Il 17 Agosto è uscita su Netflix una nuova serie, “Disincanto“, realizzata in collaborazione con Matt Groening.
Dopo le avventure della famiglia Simpson e l’esplorazione di un remoto futuro con Futurama, Groening ha deciso di raccontarci una storia ancora diversa, ambientata questa volta nel passato.
Matt Groening è un pezzo grosso nel settore dell’animazione – basti pensare che i Simpson vanno avanti da più di 30 anni! – motivo per il quale le aspettative per Disincanto erano davvero molto alte. Questo fattore però purtroppo ha giocato a sfavore della serie, che fatica a ingranare nelle prime puntate e risulta quindi per molti una delusione.
Ma lo è davvero? Scopriamolo insieme, ma prima vedete il trailer, che potete trovare qui sotto.
Questo matrimonio non s’ha da fare
La trama di Disincanto si svolge nel Medioevo, ed ha una prevedibile impronta fantasy, non a caso i protagonisti sono una principessa, un elfo e un demone. La scelta dei membri di questo trio potrebbe sembrare azzardata, tre figure del genere difficilmente sarebbero alleate in qualche opera di fantasia, però funziona. Forse perché di non comune, oltre alla loro alleanza, è anche la loro personalità.
Ma andiamo con ordine: Tiabeanie, per gli amici Bean, è la principessa del regno di Dreamland, e in quanto tale è soggetta alle regole dell’alta società e al volere di suo padre, Re Zog. O almeno, lo sarebbe, se non fosse che delle regole non le interessa affatto, preferisce bere e giocare a poker con i paesani. Ed è così che ci viene presentata nella prima puntata, intenta a truffare con le carte la gente del villaggio. Tornata a palazzo però la sua vita torna ad essere noiosa, e scopre che il padre le ha organizzato un matrimonio combinato per favorire l’alleanza con un altro regno. Mentre lei sogna una vita più felice, facciamo la conoscenza del secondo protagonista, l’elfo Elfo (proprio un elfo che si chiama Elfo, sì, e allora?), che invece sogna una vita magari più triste, ma più concreta di quella che il suo villaggio gli offre. Ultimo, ma non per importanza, è il demone Luci, esserino dalla personalità irriverente che nasconde molto più di quello che sembra.
Una Principessa, un Elfo e un Demone entrano in un bar
Parlando di personaggi e situazioni, è necessario fare una netta distinzione nei giudizi: da un lato i personaggi sono caratterizzati in maniera molto convincente, e pur essendo parte di una parodia del genere fantasy e quindi parzialmente stereotipati, riescono ad avere un’evoluzione, a cambiare opinioni e punti di vista -a differenza di quanto accade per esempio nei Simpson, dove nonostante le varie avventure e disavventure ogni personaggio rimane sempre uguale a se stesso-; dall’altro lato, le situazioni non sempre sono strutturate nella maniera migliore, e a tratti tendono ad essere prevedibili per chi conosce la comicità di Groening e il genere fantasy. La stessa Bean, per quanto sia diversa da una principessa classica, rientra comunque nel canone della principessa dei giorni nostri, ribelle e artefice del proprio destino, già vista, anche se tali caratteristiche sono portate all’estremo in questa serie.
La storia, specie nelle prime puntate, procede a rilento, intermezzata da una grande quantità di sketch, gag, parodie e allusioni che ne spezzano il ritmo. Tuttavia questo non è necessariamente un difetto. Sicuramente è una cosa diversa rispetto ai precedenti lavori di Groening, ma nessuno ha mai detto che non dovesse essere così. Probabilmente l’idea era quella di sperimentare qualcosa di nuovo, che si distaccasse dai Simpson e da Futurama, ai quali siamo ormai abituati avendoli visti per anni in televisione, qualcosa che con il tempo possa avvicinarsi al genere di Bojack Horseman e Rick e Morty.
Il punto di forza della serie però resta comunque la struttura dei personaggi, che non si ferma ai protagonisti, ma al conrario si estende a ogni personaggio secondario, Re Zog, la Regina Oona, il Principe Merkimer, la fata Lucciola -sì, è un gioco di parole!- e molti, moltissimi altri, ognuno dei quali contribuisce a dettagliare ulteriormente il mondo di Disincanto.
Quando Disincanto non disincanta
Dopo anni di Simpson e Futurama, siamo tutti abituati allo stile di disegno di Matt Groening, così come al suo umorismo pungente e alla sua satira sociale e politica. E anche Disincanto non fa eccezione: il livello di tecnica nel disegno è sempre molto alto, soprattutto per i personaggi. Non mancano nemmeno i classici easter egg, non solo alle passate produzioni di Groening, ma anche di altre serie e film, tra i quali Trono di Spade, Star Wars, Agente 007 Missione Goldfinger. Le musiche scelte si adattano bene ai contesti e il doppiaggio in italiano è di buona fattura, con veterani del doppiaggio di Simpson e Futurama, sia in inglese che in italiano. Alcune battute però, come sempre del resto, rendono meglio in lingua originale.
Pur risultando generalmente godibile e ben realizzato tecnicamente, Disincanto per il momento ha dimostrato di avere molte potenzialità, ma di non averle ancora espresse pienamente. Forse il setting fantasy ha creato troppe aspettative, forse ancora siamo rimasti ancorati ai tempi nostalgici della maratona Simpson all’ora di pranzo; qualunque sia la risposta, la “prima parte” della nuova produzione Netflix&Groening ci è sembrata un punto di partenza, e non vediamo l’ora di sapere come continuerà.