Ad ogni annuncio di un nuovo live action Disney, i fan trattengono il fiato. “Quale sarà il prossimo?” si chiedono con uno spirito che varia dal rassegnato allo speranzoso.
Molti (moltissimi) sono stanchi dell’effetto nostalgia su cui si sta appoggiando la Disney, che ormai detiene quasi il monopolio del cinema d’intrattenimento.
È vero. Bisogna solo ammetterlo e stare al gioco, rispondere “sì” alla famosa domanda di Aladdin “Ti fidi di me?” (AVVERTENZE: la recensione sarà costellata di citazioni n.d.A.). Fatto questo, il live action di Aladdin, in sala dal 22 maggio, si dimostra un’ottima occasione per divertirsi e ritrovare vecchie conoscenze.
Ora vieni con me
La storia è celeberrima, oltre che estremamente solida e moderna: Guy Ritchie e John August, in fase di sceneggiatura, non hanno intaccato la struttura del film originale. Scelta saggia, che ha permesso loro di concentrarsi su altri dettagli, come il rapporto fra Aladdin e il Genio, le ambizioni di Jasmine e le parti musicali.
Guy Ritchie si è trovato fra le mani un divertente film d’avventura, e torna alla regia dinamica spettacolare che aveva caratterizzato i due Sherlock Holmes. I costumi e le scenografie sono uno dei grandissimi punti di forza del film: dalla città di Agrabah, ai costumi dell’ultimo degli servitori, ogni dettaglio è curatissimo e perfettamente armonizzato con tutto il resto.
Il principe “Abubu”
Nonostante il live action segua fedelmente la storia originale, le differenze e le novità non mancano: giusto un paio di clausole e qualche postilla.
Jafar non è il matusa che tutti ricordano, è significativamente più giovane. Ha un passato interessante, che fa pensare a lui come a una versione alternativa di Aladdin se avesse ottenuto quello che voleva all’inizio della storia. Jafar è consumato dall’avidità, dall’ambizione e dalla voglia di fuggire da ciò che era. Purtroppo si perde la parte più “ironica” dell’originale: quella stizza malcelata che il più delle volte veniva fuori dal becco di Iago. Questo nuovo Jafar è un personaggio puramente tragico.
Dalia, l’ancella di Jasmine interpretata da Nasim Pedrad, è un’altra novità di questo live action. Sarcastica e decisa, si contrappone in maniera credibile e divertente alla carismatica e seria Jasmine. Una mossa giusta quella di inserirla, che offre alla protagonista una valida spalla e la possibilità di un confronto che tiri fuori le sue debolezze e lati diversi del suo carattere.
Jasmine, interpretata dalla bravissima Naomi Scott, è una bella sorpresa. È un personaggio incrollabile e autorevole sin dal 1992, ma in questa nuova storia assume una profondità e una fragilità che non aveva. Frustrata per non poter realizzare le sue ambizioni, tristemente rassegnata a vivere nell’ombra nonostante le sue qualità da leader. A Jasmine è riservata una nuova canzone da solista (che rende molto più in originale, visto che Naomi Scott canta anche molto bene) forse un po’ troppo retorica, che non rende giustizia a ciò che nella storia emerge già brillantemente. Nonostante questo, Jasmine e la sua fantastica interprete sono una delle ragioni per andare a vedere Aladdin.
Ed ecco il momento che tutti stavano aspettando: il Genio interpretato da Will Smith. Che dire, la verve comica dell’attore di Filadelfia viene fuori in tutto il suo splendore. Fa scintille contrapposto all’Aladdin di Mena Massoud, imbranato e volenteroso come l’originale. Le scene in cui deve aiutarlo a fare colpo su Jasmine sono le più memorabili e divertenti del film. I due stavolta hanno un rapporto fraterno, diverso da quello già noto. Mena Massoud è molto adatto nel ruolo di Aladdin, non tradisce lo spirito intraprendente e naïve del personaggio e balla davvero bene.
Prova a non cantare
Inutile prendersi in giro: il pubblico va a vedere Aladdin perché vuole cantare. Ebbene, sarà accontentato. Le canzoni ci sono tutte e anche di più. Certo, alcune strofe sono diverse nella traduzione italiana (non quanto ne La Bella e la Bestia, per fortuna), ma ciò non impedirà di cantarne a squarciagola la maggior parte.
N.d.A.: manca purtroppo la strofa in cui Aladdin canta “solo un poveraccio”, nella reprise de La mia Vera Storia. Forse quella frase fa morir dal ridere da sempre solo chi scrive, che comunque ritiene giusto segnalarlo.
Will Smith con le canzoni è eccezionale. Se qualcuno sta pensando “Principe di Bel-Air“, pensa bene. Quello è lo spirito. La maxi-storia di fenomenali poteri cosmici in un minuscolo spazio vitale, per dirlo in una citazione cross over . Per i più curiosi e impazienti, la colonna sonora del film è già su Spotify.
Insomma, se si vuole andare a vedere Aladdin bisogna entrare in sala con la voglia di divertirsi e cantare a squarciagola. Possibilmente con lo stesso amico con cui lo si guardava da piccoli in videocassetta. Se nostalgia deve essere, che sia nostalgia fatta bene.
Ultima nota dolente: sul finale, non c’è la richiesta di Aladdin “Voglio il Nilo” con annessa risposta del Genio “Col cavolo!” che rappresentava il culmine della comicità per un seienne. Del resto, non si può avere tutto, e le lampade per realizzare i desideri non crescono sugli alberi.