Annientamento è uscito nelle sale cinematografiche di Stati Uniti, Canada e Cina, come da accordo tra Netflix e le quattro case di produzione coinvolte (Paramount Pictures, Scott Rudin Production, DNA Films e Skydance Media), arrivando nel resto del mondo grazie alla piattaforma streaming.
Queste sono delle premesse che potrebbero far nascere molti – ed anche giustificati – pregiudizi: che Annientamento sia un film a basso budget? Tutto fumo e niente arrosto? Se non hanno avuto il coraggio di portarlo al cinema, probabilmente non ne valeva la pena? Ed è qui che dobbiamo fermarci, prendere un respiro e trovare due ore per vedere questo film.
Il trailer correlato all’articolo è ingannevole più di qualsiasi pregiudizio. Forse bisognerebbe fidarsi della presenza di Natalie Portman, o del fatto che il film è scritto e diretto da Alex Garland, colui che nel 1996 era stato l’autore del romanzo The Beach, dal quale Danny Boyle trasse l’omonimo film. Boyle con Garland ha stretto un bel rapporto professionale, portando quest’ultimo a scrivere le sceneggiature di 28 giorni dopo e Sunshine. Dal 2001 Garland ha dimostrato di essere uno degli sceneggiatori più interessanti dei nostri tempi, ma quando nel 2015 ha scritto e diretto il film sci-fi Ex Machina, non solo ha ricevuto la nomination all’Oscar come Miglior Sceneggiatura Originale, ma ha dimostrato di essere convincente anche come regista e di poter dare tanto al genere fantascientifico. Quelle abilità sembrano riconfermarsi con Annientamento.
Viaggio verso il Bagliore del faro
Il film è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Jeff VanderMeer, primo libro della Trilogia dell’Area X, la location dove è ambientata la nostra storia.
Cosa sia l’Area X è difficile dirlo: quando negli Stati Uniti qualcosa è caduto dal cielo ed ha colpito un faro, si è creata in esso un’anomalia denominata Bagliore che ha creato un campo elettromagnetico. Da tre anni è in continua espansione, come un processo tumorale, dal quale nessuno è mai tornato per dare risposte.
A narrare la delirante ed onirica avventura nell’Area X è Natalie Portman nel ruolo della biologa Lena, che dopo una spedizione tutta al femminile, è sospettosamente l’unica sopravvissuta.
Tramite flashback, Lena ci porta nel suo viaggio, un viaggio stratificato tra i labirinti dell’Area X e i suoi ricordi.
Il marito Kane (Oscar Isaac) era partito per una spedizione nell’Area X, senza dire niente a sua moglie che per sei mesi aveva atteso notizie da lui. Dopo un’anno, arresa al lutto, Lena vede entrare nella sua camera da letto Kane – confuso, senza ricordi dei mesi passati, con lo sguardo vacuo – e quando si rende conto che l’uomo ha un’emorragia interna chiama un’ambulanza, ma il mezzo viene fermato da auto governative e Lena e Kane vengono portati via.
In una base segreta governativa Lena fa la conoscenza con la dottoressa Ventress (Jennifer Jason Leight), una psicologa, che le rivela della spedizione di Kane e delle sue attuali condizioni: l’uomo è in fin di vita.
Una seconda spedizione verso il misterioso faro è prossima e, nel frattempo, Lena fa casualmente conoscenza con le donne che saranno coinvolte nella missione (interpretate da Gina Rodriguez, Tessa Thompson e Tuva Novotny).
Inquieta ed incapace di stare con le mani in mano, Lena chiede alla dottoressa Ventress – capo della spedizione – di unirsi al gruppo; è anche lei una scienziata dopotutto e potrebbe dare un importante contributo.
Ingannevole e filosofico
L’apparenza inganna: la sceneggiatura nella prima ora è abbastanza piatta, tutto è prevedibile, poco approfondito e sembra quasi voler esser una versione più seria del Ghostbusters 2016. Sarebbe difficile smentire l’intenzione “Girl Power!” di mero intrattenimento ed azione, ma è entrando nel campo magnetico che gli equilibri si alterano, che tutto quello che è prevedibile e sembra portare in una direzione, non lo fa.
Annientamento è un’avventura sci-fi, senza dubbio, ma si apre ed intreccia ad altri generi come il fantasy, l’azione, il thriller psicologico e l’horror. Si lascia contaminare e confondere, ci lascia credere di aver capito i suoi intenti e ci ritroviamo ad esser smentiti. Possiamo credere che sia una storia d’amore, di riscatto, che parli di coraggio e forza femminile, ma non è così.
Se è vero che le protagoniste di quest’avventura sono donne, esse sono spogliate di qualsiasi femminilità, senza genere, senza tematiche dell’universo femminile da portare sul tavolo della discussione: questo le rende dei personaggi molto interessanti, perché le loro storie di vita vanno al di là del loro sesso.
Il lutto, l’alcolismo, la malattia, l’autolesionismo, sono le motivazioni che spingono queste donne ad affrontare un’avventura senza ritorno; non c’è il desiderio di un melodrammatico riscatto o di una risoluzione, ciò che esse sono diventa tematico e si rispecchia nel titolo del film. Un bellissimo dialogo tra Natalie Portman e Jennifer Jason Leight esplicita e chiama in causa l’annientamento: non ha nulla a che fare con il suicidio, è qualcosa di inconsapevole, biologico come l’invecchiare e sullo stesso piano è messa la presenza del gruppo in quel luogo.
Il film chiama in causa la teoria dell’errore catastrofico in materia di biologia dell’invecchiamento: questa teoria ipotizza che ci siano errori nella trascrizione del DNA o nella traslazione del RNA. Tali errori portano inevitabilmente all’invecchiamento, la nostra via d’annientamento, che in quest’universo cinematografico si dà per assunto non sia una teoria, ma la realtà.
Il carattere nichilista della pellicola non implica alcuna critica sociale o intento politico, filosofeggia semplicemente sulla nostra identità, sulle nostre possibilità, su quello che la scienza ancora non conosce; l’ignoto ed il mistero hanno un ruolo importante nel film, senza dare troppe risposte (anche se sono intuibili) per lasciare spazio al fascino dell’ambiguità.
La biologia – la scienza di cui si occupa la nostra Lena – sembra essere la vera protagonista, la chiave risolutiva di ogni cosa, superficie e subtext di ciò che vediamo all’interno dell’Area X, mentre bicchieri d’acqua – che compaiono di tanto in tanto – sembrano le lenti necessarie per filtrare il senso del film.
Un cult mancato
Alex Garland ha finito la sceneggiatura del film quando il secondo capitolo della trilogia di Jeff VanderMeer era in uscita. Non indagheremo sulle differenze e non faremo paragoni tra le due opere, ma questo implica una direzione diversa tra soggetto originale ed adattamento, che può soddisfare – o meno – nel risultato finale.
Il soggetto su cui interviene Garland è importante, prezioso, qualcosa che va maneggiato con cura e verso di esso c’è indubbiamente del rispetto, ma a una più attenta riflessione non si può non considerare diverse mancanze.
Il film ha tutto il potenziale per diventare un cult dello sci-fi ma, sia nella sceneggiatura che nel rapporto con la cinepresa, Garland si limita a narrare, mostrare e semplificare il soggetto.
Annientamento ricorda e rimanda ad Alien, 2001: Odissea nello Spazio ed Arrival. Ci sono in esso alcune tensioni, tematiche, intenzioni e riflessi che ricordano quelle opere, ma a fare di esse dei capolavori cinematografici è stata la cifra stilistica dei loro autori e registi, quella che Garland non riesce ad imporre; sembra timoroso di approfondire, delegando agli oggetti di scena e alle scenografie il compito di dare spessore ai contenuti.
In sintesi: il soggetto è talmente grande che non è stato espresso in tutta la sua bellezza.
C’era lo spazio per sperimentare, per giocare molto di più con gli effetti visivi, approfondire la storia dei personaggi secondari e sfruttare più creativamente il montaggio e la fotografia. Ma attenzione, ciò non fa di Annientamento un prodotto deludente, ma un lavoro importante con tante occasioni mancate.
Garland è un bravo regista e questa è la sua seconda opera, ma in quanto è un’autore affermato e talentuoso, era lecito aspettarsi qualcosa in più. Forse è stato un problema di budget? Forse di minutaggio? Manca di personalità. Il carattere misterioso poteva esser reso ancora più criptico, potevano essere operate scelte che valorizzavano ancor di più la stravaganza dell’Area X, invece la narrazione sembra finalizzata a rendere tutto estremamente fruibile. Anche se non ci sono molte risposte ad alcuni dubbi, possiamo facilmente trovarle.
Una direzione più introspettiva, accompagnata da una narrazione meno limpida, avrebbe dato ad Annientamento il quid in più che meritava.