Annunciato nel 2011, arriva finalmente nelle sale il terzo capitolo delle impacciate avventure di Bridget Jones. Sono passati 15 anni dall’uscita del blockbuster Il diario di Bridget Jones, riuscite a crederci? Il tempo è passato per tutti. Per noi spettatori, con il nostro gusto e la nostra recettività nei confronti di una paffutella ed imbranata trentenne, che probabilmente non sono più gli stessi. Per Bridget Jones, ora 43enne, più magra e ben più matura. Per Mark (e con lui per Colin Firth) che come un buon vino rosso sembra migliorare con gli anni. Non per Daniel (Hugh Grant), qui sostituito nell’eterno ruolo di rivale dal bellissimo Patrick Dempsey che interpreta il fascinoso miliardario Jack Qwant.
Bridget Jones incinta. Ma di chi?
Finita la storia con Mark Darcy, Bridget Jones sembra trovarsi al punto di partenza, ma con una decina di anni in più sulle spalle. Dopo aver speso il giorno del proprio compleanno in perfetta solitudine (con una scena che non può non ricordare l’All by myself della prima pellicola), una serie di eventi portano la nostra ad avere due incontri ravvicinati, che più diversi non potrebbero essere. Una notte di sesso occasionale in un festival musicale con Jack, un affascinante sconosciuto; un romantico ritorno di fiamma con Mark, protagonista di una seconda crisi coniugale e desideroso di riavvicinarsi a Bridget. Inizia dunque una rielaborazione del tema già centrale nei primi due film: la Jones al centro, con due amanti-rivali che le orbitano attorno. Qui, però, con un elemento in più a complicare le cose. La protagonista scopre infatti di essere incinta. Di chi? È attorno a questo dubbio che è stato edificato l’intero plot e con esso buona parte delle gag più riuscite.
Un usato che funziona
Bridget Jones’s Baby è l’ennesima operazione nostalgia che preferisce rifugiarsi nell’usato che funziona – anche a costo di una trama banale e di un finale più che prevedibile – piuttosto che azzardare qualcosa di nuovo (si veda, su tutti, Star Wars – Il risveglio della forza). Tuttavia, pur ripresentando una ricetta in gran parte sovrapponibile a quella offertaci nelle prime due pellicole, non vengono a mancare piccole evoluzioni, minuti elementi di novità che si sposano con coerenza con lo sviluppo della personalità della protagonista. Il violino è lo stesso, ma le corde suonate son leggermente diverse. Bridget è decisamente meno imbranata, più matura, più snella. Non più una single paffuta, impacciata e a tratti impresentabile. In parte è avvenuta una metamorfosi e più che di fronte ad una nubile frustrata siamo quasi di fronte ad una MILF – o, come viene definita nel film, ad una ZILF (zitella eccetera eccetera) – ben più indipendente e col polso della situazione. Anche lo stesso essere single, tema da sempre granitico nella saga, viene sottilmente rivalutato, cessando di essere il male assoluto ed assumendo una sua aura di meritata dignità. Non fraintendiamoci, tutto questo è inserito abilmente in un miscuglio che è ancora fatto di faccette buffe, di gaffe, di zitellaggine incallita, di gag (molte buone e alcune scadenti). Riproporre un brand di successo, svecchiandone gli aspetti più datati ed in parte aggiornandolo, rimanendo però fedelissimi all’originale: questo è Bridget Jones’s Baby.
Il valore di questa pellicola è quello di aver riportato l’intrattenimento ad un buon livello di freschezza, dopo la nota decisamente stonata del sequel Che pasticcio Bridget Jones!. Con il primo film abbiamo sorriso e ci siamo innamorati, al secondo abbiamo storto la bocca in una smorfia di disappunto. E qui? Qui si ride e si ride parecchio. Il merito principale è però, soprattutto, quello di farci riconciliare – almeno stavolta – con la una tipologia di commedia mainstream, troppo spesso aprioristicamente dileggiata e disprezzata in un eccesso di snobberia. Non sarà un cult, probabilmente non traccerà indelebili solchi nella nostra memoria, ma quel che è certo è che ci ha fatto e ci farà ridere. E il Cinema, amici miei, è anche questo.