A partire dal titolo, il nono (e penultimo?) film di Quentin Tarantino, è un omaggio continuo al mondo del Cinema che il regista originario del Tennessee venera a dismisura. Con C’era una volta a… Hollywood, Tarantino si libera completamente del peso di dover essere Tarantino, ossia quel regista osannato per le sue sceneggiature memorabili e sequenze pulp, e gira quello che è probabilmente il suo film più intimo e personale.
Hollywood, 1969: la storia nella Storia
Nel 1969 Richard Nixon diventò il 37º Presidente degli Stati Uniti d’America, Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sulla Luna e a Cielo Drive si consumò uno dei più efferati omicidi del secolo scorso. Durante una calda sera d’estate, il 9 agosto ebbe luogo un vero e proprio eccidio in uno dei più ricchi quartieri di Los Angeles, durante il quale perse la vita all’età di 26 anni l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski. Mandante della strage fu Charles Manson, criminale statunitense fondatore della Manson Family, una setta protagonista di diversi crimini alla fine degli anni ’60.
Come spesso ci ha abituati, Tarantino mescola realtà e finzione, usando la Storia (con la S maiuscola) per raccontare la sua storia (con la s minuscola). E quindi eccoci, catapultati nel 1969, dove l’attore televisivo Rick Dalton si trova in un momento delicato della sua carriera e vive alla giornata in compagnia della sua controfigura, Cliff Booth, alla ricerca di un posto nell’industria cinematografica in piena fase di trasformazione. Il film ha inizio quando Rick si ritrova come vicini di casa il regista di Rosemary’s Baby, Roman Polanski, e la sua giovane moglie, Sharon Tate.
Mia Wallace, Jackie Brown, La Sposa, Shosanna Dreyfus, Daisy Domergue. Nel corso della sua carriera Tarantino ci ha regalato alcuni personaggi femminili tra i più belli della storia del cinema, ed è per questo motivo che una Sharon Tate così poco approfondita e sfaccettata è faticosa da digerire. Il personaggio, interpretato da Margot Robbie, è protagonista di tante inquadrature mozzafiato ma ha sì e no dieci righe di copione.
Al contrario, l’inedita coppia di protagonisti formata da Leonardo DiCaprio (Rick Dalton) e Brad Pitt (Cliff Booth) funziona molto bene. Ma è singolarmente che i due offrono le performance migliori. In particolare, il primo è protagonista di una lunga sequenza metacinematografica spassosissima che fa emergere tutto il talento dell’attore premio Oscar con The Revenant, mentre il secondo dovrebbe semplicemente fare una statua a Tarantino per avergli regalato uno dei personaggi migliori della sua carriera, insieme ovviamente al tenente Aldo Raine di Bastardi Senza Gloria. Purtroppo, gli altri nomi che compongono il cast stellare di C’era una volta a… Hollywood non riescono ad emergere a causa del poco spazio a loro riservato, anche se Tarantino ci ha già dimostrato come possano bastare cinque minuti ad un attore per interpretare il ruolo di una vita.
C’era una volta il film Tarantiniano
L’assenza della suddivisione in capitoli cronologicamente sfalsati e una sceneggiatura poco incisiva, potrebbero far pensare che il film possa non essere propriamente definito Tarantiniano. Niente di più sbagliato. Proprio come in Le Iene e The Hateful Eight, Tarantino riduce l’azione all’osso a favore di dialoghi oltremodo dilatati, senza dimenticare la solita impeccabile scelta dei brani componenti la colonna sonora e il tema del piacere, presente in tutti i suoi film. Il piacere fisico e sessuale (una scena in particolare vi farà andare giù di testa), ma anche e soprattutto il piacere legato al cinema. Il piacere di fare cinema, che notiamo dalla cura con cui è stata ricostruita la Los Angeles del 1969 e dall’eleganza con cui sono stati girati i numerosi piani sequenza della pellicola, a partire da quello che si apre con l’allargamento della cinepresa posta sui sedili posteriori dell’automobile dei protagonisti, che accompagna i titoli di testa sulle note di Treat her right. Il piacere di vivere il cinema, che emerge da ogni singola scena, durante la quale gli attori sembrano proprio divertirsi nel girarla. E, infine, il piacere di lavorare nel cinema. Tarantino celebra la Settima Arte facendocela vivere attraverso chi, in quel mondo, ci lavora: produttori, registi, attori, controfigure. costumisti, truccatori, e persino addetti alle sale cinematografiche.
C’era una volta a… Hollywood non è il miglior film del regista del Tennessee, e nemmeno il secondo o il terzo, ma è un film di Tarantino, e come tale va visto e goduto come meglio si può.