Ci troviamo in una generica provincia veneta, con i suoi generici problemi e i suoi generici abitanti. Se la frase precedente vi sembra ripetere troppo frequentemente la parola “generico”, è perché questo è l’aggettivo che meglio rappresenta il film.
La trama è semplice: un industriale che fa il telepredicatore part-time (Abbatantuono), invoca alla fine di una delle sue solite tirate anti-immigrati che la “mano di Dio” faccia tornare a casa tutti gli extra-comunitari. Nella tempesta che si scatena quella notte il telepredicatore viene esaudito, e la mattina dopo l’Italia intera si risveglia senza più nessun immigrato.
Come reagirà l’Italia a questa improvvisa sparizione? Molto male, servizi bloccati, spazzatura che si accumula nelle strade, fabbriche ferme e vecchi lasciati a vagare per le vie senza che nessuno si occupi di loro.
Se però pensate che questa sia la premessa di una storia di denuncia sociale venata di umorismo, sbagliate di grosso. Forse le intenzioni del regista Francesco Patierno erano proprio quelle, ma il risultato finale è un film che non riesce mai a distaccarsi dai soliti luoghi comuni e che presenta un finale che lascia con l’amaro in bocca e con la sgradevole sensazione che in fondo dopo un periodo di assestamento degli immigrati si possa anche fare a meno. Intendiamoci, il film non presenta una Italia in ripresa; l’Italia dell’ultima scena è ancora in grossi guai e non ne vede l’uscita, ma l’atteggiamento di alcuni personaggi sembra suggerire che nessuno creda davvero più che le persone scomparse torneranno, e che tanto vale andare avanti come se non fossero mai esistite.
Ciò che salva questo film da commenti più duri è l’interpretazione di Diego Abbatantuono e Valerio Mastandrea, che in piena forma (forse più il primo che il secondo), danno vita ai due personaggi che da soli tengono a galla il film. Abbatantuono interpreta il già citato industriale-telepredicatore, che tanto ricorda certi volti che compaiono veramente in alcune emittenti locali italiane, mentre Mastandrea è un commissario di polizia dai modi a volte brutali ma mai veramente violenti che segue una morale tutta sua, un ruolo spesso interpretato dell’attore romano. È solamente la carica di aggressività di Abbatantuono e la “faccia di bronzo” di Mastandrea a scatenare le risate del pubblico e a mantenerlo interessato in attesa della prossima scena.
Il film segue le vicende di questi due personaggi, attorno alla cui orbita ne ruotano altri, a loro volta con le loro storie. Come la maestra elementare interpretata da Valentina Lodovini, ex-fidanzata del commisario-Mastandrea, che si trova doppiamente coinvolta emotivamente nella sparizione deglli immigrati, in quanto maestra di alcuni bambini scomparsi e in quanto sentimentalmente legata ad un giovane operaio di colore.
La recitazione della Lodovini è l’unica nota dolente in un cast che funziona, non sembra inserire nel personaggio nulla di suo creando così un personaggio che non offre particolari sfumature. Ciò non sarebbe un difetto particolarmente grave in un film di questo tipo, ma in una pellicola dove è solo la bravura degli attori e qualche battuta azzeccata a mantenere viva l’attenzione degli spettatori, ogni “pezzo” dell’ingranaggio che non funziona come gli altri diventa particolarmente evidente.
La regia di Patierno fa il suo dovere senza proporre nessuna inventiva o vitalità, e a volte fornisce delle soluzioni visive discutibili che finiscono per disorientare lo spettatore. Un esempio esplicativo di questo sono le scene nella casa della madre del commissario: poiché la signora soffre di Alzhaimer, per la casa sono stati sparsi molti cartellini con note per aiutare la memoria dell’anziana, ma questi cartellini non sono mai completamente a fuoco, se non per brevissimi istanti, portando lo spettatore a capire solo con fatica cosa realmente siano.
Nemmeno la fotografia riesce a migliorare le scelte di regia, e anche se non si può dire che siano presenti problemi, ci si sarebbe potuti aspettare qualche guizzo di genio invece che un ambiente “canonico” che non riesce davvero a mettere in risalto le scene.
[signoff icon=”quote-circled”]“Cose dell’altro mondo” è un film che può piacere, presenta diverse battute azzeccate e un cast di buon livello, tuttavia lascia l’amaro in bocca per una vicenda che non decolla mai veramente, una trama che si barcamena maldestramente tra il comico e il serio, che non si eleva mai dal luogo comune, che sembra essere non una critica che vuole ribaltare i luoghi comuni, ma un semplice film comico che usi come pretesto un evento assurdo.[/signoff]