Il 4 maggio del 2016 usciva nelle sale l’attesissimo Civil War, un’opera corale che ha portato avanti la trama dei Vendicatori Marvel, ed è per questo considerato più un sequel di Age of Ultron che un terzo capitolo di Captain America. Il film ha mostrato per la prima volta qualche segno di stanchezza per il franchise, lasciando i fan con un pizzico di amaro in bocca per via di un hype oltremisura causato soprattutto da un trailer che ha generato altissime aspettative. Tra le poche cose rimaste impresse di quel film vi è senz’altro l’introduzione di due personaggi, emersi su tutti per la loro freschezza in mezzo a tutto quel “già visto”: il nuovo Spider-Man di Tom Holland, ed il misterioso Black Panther. I film ad essi dedicati sono subito balzati in testa alla classifica dei più attesi dai fan di questa grande serie tv cinematografica chiamata Marvel Cinematic Universe, ma se da una parte Homecoming ha riportato entusiasmo e vigore ad un personaggio sempreverde come l’Uomo Ragno, portando i fan a richiedere a gran voce un sequel, Black Panther rischia di rimanere una cattedrale nel deserto.
Black Panther segue temporalmente le vicende mostrate in Captain America: Civil War e così il giovane principe T’Challa (Chadwick Boseman), dopo la morte di suo padre, torna in patria per salire sul trono di Wakanda, un’immaginaria nazione nel continente africano ricca di giacimenti di vibranio. Il protagonista, affiancato dall’amata Nakia (Lupita Nyong’o) e dall’agente della CIA Everett K. Ross (Martin Freeman), dovrà affrontare un guerriero misterioso dalle origini sconosciute, Erik Killmonger (Michael B. Jordan).
Diretto da uno dei registi più interessanti della sua generazione, Ryan Coogler, Black Panther è un film ben riuscito. Coogler conferma la regola non scritta secondo cui, con un buon regista, anche un blockbuster ad alto budget su commissione può risultare un film interessante: non si limita al compitino come tanti colleghi, ma gira un film avvincente con elementi caratteristici della sua filmografia, come l’uso di lunghi piani sequenza nelle scene di combattimento. Il regista ci mostra poi il coloratissimo Regno del Wakanda in tutto il suo splendore: un paese ricco e tecnologicamente avanzato, ma anche snob e tremendamente razzista. Se gli occidentali al giorno d’oggi vedono i profughi come un problema, nel film il concetto è ribaltato: il Wakanda è un paese chiuso, che non ha la minima intenzione di aprire le frontiere ai migranti. Un espediente geniale che fa di Black Panther il film più politico del MCU. Il film offre inoltre tanti altri temi interessanti, come la contrapposizione tra gli usi e costumi del Wakanda ed il progresso tecnologico del Regno.
Ma soprattutto, dopo anni di antagonisti scialbi e dimenticabili, Ryan Coogler ha il merito di regalare ai fan dei cinecomics della Marvel un villain come dio comanda.
Erik Killmonger, interpretato dal sottovalutatissimo Michael B. Jordan, è sicuramente uno dei villain più riusciti dell’intero MCU. Jordan è un attore feticcio di Coogler. Con Black Panther, i due sono infatti giunti alla terza collaborazione, dopo il sorprendente Prossima fermata Fruitvale Station (vincitore del Sundance Film Festival 2013) e Creed. Ma allora, per rispondere alla domanda iniziale, come mai con tutti questi pregi potrebbe non esserci interesse per un eventuale sequel?
Per lo spessore del personaggio. Se ad esempio uno Spider-Man ha una serie infinita di villain iconici che non vediamo l’ora di vedere su grande schermo, Coogler non è riuscito a rendere interessante un personaggio semi-sconosciuto al grande pubblico, al punto di volerne vedere ancora. Una missione quasi impossibile, riuscita ad uno soltanto all’interno del MCU: citofonare a James Gunn e ai suoi Guardiani della Galassia.