American Horror Story: Roanoke giunge a metà della stagione e chiude l’arco narrativo della vicenda dei Miller – almeno per quanto riguarda il passato.
Prima di procedere e mostrare quel che è accaduto ai coniugi nella notte della Blood Moon, però, Chapter 5 sente il bisogno di fare una piccola digressione.
Proprio come una docu-serie reale, infatti, My Roanoke Nightmare si preoccupa di integrare alcune informazioni incomplete, ricavate dalle testimonianze di Shelby e Matt, per fornire allo spettatore un quadro più particolareggiato della situazione.
La costruzione della casa
Attraverso il contributo della vera storica Doris Kearns Goodwin – scelta forse per rendere la finzione più credibile – ci si concentra allora sul primo proprietario della casa, Edward Philippe Mott. Fa così il suo esordio stagionale anche Evan Peters, che veste i panni di questa facoltosa figura, nel re-enactment.
Sociofobico, omosessuale e con una passione viscerale per l’arte, il giovane richiama immediatamente alla memoria Freak Show, essendo avo di Dandy Mott, con il quale ha in comune soprattutto lo squilibrio mentale: addirittura, i due danno in escandescenza nella stessa maniera.
Oltre che alle prevedibili similitudini caratteriali con il suo discendente, Edward ricorda anche James March di Hotel, interpretato sempre da Peters. Entrambi, infatti, sentono il bisogno di far costruire uno spazio apposito dove poter realizzare i loro desideri.
Un flashback, quindi, che pure serve a rimarcare la continuità tra le varie stagioni e a determinare nuovi rimandi.
La fine dell’incubo
Una volta conclusosi questo piccolo approfondimento – necessario, ma un po’ insapore – l’attenzione torna a essere tutta per Shelby e Matt: la coppia riesce finalmente a fuggire, ma solo passando, come sempre, attraverso l’orrore.
Stavolta sono i Polk ad accanirsi contro i Miller. Anche all’interno di questa famiglia, il ruolo di villain principale è destinato a una figura femminile, Mama Polk, resa in modo straordinario da Frances Conroy.
La donna e i suoi obbedienti figli si sono resi protagonisti di crimini efferati tanto quanto quelli della Macellaia, praticando per di più il cannibalismo. Il rinvio alla famiglia di Non aprite quella porta sembra evidente.
Un omaggio che si affianca a quello che la puntata fa al J-Horror, attraverso la presenza di un onryo, vale a dire quel tipo di fantasma giapponese divenuto piuttosto noto anche in occidente grazie a The Grudge.
Tornando ai Polk, sono proprio loro a condurre i Miller al cospetto di The Butcher, onorando il patto secolare con la colonia.
Ed è a questo punto che la sceneggiatura non convince, con Ambrose White (Wes Bentley) investito del ruolo di deus ex machina. Il tempismo con cui l’uomo decide di ribellarsi alla madre risulta fastidioso e forzato.
E adesso?
Arrivata al giro di boa, Roanoke confeziona un altro episodio di ottima fattura, che crea aspettative altissime per la seconda parte di stagione.
Chapter 5 sancisce una conclusione, ma non si hanno certezze assolute nemmeno in questo senso: My Roanoke Nightmare è terminato oppure il racconto di Matt e Shelby ne costituisce solo una parte?
Pochi giorni e sapremo, con la speranza non vengano lasciati irrisolti tanti misteri che la docu-serie finora ha appena sfiorato.