La realtà ispira la finzione, ma a volte la supera, benvenuti nel viaggio all’inferno di Dogman.
La periferia della Capitale è teatro di storie ai confini della realtà fin dai tempi degli antichi romani. Negli anni si sono avvicendate situazioni oltre la legalità, culminate negli anni della Banda della Magliana. La storia da cui prende ispirazione Dogman prende luogo proprio in quegli anni. Anni in cui la legalità sembra essere sospesa in un limbo, una Roma congelata nel tempo con figure dantesche che si aggirano per le strade. Il tempo della storia non viene specificato, ma le similituidini con la Roma der Freddo e der Dandi ci sono eccome.
Marcello è un piccolo uomo dal marcato accento calabrese. Trapiantato in questa Roma che inghiottisce tutto come un gorgo, svolge un onesto lavoro nella sua bottega di toelettatura. I cani sono il suo vero amore, al pari di sua figlia Alida. Marcello, però con a sua faccia che ne racconta la storia, non è un santo. Spaccia a tempo perso, ma è benvoluto nel quartiere, ha tanti amici. Tra i tanti “amici” c’è anche Simone, cocainomane invasato che tutti conoscono ed evitano. Ora, se questa fosse una commedia, saremmo di fronte a Stanlio e Olio, una perfetta coppia comica, Marcello, piccolo, logorroico ed amichevole e Simone, enorme, tenebroso e silente. In questa Roma, però, lo spazio per la commedia non c’è. Simone si nutre della vita di Marcello, lo trascina con sé nel baratro della dipendenza, della criminalità e Marcello è appagato nell’aiutare un amico.
Un rapporto simbiotico, ma a goderne è uno solo
Per chi conoscesse i fatti di cronaca del cosiddetto “Canaro” (uomo dei cani), la storia non è un mistero. Per tutti gli altri, vi lasceremo scoprire tramite la cronaca o il film gli avvenimenti che hanno visto queste due vite incrociarsi.
Nonostante questo, però, Matteo Garrone, regista di Dogman, è evidentemente poco interessato a raccontare la storia, ma a raccontare le persone. Negli anni in cui si è assuefatti al COSA, con linciaggi post-spoiler, avvertimenti, spoilerblocker e quant’altro, il regista romano fa scuola sul COME. Come raccontare una storia è importante tanto quanto la storia stessa ed infatti il regista de Il Racconto dei Racconti non ci nasconde fin da subito quale sarà lo snodo finale.
Per tutta la durata della pellicola sentiamo la catastrofe avvicinarsi. Un mulinello inesorabile, con una sola domanda nella testa, “Quando? Quando avverrà?”. Uno dei carismi di questa pellicola risiede, infatti, nello spettro che avvolge ogni cosa ed avvenimento. Un determinismo che muove gli astri sopra Roma e che la avvolge come fosse un’isola intrappolando tutti coloro che si bagnano nelle acque che la circondano, conducendo lo spettatore verso un viaggio di sola andata.
Lo stesso Marcello, inizialmente, è un uomo che nei suoi piccoli peccati rimane innocente nell’animo. Però il seme del male lo ha contagiato ed assistiamo ad un uomo disposto a sopportare, ma che perde lentamente la sua umanità. L’amore per sua figlia e per gli animali vengono corrotti e, probabilmente, non saranno mai gli stessi. L’unica cosa che rimane viva nel suo animo è quel tentativo, vano, di rimanere amico di tutti, dimostrando come, anche nelle situazioni disperate, Marcello non è un’isola.
Marcello è un personaggio scritto alla perfezione, reale ed umano. La sua umanità, però, la sentiamo scorrere da Marcello Fonte, attore che ha svestito i panni del teatrante per infilarsi in questa Roma. Il suo viso è marcatamente anti-cinematografico, irregolare e sproporzionato, ma l’attore grazie ad esso riesce ad esprimere una vera umanità, che scorre in ogni movimento. In alcune scene siamo certi di vedere Marcello Fonte che si limita ad essere se stesso. Un uomo reale, pieno di contraddizioni, ma che sentiamo vicinissimo. Fonte non ha nascosto mai le sue origini, nato in situazioni di difficoltà in Calabria e quello che ha detto durante l’accettazione della Palma d’Oro a Cannes rafforza la sua interpretazione.
Il commovente discorso di Marcello Fonte al Festival di Cannes
Dalle lamiere di una baracca agli applausi di Cannes: il bellissimo discorso di Marcello Fonte premiato come Miglior Attore Protagonista al Festival de Cannes per la sua performance in #Dogman.
Pubblicato da Moviesource.it su domenica 20 maggio 2018
Non spendere parole per Edoardo Pesce sarebbe un’ingiustizia. Simone, amico-antagonista di Marcello, è la classica figura che mettendosi in ombra fa risplendere gli altri. Infatti Simone è granitico, statuario, a tratti quasi muto, ma sempre inquietante ed imprevedibile. La fisicità del suo personaggio svolge un ruolo importante, ma è il viso di Edoardo Pesce che completa l’opera. Quello sguardo perso nel vuoto, quasi fosse un corpo morto, una statua.
I due protagonisti di Dogman sono circondati da alcune certezze dei caratteristi italiani, come Adamo Dionisi, noto ai più per Suburra, e Francesco Acquaroli, che svolgono egregiamente il loro compito, ritrovandosi comunque molto più in basso dei protagonisti.
Una scrittura che non ritaglia spazio per artifici linguistici lascia libero sfogo alla parlata comune, realizzando in pieno questa rievocazione sanguinaria. La tensione si respira sin dai primissimi attimi del film e con una crescita irregolare porta lo spettatore e vivere gli ultimi minuti del film quasi in apnea, raggiungendo infine il tanto agognato acme per poi spegnersi.
Dogman è un film che verrà ricordato.