Ben (Viggo Mortensen) e la sua famiglia sono fuori dagli schemi: vivono nella foresta lontani dalla società americana, crescendo a profondo contatto con la natura, cacciando, praticando discipline fondamentali per la sopravvivenza e nutriti culturalmente dai grandi libri di letteratura e saggistica. Questo stile di vita eccentrico ha il beneficio di salvaguardare la loro salute e di renderli culturalmente al di sopra della media, grazie alle continue attenzioni del padre che non fa batter loro la fiacca. La loro mamma però è assente da mesi perché malata, manca ai sei ragazzi, e quando Ben apprenderà del suicidio della moglie sarà il momento in cui tutta la famiglia tornerà nel mondo reale per un ultimo addio.
L’antitesi di una famiglia disfunzionale
Negli ultimi dieci anni con l’aumento dei divorzi, con l’annullamento di molti tabù e la crescita di nuove tipologie di famiglia il cinema e la televisione si sono interessati a raccontare sempre più storie di famiglie diverse. Famiglie mononucleari, monoparentali, arcobaleno sono sempre presenti dal piccolo al grande schermo, ma le più interessanti per le vene artistiche di sceneggiatori e cineasti sono le famiglie disfunzionali, ideali sia per tragedie che commedie.
L’attore Matt Ross, alla sua quarta prova da regista e sceneggiatore, ha allora pensato di proporre una famiglia perfettamente funzionale, antitesi di qualsiasi tipologia conosciuta, che non si può etichettare come “hippie”; la famiglia Cash è qualcosa di radicalmente diverso.
Ben e sua moglie Leslie hanno deciso di crescere la loro famiglia lontano dal capitalismo credendo di poter creare una nuova piccola società, ispirandosi alla Repubblica di Platone. I loro sei figli – ognuno con un nome unico al mondo, perché inventato – sono stati cresciuti senza che gli sia stata oscurata alcuna verità, stimolando dalla più tenera età la cultura attraverso letteratura e filosofia, dando loro abilità fisiche pari a quelle di atleti professionisti, insegnandogli come cacciare, pescare, combattere, difendersi. Sono muniti di qualsiasi cosa abbiano bisogno, le loro menti e i loro corpi sono addestrati per essere persone sane e migliori alla media, quanto per sopravvivere in natura. L’unica cosa che non conoscono è il mondo reale, omologato e plasmato da idee che il loro spirito critico non può accettare, incluse le religioni.
La famiglia Cash – che non ha il Natale, ma commemora la nascita di Noam Chomsky – è una rappresentazione provocatoria di una famiglia ideale, non perfetta, ma migliore da quelle che popolano nella nostra società in quanto libera da qualsiasi conformazione sociale, culturale e religiosa; provocazione che invita alla riflessione e all’autocritica ma che può disturbare ed infastidire chi è troppo radicato nella superiorità della propria etica.
Matt Ross esplorando e giocando con questa famiglia simbolica (composta da un cast di eccezionale talento), se da un lato muove la sua critica al mondo capitalista, dall’altro essa diventa lo strumento per raccontare una storia che sa genuinamente emozionare.
Un road movie atipico
Dall’inizio del film Leslie, la moglie di Ben, è assente. Malata di disturbo bipolare è stata ricoverata in una clinica. Dopo tre mesi, quando Ben raggiunge il bazar locale per comprare quello che in natura non hanno, apprende la notizia del suicidio della moglie. Il funerale si terrà a breve, ma il suocero è determinato a far arrestare Ben se dovesse presenziare alla cerimonia.
Quando Ben legge il testamento di Leslie, buddhista, si rende conto che era desiderio della moglie esser cremata e non sotterrata; tutto deve accadere con balli e festeggiamenti, per poi esser gettata nello scarico di un WC. Dopo un primo momento di esitazione, Ben e i suoi sei figli decidono di partire con la missione di esaudire l’ultimo desiderio di Leslie facendo un viaggio che radicalizzerà la loro vita.
La famiglia Cash non deve esser confusa come una famiglia incivile che non sa cosa siano le macchine, i locali e l’educazione, ma non sono preparati all’incontro con gli altri che – per forma fisica ed idee – sono radicalmente diversi da loro, veri e propri nuovi mondi da esplorare e che intrigano il figlio maggiore, ormai diciassettenne.
In qualche modo si può definire un road movie, ma nella sua unicità diventa diverso da altri film di questo genere dove, in genere, i protagonisti – attraverso il viaggio – si arricchiscono e scoprono cose inaspettate su se stessi e il mondo. Il viaggio della famiglia Cash sarà destinato a segnare un numero consistente di perdite, quello che al di fuori può sembrare arricchimento diventa perdita di qualcos’altro; Ben è un contemporaneo Peter Pan che con i suoi bambini perduti non può vivere per sempre nella sua Neverland, il contatto con l’esterno è necessario, quanto i compromessi ed è proprio questo che sarà il viaggio per loro: una doccia fredda di realtà.
Il film vincitore del Premio del Pubblico al Roma CineFest. E non solo.
In Italia Captain Fantastic è arrivato attraverso il Festival del Cinema di Roma, forte dell’accompagnamento di Viggo Mortensen, e che i romani hanno amato e votato, facendogli guadagnare il Premio del Pubblico e dando un buon segnale per la sua uscita in tutte le sale italiane, prevista per il 7 dicembre.
Prima ancora di questo riconoscimento però c’è da segnalare che Captain Fantastic è dalla sua premiere al Sundance Film Festival di gennaio che ha iniziato a raccogliere entusiasmo, guadagnando al Cannes Film Festival il suo primo premio, alla regia di Matt Ross, per la sezione Un Certain Regard.
Prima dell’uscita nelle sale americane l’8 luglio, il Seattle International Film Festival l’ha premiato con il Golden Space Needle Award for Best Film e subito dopo, al Nantucket Film Festival, ha vinto il Secondo Premio del Pubblico. Uscito ufficialmente nelle sale americane oltre a un buon riscontro al box office, ha collezionato nuovi premi da luglio a settembre, quali: il Premio del Pubblico al Karlovy Vary International Film Festival; il premio Save Energy, Save Earth Film Awards al Bucheon International Fantastic Film Festival e il Premio del Pubblico e Premio della Giuria al Deauville American Film Festival.
Come possiamo leggere, Captain Fantastic ha ottenuto consensi ed entusiasmo in primo luogo dal pubblico e non sorprenderebbe la sua candidatura ai Golden Globe o agli Accademy Awards di questo passo, è un film di cui la nostra società necessita e non solo per puro godimento. La famiglia Cash è scomoda in un clima in cui ci si interroga su cosa sia la famiglia, come debba essere, quali debbano essere i ruoli al suo interno, cosa sia giusto e cosa sia sbagliato insegnare ai figli. Per mezzo di Captain Fantastic riceviamo uno schiaffo morale energico e probabilmente necessario per far crollare illusioni e supponenza di verità e, forse, è proprio questo il motivo per cui il pubblico l’ha premiato e continuerà a farlo.