va infatti a inserire nella grande lista delle operazioni commerciali tutt’altro che memorabili.
L’anima di Uncharted
Sviluppato dalla Naughty Dog per la prima volta 15 anni fa per PlayStation 3, Uncharted narra le vicende di Nathan Drake, un cacciatore di tesori presunto discendente dell’esploratore Sir Francis Drake. Il film ha il medesimo protagonista, interpretato dall’attore del momento (Tom Holland), affiancato dal mentore Victor “Sully” Sullivan (Mark Wahlberg) e dalla sua competitor (Sophia Taylor Ali). La trama è vagamente affine per trama e ambienti a Fine di un ladro, ma riscrive la formazione del giovane Drake portandolo alla ricerca di suo fratello Sam (Rudy Pankow), scomparso da tempo, e del mitologico tesoro di Ferdinando Magellano. Il film è pieno zeppo di elementi e situazioni pescate da tutta la saga. Gli amanti del personaggio e dell’universo di Uncharted troveranno easter egg, piccoli rimandi al passato e al futuro, situazioni prese di peso dai migliori capitoli e riadattate rielaborate ad hoc come la spettacolare sequenza dell’aereo.
Pro e Contro
Il film è godibile e fa il suo sporco dovere: intrattiene quando deve e a tratti diverte persino col suo tono spensierato, fracassone e leggero dall’inizio alla fine. Ma in oltre due ore di durata non regala mai epica o sequenze memorabili. Il filo narrativo ricalca eccessivamente quello di un videogame, con il protagonista che procede nella storia per step, come se fossero livelli di un gioco: risolve un enigma, trova la soluzione, cambia location e riparte da zero. Inoltre, il film è pieno di situazioni e luoghi comuni dei film di genere che sanno davvero troppo di “già visto”. È come se il film procedesse a collezionare sequenze-tipo dei film d’avventura, come ad esempio le frecce che escono a sorpresa dalle pareti, immancabili trappoloni nei sotterranei come Indiana Jones insegna. Gli enigmi e i giochi di logica vengono risolti senza mai avvertire davvero l’ingegno o la cultura dei personaggi, perché tutto procede col pilota automatico inserito, con la trama a imporre la successione degli eventi. In questo modo il film evolve per capitoli ben scaglionati senza una vera e propria evoluzione dei personaggi. E chi ne soffre maggiormente è il protagonista, Nathan Drake, costruito in maniera abbastanza raffazzonata e con un percorso di crescita forzato e fin troppo velocizzato. L’alchimia tra Tom Holland e Mark Wahlberg funziona, tra i due c’è intesa e il film ne giova tantissimo. Al contrario, stendiamo un velo pietoso sugli antagonisti: bidimensionali e fuoriusciti da un b-movie anni Novanta.
Bisogna ammetterlo: il compito per il regista, Ruben Fleisher, era abbastanza ingrato. Chi ha vissuto le gesta di Nathan Drake nell’universo videoludico sa bene che la sensazione trascinante di essere presi e catapultati nell’avventura è sempre stata di vitale importanza per Uncharted. Riuscire a dare le medesime soddisfazioni a uno spettatore che può solo guardare senza usare un joypad era impossibile. Detto questo, però, il materiale narrativo aveva un potenziale esplosivo. Occasione persa, peccato.