Una famiglia di ristoratori indiani che a seguito di una tragedia si ritrova ad aprire un ristorante etnico nel cuore della Francia rurale, una algida signora inglese che per motivi non ben specificati gestice un elegantissimo ristorante di cucina francese proprio di fronte ai nuovi arrivati e quell’ambientazione un po’ da favola e un po’ da cartolina che tanto piace agli americani quando pensano alla vecchia Europa. Sono questi gli ingradienti messi in mano al regista Lasse Hallström, già a suo agio con il cibo con Chocolat, da una sceneggiatura che non brilla certo per originalità ma che riesce ad evolversi in qualcosa di più interessante e gradevole di quanto le premesse possono far pensare.
La pellicola continua infatti a saltare tra luoghi e registri stilistici diversi, cosa del tutto inusuale per un film di questo tipo che solitamente segue la più classica delle strutture senza mai lasciare spazio alla fantasia del regista o a soluzioni che scardinino una sequela di eventi ben definita. Viene qui invece dato ampio spazio al cambiamento, tanto che, nel suo genere sia ben chiaro, si potrebbe anche definirlo un titolo sperimentale.
Altra cosa poco comune, e da lodare, è il poco spazio dato ad un certo misticismo che vorrebbe la capacità del protagonista derivare da una qualche abilità innata. Hassan è certamente dotato, ma la sua bravura deriva in gran parte dal lavoro e dallo studio più che da una predestinazione.
Se il protagonista della storia è un giovane e promettente Manish Dayal le vere star e mattatori della storia sono Omar Pur ed Helen Mirren, in splendida forma e che riescono a dare vita a due personaggi che, va detto, sono fondamentalmente due stereotipi ambulanti ma che in mano ai due attori diventano irresistibili. La forza del film risiede proprio in questa capacità, condivisa da registi e attori, di elevare una storia banale ad una onesta commedia. Punto debole del cast è forse XXXX, troppo legata al semplice modello della bella ragazza e senza una vera e personalità propria.
La telecamera diretta da Hallström si muove con sicurezza ed agilità tra gli attori, regalandoci anche qualche inquadratura di buon cinema, e ci porta in una Francia uscita direttamente da migliori stereotipi ma che viene disegnata in modo quasi pittorico dall’ottimo lavoro con le luci e la scenografia. La scelta di spostare continuamente l’ambientazio nell’ultimo quarto del film genera una serie di “finti finali” che anche se possono spiazzare lo spettatore hanno il merito di spezzare una struttura che altrimenti saprebbe troppo di già visto.
“XXX e Currry” è fondamentalmente una piccola favola romantica che non disdegna di affrontare problemi importanti come le tensioni sociali e che è stata graziata dalle capacità di Hallström e da un ottimo cast di attori.