Grazie a Crunchyroll il 25 febbraio – al costo di un biglietto per il cinema – il fandom di Digimon Adventure ha potuto assistere al quarto capitolo della serie evento (cinematografico) Digimon Adventure Tri. Sōshitsu (Perdita) che ha trovato radici nel triste capitolo precedente in cui un dovuto reebot ha portato il Digital World e i Digimon allo stato precedente alla prima avventura dei ragazzi. Sette anni di avventure, amicizia, sentimenti e crescita sono ormai solo nella testa degli adolescenti prescelti che avevano deciso di tornare a Digiworld per ritrovare i loro preziosi partner, ritrovare Meicoomon (la causa dell’infezione) e salvare i due mondi (terrestre e digitale).
Così dopo diciotto anni i nostri occhi tornano a posarsi sul mondo digitale offrendoci l’emozione di una nuova avventura sul motivo ricorrente del remeber rember.
Il ritorno nel Digital World.
I momenti migliori d’animazione e regia (di Keitaro Motonaga) in questa saga li troviamo proprio nei primi minuti che sono una vera e propria sorpresa (anche se di discutibile senso): vediamo i primi veri bambini prescelti (con abiti che strizzano l’occhio al 2000) affrontare i Signori delle Tenebre e sconfiggerli mediante il sacrificio di un digimon, il digimon partner di Maki Himekawa, che insieme a Daigo Nishijima ha fatto parte del primo gruppo di prescelti che liberò Digiworld dal dominio dei quattro malvagi digimon. Una discrepanza importante con la serie originale, in quanto nella prima serie veniva mostrato chiaramente che i primi prescelti erano sei e non quattro come vediamo nel film, ma tra le perplessità è quella di minore importanza.
Una volta che gli otto prescelti incontrano di nuovo i loro digimon, allo stato baby, quest’ultimi sono diffidenti, spaventati, ma anche curiosi per quegli umani che sembrano conoscerli anche se loro non hanno memoria di ciò. Solo Yokomon non è intenzionata a relazionarsi con Sora, è diffidente e scontrosa, quasi ad omaggiare la Sora del loro primo incontro, mentre la ragazza adesso è amorevole e gentile e vorrebbe riversare il suo affetto verso la partner che scappa da lei.
Nel frattempo il gruppo fa un incontro inaspettato: Meicoomon va verso di loro, è in cerca di Meiko, ma Meiko non è con il gruppo e questo la fa infuriare e scappare via; in poche parole il reboot sembra esser stato del tutto inutile in quanto Meicoomon non ne ha sortito gli effetti.
Tutte le attenzioni sono di nuovo canalizzate verso Meicoomon e Meiko (che raggiunge il Digital World in modo poco chiaro), mentre Sora si sente messa da parte, trascurata, nonostante gli impacciati Taichi e Yamato vorrebbero consolarla anche se non riescono, ma – per lo meno – sono di nuovo in sintonia e invece di esser coinvolti in un triangolo sentimentale auspicato da alcuni fans, sembrano quasi esser loro una coppia (e offrono persino omaggio ad Haruka e Makoto di High Speed – Free! Starting Days).
Nonostante Digimon Adventure 02 avesse ben chiarito la relazione tra Yamato e Sora, innamoratissimi, protagonisti di un Drama CD di San Valentino in cui risultano quasi fin troppo zuccherosi, in questa serie non danno alcun segnale di un rapporto romantico, di un interesse, o di una relazione troncata, è quasi come se tutti gli eventi di Digimon Adventure 02 non fossero accaduti e non solo per questo aspetto.
Difficile dire se sia voluto o meno, se sia sensato o meno, ancora il film non risponde a tanti interrogativi, anzi, sotto certi versi ne aggiunge.
Il ritorno in scena di due Signori delle Tenebre Metalseadramon e Machinedramon – alleati (o meglio comandati?) da Gennai – diventano il fattore di movimento ed azione del capitolo, che desta nuovi allarmi e separa i ragazzi, complica la situazione che stanno vivendo, ma si rivelerà anche un modo per riscoprire i legami con il Digital World e le sue creature.
La protagonista annunciata di questo film doveva essere Sora (voce della famosa Suzuko Mimori) assieme alla sua partner Piyomon, che hanno un buon minutaggio concentrato su di loro e il loro rapporto, ma proprio per questo un fan di vecchia data potrebbe rimanere più che deluso dalla crescita (?) della ragazza.
Abbiamo conosciuto la Sora di undici anni come la seconda leader in comando, la parte razionale e premurosa che riusciva ad avere tutto sotto controllo, nonostante nella sua vita ci fossero molte cose che non andavano, credendo di non essere amata da sua madre e ribellandosi comportandosi da ragazzo. Una volta risolto il suo dilemma affettivo, ha imparato a mostrare e canalizzare le sue premure, ha temprato il suo carattere tendenzialmente difensivo ed acido, sostituendolo alla gentilezza e mostrando la sua capacità di essere simpatica oltre che carismatica, capace di badare a se stessa quanto di guardare le spalle agli altri. In Sōshitsu perdiamo quasi totalmente quella Sora, diventata più un’ideale estetico per il pubblico giapponese che un personaggio ricco di colore e sfumature.
La Sora di questo capitolo è una ragazza amorevole, elegante, che è sempre al suo posto, che cerca di non infastidire gli altri, è comprensibilmente depressa per il non riuscire a legare con Piyomon, ma solo a metà film capisce davvero che il reboot l’ha resa un’estranea al digimon e piange, con un ritardo incomprensibile dato che il dramma era già stato affrontato.
Omaggiando la se stessa undicenne, rivela che nessuno comprende i suoi sentimenti (alludendo anche a Taichi e Yamato, anche se la questione non viene approfondita risulta chiaro che non parla solo di Piyomon) ed è così che un personaggio di grande carattere viene trasformata in un’adolescente melodrammatica. In suo favore possiamo però dire che in effetti ogni premura ed attenzione va sempre a Meiko che, nel suo ruolo da mary sue dalle caratteristiche moe (ovvero una serie di atteggiamenti che la rendono desiderabile al pubblico maschile, suscitando in loro il desiderio di proteggerla), diventa ancora una volta la vera protagonista e il centro della trama.
Qual è però il vero problema di Sora? Il fatto che gioca bene il suo ruolo di vittima, un po’ a causa della trama che la rende soggetta a una forte confusione, alla marginalità, a un forte dolore nell’incapacità di comunicare con Piyomon e persino vittima di una molestia sessuale. Dall’altra – considerando sempre l’importante minutaggio a lei dedicato – Sora si crogiola in quel ruolo dell’incompresa, perdendo totalmente il suo carisma e lo spirito risolutivo che persisteva in situazioni anche più drammatiche nelle serie animate, persino Meiko le dà consigli ragionevoli cercando di scuoterla da quello stato che si risolverà mostrandola combattiva negli ultimi minuti, ma resta un personaggio banalizzato nella personalità, nel suo dolore, nel suo ruolo, legata a uno stereotipo per otaku e non a un personaggio con una sua complessità e ricerca introspettiva.
Non è colpa sua però, è colpa di una sceneggiatura incapace.
Una storia trascinata dalla superficialità.
In un’ora è mezza si sono concentrati tanti spunti narrativi, molto si è voluto mettere sulla brace e solo una parte è venuta ben cotta, le altre si sono dovute digerire crude o bruciate; è il miglior paragone che posso fare per riassumere Sōshitsu.
Nei capitoli precedenti molte cose erano criticabili, dal personaggio di Meiko, da incongruenze con il canone delle serie animate, con caratterizzazioni che non convincevano e personaggi oscurati. Questi difetti – importanti – si sono riconfermati in questo film, ma hanno contaminato altri elementi a macchia d’olio. I Signori delle Tenebre – temuti ed affascinanti villains – non hanno neanche una voce, sono dei disegni che fanno una mera comparsa in brevi combattimenti che tendono al ridicolo; Gennai è un villain che sembra preso da un B Movie; i momenti di divisione dagli altri sono a dir poco inutili; l’evoluzioni avvengono con estrema facilità ignorando le leggi della loro natura e il remember rember visivo è del tutto scollegato al climax generale della storia. Tutto sembra davvero trasportato da un’ondata di superficialità, noncuranza per personaggi, retto da una sceneggiatura debole e animazioni che oscillano tra l’insufficienza e la discrezione.
In mia opinione sembra che lo staff (in particolare Yuuko Kakihara, che ha composto la serie) non abbia compreso il valore poetico, psicologico e avventuroso che caratterizzava Digimon Adventure, mancando anche della sensibilità di rappresentare il Digital World. Nella serie è un mondo visivamente diverso dalla nostra Terra, si nota nei colori, nelle atmosfere, nei paesaggi, ogni cosa comunica una certa virtualità qui affatto colta e forse, proprio questo, è l’emblema di un lavoro superficiale che non vuole osare.
Le note positive sono nei primi 5 minuti del film, nel rapporto tra Taichi e Yamato e nelle gag comiche, elementi deboli per dare energia a un film che doveva reggere il confronto con Kokuhaku, che si riconferma il miglior film della saga. Sōshitsu diventa quindi il capitolo più debole, capace di suscitare un vero blocco emotivo, ma comunque apprezzabile se si cerca un intrattenimento facile e una narrazione scorrevole ricca di citazioni.