Netflix ci ha riportati a casa Gardner con Atypical 3, lo show di Robia Rashid che dal 2017 racconta le vite di Sam, un ragazzo nello spettro autistico che affronta le difficoltà di crescere, e quelle dei suoi cari, in una chiave tenera, che riesce a colpire dolcemente ma dritto al cuore gli spettatori. La storia riprende dal punto in cui avevamo lasciato i personaggi nella scorsa stagione, insieme agli imprescindibili pinguini.
Come sta la colonia Gardner
Atypical 3 si apre con la fine del liceo. Sull’orlo della nuova avventura universitaria il nostro Sam (Keir Gilchrist) riprende le fila della propria storia utilizzando la metafora della spedizione scientifica, particolarmente calzante per la scoperta del variegato universo che è un campus di studenti scatenati e professori particolari (Sara Gilbert e Eric McCormack riescono a farsi valere come caratteristi anche nel breve minutaggio a disposizione). Così, mentre il ragazzo sperimenta nuove tattiche di sopravvivenza, il focus si sposta sugli altri membri della famiglia. La crisi fra Elsa (la candidata all’Oscar Jennifer Jason Leigh) e Doug (Michael Rapaport) sembra precipitare, Casey (Brigette Lundy-Paine) è sempre più divisa tra Evan (Graham Rogers) e Izzie (Fivel Stewart), Zahid (Nik Dodani) e Page (Jenna Boyd) non riescono a gestire i cambiamenti arrivati con la fine del liceo.
I Pinguini di Magellano
In questo nuovo capitolo dello show, le avventure di Sam si dividono equamente la scena con quelle del resto dei personaggi. Il ragazzo resta comunque il perno narrativo attorno al quale si svolgono gli episodi, ma ampio spazio è dedicato alla transizione dei comprimari. Dalla seconda metà della stagione diventa infatti sempre più chiaro che il tema veramente affrontato in Atypical 3 non è il cambiamento in sé quanto l’adattamento. Ancora una volta, forse didascalicamente ma in linea con le preoccupazioni climatiche che stanno segnando la nostra epoca, intervengono le buffe bestiole antartiche. La triste situazione dei Pinguini di Magellano, la loro necessità di adattarsi alle nuove condizioni ambientali, sono il parallelismo perfetto per spiegare quello che accade non solo nella vita del protagonista ma in quella di ciascuno di noi. La scelta è in linea con il decentramento che nella narrazione hanno subito le questioni più strettamente connesse all’autismo per lasciare più spazio a un concetto di evoluzione e resilienza in cui l’intero pubblico può più facilmente rispecchiarsi.
Atypical 3 si conferma comfort-food televisivo
Anche questa volta Atypical 3 centra il proprio obiettivo. Riuscendo a infilare grandi questioni all’interno di situazioni comiche e surreali- canoe, dinner party e lancio del burrito, tanto per fare degli esempi- e nelle interpretazioni sopra le righe e quasi macchiettistiche di Dodani e Boyd, la serie si mantiene fedele a se stessa e alla leggerezza che la caratterizza per affrontare argomenti delicati senza cadere nel dramma. La visione è piacevole e scorre bene nonostante qualche momento monotono di troppo. In particolare la storyline di Casey ha subito allungamenti e ridondanze non necessarie, ma la performance fresca e spontanea di Lundy-Paine e l’ironia sdrammatizzante del personaggio danno una grossa mano al ritmo generale degli episodi. La serie si riconferma un buon prodotto, confortante e rassicurante, perfetto per chi desidera solamente ritrovare i vecchi amici e un posto sicuro in cui, nonostante le difficoltà, tutto si ricompone nell’immancabile happy ending. La storia procede con ordine e senza grandi svolte, e forse una nuova stagione non avrebbe nulla da aggiungere a quello che è un arco ormai scritto e concluso.