E Gomorra? E Romanzo Criminale? E Il Cacciatore? Non prendetela sul personale, in questo editoriale sto per analizzare perchè Boris è la miglior serie televisiva mai realizzata in Italia. Prodotta da Wilder e Fox International Channel Italy, Boris è stata trasmessa su Sky da Fox e FX. La serie (costituita da tre stagioni e un film sequel) parte male, un vero flop per la rete. Tuttavia tramite un passaparola e lo streaming illegale, molti riescono a recuperarla e, in breve tempo, diventa un cult.
La serie, da un’idea di Luca Manzi e Carlo Mazzotta è sceneggiata e diretta da Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo. Entra nel gruppo regia, nella terza stagione, Davide Marengo. Nel cast invece troviamo, tra gli altri, Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Carolina Crescentini, Alessandro Tiberi e Ninni Bruschetta. La storia principale ruota intorno ad una troupe romana che sta girando una fittizia serie tv dal nome Gli Occhi del Cuore 2. Il tutto visto dagli occhi dello stagista di regia, Alessandro. Boris invece è il nome del pesce rosso, portafortuna del regista René.
La Verità
Perché Boris, dopo il suo insuccesso sui canali satellitari è divenuta un cult? Semplice, perché Boris è una serie sincera, pura e paradossalmente veritiera. Per quanto racconti, in maniera assolutamente ironica la vita del set, Boris è una riflessione tragicomica di quello che è realmente il mondo dello spettacolo. Ve lo dico sinceramente, ho vissuto il set parecchie volte; set amatoriali, set grandi, importanti, giganteschi, set televisivi e miseri (sono stato ahimè, uno schiavo di regia, come Alessandro nella serie) e vi posso assicurare che niente, in Boris, viene lasciato al caso. I sotterfugi, il gergo, gli espedienti per aggirare il cavillo di contratto, le manovre di regia con gli attori, le manipolazioni, la cocaina, le raccomandazioni.
Tutto in Boris esiste con lo scopo di raccontarci il cinema per quello che è veramente.
Non è una serie per soli addetti ai lavori
Se non avete visto la serie, forse vi starete chiedendo come possa interessare un prodotto che parli esclusivamente della vita sul set o, comunque, con molti riferimenti al cinema e ai film. Sappiate che, nonostante moltissimi parallelismi, richiami a serie come Lost, 24, E.R. – Medici in prima linea e alle centinaia di frecciatine mandate a (quasi) tutte le altre serie tv italiane, Boris racconta l’Italia. Non è una serie per soli cinefili o comunque, addetti ai lavori. Se la si legge bene, all’interno c’è una trama che parla dei nostri modi di fare, delle nostre svogliatezze, pigrizie, ansie e sofferenze nel mondo del lavoro. I nostri metodi a cazzodicane che sottolineano il pressappochismo con cui si svolgono le attività in questo paese. Persino il modo con cui Stanis (Pietro Sermonti) indica determinati comportamenti, definendoli “molto italiani“, sottolinea come, Boris sia una critica, autoironica ma costruttiva, dei nostri usi e costumi.
Il Fantozzi della nostra generazione
Grazie al passaggio su Netflix nel 2016 e alla riproposta sulla piattaforma streaming di qualche giorno fa, Boris è seguito sempre più da una fetta di pubblico italiano, ma soprattutto da giovani. Le sfide che il giovane stagista Alessandro dovrà superare giornalmente sul set, non sono diverse dalle assurdità che ogni giovane riscontra in una giornata qualsiasi, in un’università, in un lavoro d’azienda o in un mini-market. Fantozzi di Luciano Salce, raccontava questo disagio, questa Italia assurda, paradossale, svogliata e paracula già negli anni ‘7o. È più che normale, quindi, che oggi un pubblico tra i 20 e i 30 anni si identifichi nell’ironia e nello scherno di Boris, ma anche nel suo immancabile sguardo malinconico e triste su quello che realmente si potrebbe fare di buono in questo paese. Boris, può benissimo diventare, o forse lo è già diventato dati i 12 anni dalla sua messa in onda, il Fantozzi di questa generazione.
Non cercherò di destabilizzare nessuno. Di convincervi che dobbiate vedere Boris per la sua capacità di intrattenimento, per la bravura degli attori o della messa in scena. Non sminuirò nemmeno tutte le altre serie valide che abbiamo in Italia. Ma, sinceramente, tutti abbiano bisogno di tutto ciò. Va bene raccontare mafie, estorsioni, polizia, droga, scandali politici. Ma noi italiani siamo soprattutto la troupe di Boris, siamo divertenti, siamo tristi e nostalgici, vorremo fare di più, vorremmo fare cose belle, ma alla fine, per una ragione o un’altra facciamo sempre tutto a cazzodicane. E ce lo facciamo piacere.
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