“Viviamo in un acquario. Ma sogniamo il mare. Per questo dobbiamo avere una vita segreta”.
Con queste parole si apre e si chiude Baby, la serie Netflix più attesa della stagione, uscita il 30 novembre in 6 episodi, diretta da Andrea De Sica e Anna Negri.
Sulla filosofia del “niente è come sembra” si sviluppa la storia che prende le mosse dal terribile fatto di cronaca che ha scosso la Roma bene nel 2013. Il caso delle Baby Squillo, minorenni benestanti che si prostituivano nel quartiere Parioli della capitale, è stato lo spunto che ha fatto nascere Baby. Ma se vi aspettate di ritrovare nella serie una narrazione puntuale dei fatti di cronaca, ne rimarrete delusi perché questa è un’altra storia.
Una vita di apparenze
Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani), sono due ragazze dei Parioli che frequentano il liceo privato Collodi. La loro vita così apparentemente perfetta cela in realtà un miscuglio esplosivo di frustrazione, rabbia e solitudine, così nonostante siano completamente diverse tra loro, sentono la necessita di essere amiche. Come la loro anche la vita di Damiano (Riccardo Mandolini), figlio di un ambasciatore, non è la normale vita di un teenager, la morte della madre e lo sradicamento forzato dal Quarticciolo, suo quartiere di nascita, lo rendono irrequieto e costantemente arrabbiato. Troverà un amico in Fabio (Brando Pacitto), figlio del preside del liceo, che ha difficoltà a rivelare la sua omosessualità ad un padre fin troppo severo e austero.
Un classico teen drama dark di Netflix
Avrete notato sicuramente come Netflix abbiamo incentrato la sua attenzione verso le teen serie, riprendendo quei vecchi copioni che hanno cresciuto generazioni intere al passo di Dawson’s Creek, Beverly Hills 90210 e The OC, aggiungendo però alla ricetta nuovi ingredienti: ovvero colori e atmosfere più dark e misteriose. Ne sono un esempio Tredici (13 Reasons Why), Riverdale, Elite, che calano i normali problemi adolescenziali in storie più oscure.
Baby non è da meno, infatti la trama ci suona molto familiare. Se andiamo indietro con la memoria la storia di ricchi adolescenti, afflitti da genitori assenti, problematici, alla ricerca di continue attenzioni, ci ricorda tanto Gossip Girl. Del resto dietro alla sceneggiatura di Baby ci sono cinque giovanissimi ragazzi del collettivo Grmas, affiancati da Isabella Aguilar e Giacomo Durzi, che hanno tra i 20 e i 27 anni e che come tutta la nostra generazione conosce bene i teen drama americani.
I protagonisti di Baby vivono infatti in quella che si può definire una gabbia dorata, fatta di agi, soldi e infinite possibilità, ma che allo stesso tempo li opprime e li costringe in un ambiente privo di affetti e di valori che immancabilmente rendono precaria la loro stabilità mentale. Cruciale è infatti la mancata presenza dei genitori, presi dalle loro infelici esistenze non si curano di quella dei propri figli. Questi ragazzi si trovano quindi soli e senza una guida, costretti a reprimere ogni sentimento di rabbia e frustrazione, e alla costante ricerca di un modo per evadere. Droga, sesso, tradimenti e bugie diventano l’unica attrattiva, l’unico modo per esplodere e dare una scossa a quella vita che li tiene prigionieri, ma soprattutto l’unico modo per sentirsi padroni della loro vita e di poter fare le loro scelte.
Le note positive di Baby
Se la trama quindi non è poi così originale, un plauso va sicuramente alla regia e la messa in scena che hanno saputo dare un respiro internazionale al prodotto e che, tramite il colosso di streaming, ha raggiunto in 190 paesi. Fotografia marcata da colori vividi, numerose scene notturne rischiarate solo dai lampioni delle strade romane, o dalle luci soffuse di locali altolocati, il tocco glam degli abiti e delle case dei ragazzi, e la saggia decisione di non ricorrere a scene di sesso esplicite che sarebbero risultate inutili. Tutto questo rende Baby appetibile anche oltre i nostri confini. Molto attuale è anche il contesto sociale, dove le musiche dei The Giornalisti e dei Maneskin ci ricordano che sono realtà vicine alla nostra. Così come l’uso smodato dei cellulari, più da parte degli adulti che dei ragazzi, e delle chat che appaiono ai lati dell’inquadratura.
Tra le note positive c’è sicuramente il cast. Se da una parte abbiamo nomi noti della televisione italiana come Isabella Ferrari e Claudia Pandolfi, dall’altra abbiamo una carrellata di giovanissimi attori che hanno saputo farsi notare (chi più chi meno) con performance davvero convincenti. Benedetta Porcaroli, (Tutto può succedere), è stata bravissima nei panni di Chiara, la sua naturalezza e maturità recitativa, nonostante la giovane età, hanno reso il personaggio molto reale e mai fuori luogo. La sua collega Alice Pagani, (Loro di Paolo Sorrentino), ha dovuto fronteggiare un personaggio di certo non semplice, ma non è risultata molto convincente e fin troppo esagerata nella performance perdendo di credibilità. Le due riescono a gestire devono gestire il grande gioco di contrasti su cui si basano i loro personaggi e la storia stessa. Tra gli esordienti invece troviamo Riccardo Mandolini che alla sua prima esperienza spicca nei panni di Damiano, ragazzo di umili origini che viene catapultato in una realtà che non gli appartiene e nella quale si sente irrimediabilmente solo.
Tirando le somme possiamo dire che Baby è un buon prodotto italiano, si trova a suo agio a casa Netflix perché ricalca le orme lasciate da molte serie che hanno tracciato il profilo della piattaforma. Forse però sei puntate sono state troppo poche per esplorare questa realtà. Non c’è stato modo di approfondire i personaggi e quella spensieratezza che insieme ai problemi è legata all’adolescenza, è andata a sparire completamente sotto una coltre di pesantezza costante, forse eccessiva, ma senza dubbio incisiva.