A Series of Unfortunate Events aveva vinto la nostra classifica come serie più attesa ed era stato facilissimo, per lei, aggiudicarsi questo “premio”. La serie targata Netflix prometteva effettivamente ben sin dal primo trailer lanciato su youtube, un po’ perché la presenza di Neil Patrick Harris è oramai una garanzia e un po’ perché alla serie di romanzi non era mai stata resa veramente giustizia. Il film che fu realizzato, ormai più di dieci anni fa, non copriva tutto l’arco temporale dei libri e soprattutto non vi era fedele. Raccontava infatti meno della metà delle avventure alle quali i Baudelaire sono effettivamente andati incontro.
Questa serie televisiva, invece, si è rivelata assolutamente geniale e ha ripagato ogni attesa. Difficilmente Netlifx delude i propri spettatori, quando si sente parlare di una produzione di questa casa si è oramai sicuri della qualità e della riuscita della serie Tv o del film. Sono molti infatti i telefilm creati da Netflix che hanno riscosso un successo strepitoso, si veda tra tutti Orange is the new black, Black Mirror, Stranger Things, Narcos, Orphan Black e tanti altri. Tra i film invece, ci sono stati alcuni piccoli, umili capolavori tra cui Altruisti si diventa e Tallullah. Insomma, le serie che non hanno soddisfatto gli spettatori Netflix si contano davvero sulle punta delle dita (ehm… ehm… Una mamma per amica, coff… coff…).
E quindi, affidarsi a Netflix è sicuramente una garanzia, lo sappiamo e ce lo aspettiamo. Per questo non siamo rimasti sorpresi dalla bellezza, la genialità e la perizia tecnica che caratterizzano A series of unfortunate events. Ma partiamo dall’inizio.
La serie è composta da otto puntate da cinquanta minuti circa, sin dalla prima puntata si può notare una cosa molto importante: la sigla. Essa cambia a ogni episodio spiegando dei pezzettini di trama. Le otto puntate sono separate in due parti, di conseguenza vengono narrate quattro delle avventure dei giovani Baudelaire. Per chi non lo sapesse le quattro avventure adattate in questa serie rappresentano i primi quattro libri della serie. Tutti conosciamo, più o meno, la trama. E molti hanno visto il film (personalmente solo per Meryl Streep). Eppure sin dalla prima puntata è impressionante notare l’abissale differenza tra il film e questa nuova serie.
Per quanto io sia fan della recitazione di Jim Carrey e lo apprezzi nei ruoli che gli calzano a pennello, il suo Conte Olaf non mi piacque nel 2004, invece, questo nuovo Conte Olaf interpretato da un favolosissimo Neil Patrick Harris è tutta un’altra storia. Sappiamo infatti che Jim Carrey si muove su un registro espressivo che rimane sempre uguale, mentre Harris è in grado di cambiare il linguaggio del corpo a proprio piacimento e questo lo rende, in alcuni ruoli, un attore migliore. L’interpretazione del Conte Olaf risulta molto più credibile e verosimile (nell’assurdità della storia di Lemony Snicket) rispetto a quella del vecchio film.
In secondo luogo, un altro elemento apprezzabile, è la narrazione di Lemony Snicket in persona, interpretato da Patrick Warburton. Una scelta di certo audace, ma non approssimativa e tanto meno immotivata; Lemony Snicket è parte integrante della storia, non un narratore esterno, egli vive all’interno del mondo e di conseguenza lo narra secondo il suo punto di vista. Il tipo di narrazione di basa su spiegazioni di parole ricercate e sulla dissacrazione dei luoghi comuni. Inoltre, onnipresente all’interno della serie, è l’importanza del linguaggio e della comprensione dello stesso. Si viene spesso messi in guardia dal fraintendimento.
Certo, ammetto di averlo fatto prima, ma non sono qui per fare un confronto tra il film e la serie… però ecco, diciamo che quando zia Josephine ha aperto la porta, io speravo vivamente di ritrovarmi davanti Meryl Streep. Ah no, non farò un paragone tra Alfre Woodard (interprete di Josephine nella serie ed estremamente capace) e Meryl Streep.
Meryl Streep non è paragonabile. A nessuno.
Tornando a noi; seguendo le vicende dei giovani Baudelaire, perseguitati dal malvagio ed esilarante Conte Olaf, assisteremo a una serie di scene al limite tra il grottesco e il comico, scoprendo tutto ciò di cui il film, nel 2004, non aveva parlato. Sembra, infatti, subito ovvio che la serie si attenga molto di più ai libri andando ad aggiungere nuovi elementi di cui eravamo totalmente ignari.
L’ambientazione è ben curata, si può notare sin da subito il lavoro che vi è dietro ogni singola scena e scenografia, lo stile gotico e oscuro rientra all’interno del contrasto tra la cinica crudeltà del Conte Olaf e la sua esilarante ignoranza e incapacità nell’interpretare i suoi personaggi.
Eppure, dopo aver passato due giorni a guardare questa serie e dopo aver assistito a un finale totalmente inaspettato (proprio quando crederete di aver capito tutto ecco, non avrete capito niente), mi sono ritrovata con un vuoto nel cuore. Estremamente semplice è affezionarsi a questa serie, sin dalla prima puntata non si farà altro che fare il tifo per i piccoli Baudelaire nella speranza che riescano a togliersi di dosso quel fastidioso Conte Olaf, ma, come precisato sin dall’inizio dallo stesso Lemony Snicket: “Se state cercando un lieto fine, allora andate a guardare un’altre serie in streaming”.