Il 24 settembre è uscito nelle sale giapponesi il terzo capitolo della serie evento cinematografica Digimon Adventure Tri, Kokuhaku (ovvero, Confessione) che il mondo occidentale ha potuto vedere in contemporanea – con sottotitoli in inglese – grazie alla piattaforma Crunchyroll, la quale – ad un costo equivalente a un ingresso cinematografico – ha dato accesso alla visione del film.
Il capitolo precedente, Ketsui (Determinazione), aveva lasciato gli ormai adolescenti prescelti a far fronte alla morte di Leomon per mano di Meicoomon, infettata da un virus sconosciuto.
Meiko Mochizuki, partner di Meicoomon, la ritroviamo sconvolta e con tanti sensi di colpa, incapace di dare dettagli che sarebbero utili a Kōshiro, intento a identificare il virus al fine di debellarlo e prevenire dall’infezione tutti i digimon. E mentre Kōshiro si ritrova a fare ricerche giorno e notte senza chiudere occhio, Takeru scopre che Patamon è infettato e lo allontana dagli altri digimon. terrorizzato all’idea di perdere il suo prezioso amico.
I digimon sono consapevoli che la situazione è grave e che il virus potrebbe portarli a ferire i loro partner umani e distruggere il loro mondo, la cosa migliore è forse andare via dalla Terra o eliminarsi tra loro? Una misteriosa entità parla ai digimon attraverso Hikari e sembra sapere cosa c’è dietro tutto questo, rivelando però che sarà necessario un estremo sacrificio prima che la Terra sia invasa da una minaccia che segnerà la fine della razza umana.
Tra misteri risolti e parti ancora oscure.
I film precedenti hanno riposato complessivamente sullo slice of life, solo qualche aspetto è stato realmente drammatico a differenza di questo terzo capitolo, dove di leggerezza ce n’è poca.
Dopo aver visto nel primo capitolo Saikai (Riunione) i riflettori puntati su Taichi e Yamato e in Ketsui puntati su Mimi e Jyō, in Kokuhaku l’attenzione si focalizza su Kōshiro e Takeru, nonché sulle tematiche antitetiche alle loro crest (nell’adattamento italiano digipietre) di Conoscenza e Speranza.
In tutto il film aleggia un’atmosfera cupa, in tensione, volta a prepararsi al peggiore dei risvolti e a spegnere ogni speranza, alimentata dall’incapacità di Kōshiro di non sapere questa volta come affrontare la situazione. Se i protagonisti umani però non credono in loro stessi, i digimon sono invece speranzosi anche se pronti a fronteggiare la peggiore delle conclusioni.
Finalmente vediamo i digital monsters non essere solo protagonisti di evoluzioni e combattimenti, entriamo a conoscenza dei loro sentimenti e delle loro apprensioni; non ricoprono più il ruolo di animaletti combattenti e attori di gag, ma mostrano una profondità che fino ad ora era stata propria solo della serie animata, tornando ad essere realmente padroni della storia. I digimon investono così il ruolo non solo di amici ed eroi annunciati, ma diventano quasi figure genitoriali per i tormentati erabareshi kodomo (i bambini prescelti o, come nell’adattamento italiano, i digiprescelti).
Se i digiprescelti sono tormentati da responsabilità e timori, non sembrano vagamente preoccupati dall’assenza di Daisuke, Miyako, Iori e Ken, i prescelti di Digimon Adventure 02. Nella seconda serie anime questi quattro ragazzi vengono a poco a poco supportati ed integrati nel gruppo, lasciando poi al materiale extra e al finale dichiarare che sono cresciuti insieme, ma nonostante siano scomparsi da mesi nessuno è realmente interessato a loro, solo Yamato in questo film tenta di rintracciare Ken (dopo la comparsa del Digimon Kaiser sembra dovuto), ma non appena espone il problema all’agente Himekawa gli basta un “l’ho contattato io, sta bene”, per non interessarsi più a lui.
Se ci sono tanti misteri intorno ai protagonisti di Digimon Adventure 02, ci sono anche molti misteri intorno a Meiko che pian piano, svelandosi, rivela un’importanza che scavalca – soprattutto in termini di minutaggio – la presenza di un personaggio come Taichi, un leader assente, senza carisma, e ridotto personaggio di sfondo.
La presenza debole degli altri personaggi, i buchi narrativi, le assenze di cui nessuno si cura, le contraddizioni in qualche modo non nuocciono alla trama principale che finalmente fa un salto di qualità, prendendo degli sviluppi inaspettati e tornando alle atmosfere più angst che hanno caratterizzato la prima serie animata.
Imperfetto ma bello.
Digimon Adventure Tri è il progetto che nasce per commemorare i 15 anni passati dalla messa in onda della prima serie tv, Digimon Adventure. Fin’ora nei film precedenti si sono mostrati fior fiori di omaggi, citazioni, scene attese, tributi che hanno esaltato una parte dei fans e deluso l’altra, dividendo nettamente il fanbase di Digimon.
Yuuko Kakihara, compositrice della serie, fin’ora è stata molto ruffiana con i fans, tanto da offrire un fanservice che in più punti è risultato noioso, ma in Kokuhaku riesce a sorprendere anche i fans più scettici. Il carico di critica per lo più travolge la regia di Keitaro Motonaga (School Days, Persona 3 the Movie #3 Falling Down) che non convince e conquista giusto la sufficienza, mentre le animazioni non sono convincenti, al punto di cadere nel pessimo gusto quando si mostrano le evoluzioni dei digimon.
Nel complesso lo staff tecnico oscilla tra mediocrità e sufficienza, con riprese importanti grazie alla colonna sonora (ripresa della serie animata) che include Boku ni totte, canzone di coda eseguita dalla rock band di Yamato (voce di Hosoya Yoshimasa), i Knife of Day che ha promosso il film con un video musicale incentrato sul legame tra Yamato e Taichi; esclusa invece Butter-Fly di Kōji Wada con grande rammarico dei fans del cantante, deceduto la scorsa primavera a causa del ritorno del tumore faringeo contro cui lottava da anni. Solo Chruncyroll, suddividendo il film in episodi, ha usato Butter-Fly come sigla d’apertura omaggiando così l’artista che aveva legato i suoi successi al franchise Digimon.
Se i fans fin’ora sono stati divisi nell’apprezzamento di Digimon Adventure Tri, con questo film si sono uniti in un responso condiviso dalla critica: Kokuhaku è il miglior film della saga fino ad oggi. Ciò che lo rende amato, nonostante i difetti, è la capacità di puntare i riflettori più sui digimon che sugli umani, andare oltre il prevedibile, osare con coraggio e mettere in discussione dei punti cardine che hanno caratterizzato tutte le serie dedicate ai digital monsters della Toei Animation. Importanti sono stati anche i 105 minuti contro i precedenti 75 minuti che hanno concesso un ritmo narrativo credibile e in cui si è messa molta carne al fuoco senza lasciarla bruciare, chiudendo con un cliffhanger che rianima di curiosità ed entusiasmo per il quarto capitolo, Soshitsu, in uscita il prossimo 25 febbraio.