Nello sport ci sono i buoni giocatori, ci sono i campioni, ci sono le leggende. E poi, in una categoria a parte, c’è Diego Maradona, soprattutto nel caso doveste parlare con una persona nata sotto l’ombra del Vesuvio, ovviamente. Perché qualcosa di magico è successo, in quella seconda metà degli anni ’80, quando in una città non certo al top dello sviluppo economico, strozzata dalla morsa della camorra e in cerca di rivalsa è arrivato quello che era il calciatore più forte al mondo. Nei cinema italiani il 23, 24 e 25 settembre, grazie a Nexo Digital e Leone Film Group sta arrivando Diego Maradona, il docufilm firmato dal premio Oscar Asif Kapadia, 130’ dedicati alla vita di un campione sul campo e allo stesso tempo personaggio molto più controverso al di fuori del terreno di gioco.
Con Diego Maradona, definito da Kapadia la perfetta conclusione di una trilogia (dopo i documentari su Amy Winehouse e Ayrton Senna) dedicata al rapporto tra bambini prodigio e fama, veniamo così a scoprire l’incredibile storia di un ragazzino delle favelas di Buenos Aires arrivato ad avere il mondo del pallone ai suoi piedi, vincendo tra le altre cose una Coppa UEFA, due campionati italiani e la Coppa del Mondo del 1986. Diego Maradona (presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes) ci regala non solo le gesta sportive e pubbliche del Pibe de Oro, ma anche e soprattutto le vicende del quotidiano, belle e brutte, vissute negli anni da quel ragazzo che proprio non riusciva a non tirare calci a quella palla. E tutto questo grazie a 500 ore di filmati inediti sapientemente riprese all’epoca su richiesta dall’agente del calciatore per essere usate come materiale per un film che poi non vide mai la luce. E oggi al cinema ringraziamo questa lungimiranza, la quale ci permette di scoprire cosa c’è dietro questa icona, tra le vicende che lo rendono ancora oggi un mito e quelle che gli valsero il primato di uomo più odiato d’Italia nel 1991. Sì, persino dietro a Berlusconi e compagnia bella.
Il campione
Partiamo dalle parti positive: se siete appassionati di calcio non potete mancare Diego Maradona, semplicemente perché vi porterà dietro le quinte di un periodo magico per il football, in particolare perché tutto girava intorno al campionato italiano, di gran lunga il più competitivo del mondo. Tramite filmati originali dell’epoca e testimonianze di personalità importanti del pallone e compagni di squadra, Asif Kapadia ci porta a rivivere, con la sua caratteristica assenza di una voce narrante, la carriera dell’argentino, a partire dai primi passi mossi nell’Argentinos Juniors quando esordì appena adolescente in prima squadra, ai suoi rocamboleschi anni al Boca, fino ad arrivare alla svolta, l’arrivo in Europa con il Barcellona. La parentesi spagnola però è un fallimento in piena regola: il ragazzo ha un talento smisurato, ma tra gli infortuni e il suo difficile carattere (sfociato nella celebre rissa di Bilbao), Diego Maradona viene costretto a emigrare. Ma dove? Alla squadra che lo farà entrare nella leggenda.
Kapadia ci porta così nelle incredibili ma affascinanti vicende degli scudetti napoletani, tra l’iniziale diffidenza e incredulità del mondo del calcio che piano piano si tramuta in timore e ammirazione per un miracolo sportivo quasi senza precedenti, con il rapporto tra Diego e la città che sfocia in qualcosa di più di semplice amore, un’adorazione che il regista britannico ci racconta in maniera forse prolissa ma certamente efficace e ficcante, tra il suono dei caroselli e quello dei cori dedicati al campionissimo.
E il suo lato oscuro
Per tutto il mondo Diego Maradona è un bellissimo documentario, per noi italiani anche un interessante spaccato della vita italiana – in particolare a Napoli – negli anni ’80, in quanto il fulcro del film è dedicato all’esperienza di quei sette magici anni in cui il Dio del calcio (almeno per gli abitanti della città partenopea) si fermò in Campania a stupire il mondo. Diego Maradona accompagna il #10 per tutta la sua vita anche fuori dal campo, raccontando un rapporto con la città di Napoli che si deteriora pian piano. Un amore che diventa mala sopportazione, testimoniato persino dalle semplici espressioni facciali o la forma fisica del giocatore, un uomo soffocato dal grande amore di una città che ti dà tutto ma che chiede anche molto.
E in tutto questo poi non possono non entrare prepotentemente le parti più nere dell’avventura del 10 nel nostro Paese, dal figlio non riconosciuto con una ragazza italiana (vi ricordate il Diego Maradona Jr. di Campioni? Ecco, lui, ndr) alle persino più preoccupanti relazioni con la famiglia Giuliano, tra i clan più in vista della Camorra dell’epoca. Il tutto in un drammatico ma distaccato racconto della lotta del fantasista con la cocaina, un avversario ben più temibile dei tanti surclassati sul terreno di gioco negli anni.
Diego e Maradona, due personalità ben distinte che convivono nella stessa, insicura e magari mai troppo cresciuta, persona. Diego e Maradona, da una parte un giovane simpatico e brillante, innamorato del pallone e della fidanzata Claudia, della sua famiglia e della tranquillità; dall’altra però la figura che mostra all’esterno, quel Maradona della cocaina e della camorra, dei party e dell’infedeltà, dell’evasione fiscale e dell’alcol. Anche la differenza di colori tra le due parole nella locandina del film forse vuole sottolineare questo dualismo, che funge da spina dorsale dello splendido lavoro di Kapadia, un affresco vero e super partes di un uomo che ha sempre diviso e sempre dividerà le persone, ma che con il pallone tra i piedi forse è stato il migliore di sempre.