Il trailer l’avete visto quasi tutti, nel caso foste passati al cinema negli ultimi mesi, soprattutto in attesa della proiezione di un film di fantascienza o magari di un Avengers qualsiasi. Superato lo shock iniziale degli occhioni della protagonista, rimaneva la curiosità per questo Alita, progetto chiaramente dal budget multimilionario che apparentemente non arrivava mai, accompagnato da nomi altisonanti e del quale sapevamo poco o niente. Quello che forse non sapete è che il primo dominio legato al film venne registrato da 20th Century Fox nell’ormai lontanissimo 2000, ben 19 anni fa, quando James Cameron per la prima volta espresse il desiderio di voler adattare al grande schermo la storia di Gunmn, manga meglio conosciuto come Alita l’Angelo della Battaglia. Innumerevoli ritardi, possibili cancellazioni e cambi al timone dopo, finalmente sta per sbarcare nei cinema italiani l’avventura della piccola cyborg dagli occhi grandi e dal cuore gentile.
Rivitalizzato e diretto da Robert Rodriguez (Sin City, Spy Kids) grazie al suo lavoro di collage degli appunti di un James Cameron negli anni passato a occuparsi di Pandora e del suo Avatar (e prossimi misteriosi seguiti), Alita è ambientato nel 2563, in un pianeta Terra devastato da un terribile conflitto scoppiato ormai trecento anni prima e conosciuto da tutti come “La caduta”. Un nome affibbiato più letteralmente di quanto pensiate, perché la principale conseguenza della guerra fu la distruzione e relativo crollo sulla superficie del pianeta delle avveniristiche città sospese abitate dalle classi più agiate. Ora, la quasi totalità della popolazione vive nella vibrante ma povera città di ferro, situata proprio appena al di sotto dell’ultima città nel cielo rimasta: Zalem. Ed è proprio nella discarica di Zalem che un geniale professore scopre un giorno un nucleo di un cyborg ancora funzionante…
Un viaggio fantastico…
I 122’ di Alita – Angelo della Battaglia sono uno spettacolo visivo fenomenale che narra la storia proprio di questa “giovane” automa ricostruita, una ragazza caduta dal cielo e (sorpresa sorpresa…) afflitta da una completa perdita di ricordi del suo passato. Con l’amore del dottor Dyson Ido (un sempre magnifico Christoph Waltz) e della gente della città, Alita imparerà a conoscere l’affetto e la spensieratezza, scoprendo assieme allo sbalordito spettatore la realtà di questo futuro distopico, così decadente ma allo stesso tempo così intrigante. Il world building e la – almeno apparente – profondità della lore di Alita sono probabilmente la caratteristica più positiva del film: la prima mezz’ora vi lascerà con una curiosità allucinante di voler esplorare ogni angolo di Iron City, immergervi nella sua cultura e nella sua società oppressa da Zalem (ricorda un po’ i distretti di Hunger Games), dove la legge del più forte la fa da padrone.
Alita (Rosa Salazar, vista recentemente in Bird Box di Netflix) si risveglierà quindi in un ambiente del tutto sconosciuto, dove verrà presto perseguitata dal suo misterioso passato e costretta a combattere per difendere la sua nuova vita.
… Ma che sa di già visto
La prima metà di pellicola scorre decisamente fluida e ben fatta, ma come purtroppo spesso accade nei film di questo tipo, è la risoluzione del conflitto e successiva conclusione a creare qualche problema in più. È abbastanza facile in effetti individuare un momento del film dove lo sviluppo dei personaggi, fino a quel momento piacevole e ritmato, viene accelerato di punto in bianco, quasi come se la produzione si fosse “accorta” di dover in fondo risolvere la questione prima o poi e smettere di presentare nuovi elementi. Le motivazioni di Alita infatti non sono sempre chiare e si sente davvero poco l’”alito sul collo” o la minaccia proveniente da un villain non da subito identificato e poco carismatico, colpendo così la qualità generale dell’opera.
A parte questo, probabilmente anche soggettivo, passaggio troppo affrettato, non c’è nulla di veramente sbagliato nell’intreccio di Alita – Angelo della Battaglia, un film che in effetti fa il suo lavoro nelle scene d’azione, senza molti dubbi tra le più adrenaliniche degli ultimi tempi e nelle prestazioni attoriali di un cast stellare che include tra gli altri Jennifer Connelly e il Mahershala Ali protagonista in questi giorni della terza stagione di True Detective. Il problema sta in quanto a tratti la trama sappia di già visto, con un canovaccio classico già visto in decine di teen movies e persino fantascienza (Ex Machina, I.A. Intelligenza Artificiale per fare un paio di esempi). Non c’è nulla di male nell’utilizzare una struttura pre-esistente e creare originalità nel resto del film (proprio il magnifico Avatar né è l’esempio più lampante), ma forse ad Alita, anche probabilmente per la sua storia in arrivo da un manga del 1990, manca proprio di quel “quid” che lo imprimerebbe in maniera imperitura nella nostra memoria, un look, un concept, dei personaggi così indimenticabili da entrare nel gotha dei film di fantascienza. Proprio qui forse si sente l’assenza diretta della mano di James Cameron, alla fine solo produttore della pellicola.
Rodriguez svolge infatti un buon lavoro, ma a tratti appare che – per essere una produzione sci-fi dal budget astronomico (200 milioni) – Alita non riesca a individuare un suo pubblico ben definito: non troppo hardcore per i fan della fantascienza pura, troppo prevedibile per imporsi con chi proprio mal digerisce la science fiction. I primi risultati al botteghino americano sembrano infatti confermare questa analisi, con il film che spera di sfondare in Europa (e soprattutto Asia) per recuperare almeno della spesa e dare un presente (magari anche un futuro) a un progetto con più di 15 travagliati anni alle spalle.