Ammettiamolo, la fase 3 del MCU (Marvel Cinematic Universe) non è poi partita così forte. Captain America: Civil War ha mostrato per la prima volta evidenti segni di stanchezza, e ci mancherebbe altro, dopo ben 13 film del filone iniziato con Iron Man nel 2008. Se non fosse stato poi per quel colpo di scena finale e per il personaggio di Black Panther, il film sarebbe risultato scontato nella sua totalità. Il taglio che casa Marvel ha dato ai suoi lungometraggi infatti è sempre stato riconoscibile, e se questo marchio di fabbrica ha rappresentato per tanto tempo il motivo per cui i fan potevano andare fieri di avere finalmente su grande schermo i supereroi del cuore trasposti come avevano sempre desiderato, il rischio di portare a qualcosa di già visto e quindi facilmente dimenticabile era sempre più concreto. Con Doctor Strange però, la storia è cambiata.
No, non siamo di fronte ad un capolavoro e no, non abbiamo una new entry nella top 3 dei migliori film del MCU. Tuttavia Doctor Strange mostra finalmente qualcosa di nuovo, totalmente diverso da ciò che abbiamo visto fino ad ora con Marvel. E parafrasando un fanatico ignorante schiavista, se prima suscitava curiosità, ha trovato modo di ottenere attenzione.
Ma in un mondo in cui una squadra di supereroi difende il pianeta da minacce aliene a cosa mai potrà servire un neurochirurgo piacente e saccente? A questa domanda viene data una risposta nel film stesso: gli Avengers infatti non possono nulla contro la Dimensione Oscura e le entità mistiche che la abitano. Per questo motivo gli stregoni guidati dall’Antico sono in un certo senso complementari ai Vendicatori. Stephen Strange è il migliore neurochirurgo al mondo, ma un incidente in macchina cambia la sua vita. Perde infatti la sensibilità nelle dita, fondamentale nel suo lavoro e per recuperare il pieno controllo delle mani raggiunge Kamar-Taj dove sarà introdotto all’uso della magia e al mondo delle dimensioni alternative.
La trama del film è lineare, ma presenta qualche tratto poco comprensibile per la troppa carne al fuoco che gli sceneggiatori hanno messo. Le scene in cui gli stregoni piegano le città a proprio piacimento sono di grande impatto visivo (ricordando molto quelle di Inception), ma sono spiegate in maniera altrettanto superficiale. Il film zoppica un po’ anche nella parte dell’addestramento del protagonista, non del tutto convincente con quel look molto simile a Christian Bale in Batman Begins. A parte questo Cumberbatch si dimostra un punto fermo, recitare la parte del “sapientino” gli riesce naturale (e dopo Sherlock vorrei anche vedere, ndr) e anche come stregone se la cava egregiamente.
Peccato che Cumberbatch non sia affiancato da un supporting cast all’altezza: Rachel McAdams è totalmente anonima, Chiwetel Ejiofor pecca di carisma per essere la spalla del protagonista, Tilda Swinton sembra non entrare mai completamente nel personaggio (chiave, per la storia) dell’Antico e Mads Mikkelsen risulta anch’esso assai poco convincente. L’unico ad uscirne positivamente è Benedict Wong, il custode della biblioteca di Kamar-Taj.
Degne di nota le due (perdonate il piccolo spoiler) scene durante e post titoli di coda. La prima contiene un simpatico siparietto che collega Doctor Strange agli Avengers. La seconda, decisamente più importante, rivela un plot twist sensazionale che spalanca le porte al secondo capitolo.