Distribuito nei cinema del Bel Paese a partire dallo scorso 29 novembre e protagonista agli Oscar 2019 con la vittoria di ben 4 statuette, Bohemian Rhapsody è disponibile in home video da qualche settimana, con contenuti speciali che spaziano dalle interviste ai protagonisti alla ricostruzione dettagliata del Live Aid. L’Academy, come noto, è innamorata dei biopic e ancor più delle trasformazioni degli attori in personaggi realmente esistiti, quindi non c’è da sorprendersi del successo del film a Los Angeles lo scorso febbraio. E nemmeno di quello di pubblico, visto che stiamo parlando dei Queen, uno dei gruppi più importanti della scena musicale internazionale, di Bohemian Rhapsody – una canzone capace di farci pensare che Suicide Squad potesse essere un filmone – e soprattutto di Freddie Mercury, vera e propria icona degli (inflazionatissimi) anni ’80. Si ma il film? Capolavoro imperdibile o trashata dimenticabile? Come spesso accade, la verità sta nel mezzo.
The Show Must Go On
Bohemian Rhapsody non ha avuto vita facile sin dalla sua produzione, iniziata ben 9 anni fa, quando nel 2010 il chitarrista del gruppo Brian May annunciò che era in cantiere un progetto cinematografico sui Queen con Sacha Baron Cohen nei panni dello storico frontman. Poi è successo che nel 2013 l’attore protagonista di Ali G e Borat ha abbandonato la parte a causa di divergenze artistiche con la band. Dopo diverse vicissitudini, tra cui l’affidamento delle riprese al regista Dexter Fletcher, nel novembre 2016 è stato annunciato che il primo ciak sarebbe avvenuto nei primi mesi del 2017, con Brian Singer alla regia e la star rivelazione di Mr Robot nei panni di Freddie Mercury. Ma non finisce qui. Nelle ultime settimane di riprese il regista è stato licenziato da parte della 20th Century Fox per cause a noi ignote. Al suo posto, per seguire la post-produzione, è stato richiamato Fletcher, il quale non è stato però accreditato, a favore di Singer, riconosciuto quindi come solo e unico regista di Bohemian Rhapsody.
Ma Fletcher avrà modo di rifarsi, visto che presenterà fuori concorso al prossimo Festival di Cannes Rocketman, il già chiacchieratissimo biopic sulla vita di un’altra leggenda del mondo della musica: Elton John.
La Dolce Vita di Freddie Mercury
Vista la sua genesi, Bohemian Rhapsody poteva essere un disastro (Bohemian… Tragedy?), ma porta a casa un’ampia sufficienza. E gran parte del merito è dell’attore protagonista, Rami Malek, che con un’interpretazione magistrale (che gli è valsa un Golden Globe e un Oscar) ci regala un Freddie Mercury potente e fragile allo stesso tempo. Inoltre, grazie ad uno sforzo recitativo non indifferente, Malek riesce a far emergere la forte gestualità che ha contraddistinto il frontman durante tutta la sua carriera, replicando ogni suo movimento caratteristico in modo quasi eccessivo. Basti pensare al video di I Want to Break Free o al concerto finale a Wembley, in cui l’attore riesce ad avvicinare l’inarrivabile presenza scenica del cantante. Poteva essere un disastro, dicevamo. Ma poteva anche andare meglio, sia chiaro. Il regista trattiene il piede sul pedale dell’acceleratore e racconta la vita sregolata di Freddie Mercury in maniera molto favolistica e sin troppo edulcorata.
Al netto di qualche incongruenza storica (John Deacon non si unì al gruppo insieme a Freddie Mercury ma un anno dopo, i Queen non si sono mai sciolti, Freddie Mercury scoprì di essere positivo all’HIV dopo il Live Aid, tra il 1986 e il 1987, un arco temporale non coperto dal film) e di qualche opinabile scelta stilistica (Rami Malek sembra veramente minuto nel film, eppure è alto 175cm, solo 2cm meno di Freddie Mercury), il film risulta assolutamente godibile anche se, forse, troppo convenzionale.
Cinema cercasi
Assunto che a uno che a 29 anni ha girato I Soliti Sospetti poco si può dire, forse vale la pena fare una riflessione più ampia. L’attenzione ad alcuni dettagli è maniacale e, in particolare, la ricostruzione del Live Aid, il celebre concerto del 1985 che chiude la pellicola, è impressionante. Nei contenuti speciali dell’edizione home video del film è addirittura disponibile la performance integrale di 22 minuti del concerto, che include due brani non presenti nella versione uscita al cinema: We Will Rock You e Somebody to Love. Ma siamo davanti al fare cinema o ad un grande esercizio di stile ma fine a sé stesso?
L’imitazione per un attore è una capacità importante, ma non è sufficiente. Un attore deve esser capace di emozionare. E per cosa ci emozioniamo durante la conclusione di Bohemian Rhaspody? Per Malek che si muove come Freddie Mercury, che gesticola come Freddie Mercury e che canta (in playback) come Freddie Mercury, o per il ricordo di quella performance pazzesca dei Queen il 13 luglio 1985 a Wembley? Un video-ricordo di quel momento ce l’avevamo già, registrato con immagini magari non nitide come quelle di un blu-ray in 4K, ma reali.
Ognuno tragga le proprie conclusioni, ma tenga presente che viviamo nella stessa epoca in cui tra un paio di mesi sarà proposto al cinema un live action senza attori in carne ed ossa, che replicherà con la computer grafica – scena per scena – un lungometraggio animato. La direzione in cui sta andando il Cinema, che piaccia o meno, è anche questa: una fedele replica che strizza l’occhiolino ai nostri sentimenti.