Gli alieni sono un evergreen. Buoni o cattivi che siano, alzano sempre la posta in gioco. Da dove vengono? Quando se ne andranno? Perché sono qui? Ecc, ecc. Anche John Goodman è un evergreen. La sua presenza dà “decisamente un tono all’ambiente”. Quindi perché non mettere insieme alieni e John Goodman? Captive State, thriller fantascientifico di Rupert Wyatt (L’alba del Pianeta delle Scimmie), racconta cosa potrebbe succedere se alieni dotati di tecnologia avanzata e pessime intenzioni, occupassero la Terra.
Il cielo sopra Chicago
2025: la Terra è occupata dagli alieni da nove anni. L’umanità è decimata, i diritti fondamentali negati, le comunicazioni via internet proibite e la tecnologia regredita. A Chicago, nel 2021 un gruppo di giovani umani ribelli, capeggiato da Rafe Drummond (Jonathan Majors), era quasi riuscito a colpire al cuore la “zona chiusa” aliena sotto la nuova Sears Tower, prima di essere scoperto e sterminato.
Rafe, apparentemente morto, è diventato il simbolo della ribellione all’occupazione aliena, ma suo fratello minore, Gabriel (Ashton Sanders), non ha alcuna intenzione di seguire le sue orme. La sua vita è divisa fra il lavoro in fabbrica durante il giorno e nella vendita di chip di dati al mercato nero di notte.
A vegliare su di lui c’è William Mulligan (John Goodman), ex poliziotto e partner del deceduto padre dei Drummond, ora collaboratore degli invasori alieni, che lo segue ovunque grazie al microchip installato chirurgicamente nel collo del ragazzo (come in quello di ogni essere umano). Mulligan è convinto che Rafe sia vivo e che contatterà Gabriel prima un nuovo attacco durante la celebrazione, dove saranno presenti diversi ambasciatori alieni.
Esistere è resistere
Il film si interroga su cosa le persone siano pronte a sacrificare in nome di giustizia e libertà. Lo fa raccontando una storia interessante, penalizzata da un primo atto dal ritmo lento, che accelera in maniera decisa verso la seconda metà. John Goodman è una garanzia, ma anche i due giovani attori, Ashton Sanders (Moonlight) e Jonathan Majors (Hostiles), danno due ottime prove. Al loro fianco altre due bravissime interpreti: Vera Farmiga (The Conjuring), nella parte della prostituta Jane Doe, e Madeline Brewer (CAM, Orange is the New Black) in grado di mostrare di che pasta è fatta anche con il poco tempo riservato al suo personaggio, Rula, la ragazza di Gabriel.
Molto interessanti i rapporti fra i personaggi, caratterizzati con pochi tratti essenziali: poche le sequenze dialogate com’è giusto in un film del genere, le scene di azione e suspence sono ben costruite e i colpi di scena non mancano. Il tutto al servizio di una storia che porta le dinamiche dei film di Melville in un mondo alla Mean Streets in salsa fantascientifica.
I malvagi alieni di Wyatt
Greg Nicotero (The Walking Dead, Breaking Bad) ha curato la creazione dei malvagi occupanti, divisi in Cacciatori, umanoidi alti due metri nascosti dietro pesanti tute, che si occupano di mantenere l’ordine nelle strade, e i mostruosi Legislatori, mostri dal corpo lungo e pieno di aculei. Gli extraterrestri non sono onnipresenti, l’attenzione è focalizzata piuttosto sugli umani oppressi. Come in Signs, Cloverfield o 10 Cloverfield Lane, la tensione è costruita proprio sull’incombente ma invisibile presenza aliena: le sequenze che li vedono protagonisti sono tra le più incisive ed agghiaccianti.
Il riferimento al governo Trump è evidente (anche se la sceneggiatura è stata chiusa durante l’amministrazione Obama): autoritarismo, oppressione e controllo dei media sono caratteristiche del mondo narrativo di Captive State, dove la gente comune è sotto controllo, ridotta in povertà e il denaro è concentrato nelle mani di pochi.
Oppressori e oppressi
Nonostante si inserisca a pieno titolo nel filone fantascientifico post apocalittico, Captive State riesce a portare avanti un ragionamento interessante. Una fantascienza a misura d’uomo, quella di Wyatt, che racconta un mondo non troppo lontano dal nostro, una sorta di nuovo medioevo fatto di tensioni e restrizioni, non senza un raggio di speranza.
Le scene di tensione ricordano il primo Cloverfield, l’anarchia delle strade la saga de La Notte del Giudizio, gli ambienti District 9. Eppure, Captive State racconta la stessa storia del nostrano La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (uno dei punti di riferimento di Rupert Wyatt) o de L’armata degli eroi di Jean-Pierre Melville. Un racconto di ribellione e resistenza in cui l’oppressione che cala dal cielo spinge le persone a reagire in modi molto diversi. Gli oppressi sono i protagonisti di questa storia, che mostra la rivolta strenua e non priva di sorprese di un gruppo di uomini spinti dalla disperazione e dalla voglia di riprendere in mano le loro vite. Gli amanti della fantascienza apprezzeranno senz’altro il mondo e la storia di Captive State, e potranno vederlo in sala a partire dal 28 Marzo.