Downsizing: vivere alla grande è il nuovo film di Alexander Payne, e vede attori del calibro di Matt Damon, Kristen Wiig e Christoph Waltz alle prese con una decisione che cambierà le loro vite e le sorti del nostro pianeta: possiamo davvero fare la differenza diventando alti 12 centimetri?
Con Downsizing: vivere alla grande Alexander Payne, già regista di pellicole pluripremiate come Nebraska e Paradiso Amaro, si lancia in una nuova impresa dalsapor tutto americano.
In un futuro non molto lontano, in cui le risorse del nostro mondo sono agli sgoccioli, uno scienziato svedese trova una soluzione unica per tutti i problemi che affliggono l’umanità. La sovrappopolazione, l’inquinamento, lo spreco delle risorse energetiche, tutto può essere risolto con un semplice “procedimento”: il Downsizing, o ridimensionamento, che consiste nella riduzione della massa corporea di una persona fino a farla diventare alta 12 centimetri.
Le possibilità sembrano infinite e in pochissimi anni cominciano a nascere le prime comunità per persone minuscole, metropoli in miniatura i cui residenti vivono una vita da re, avendo potuto convertire il loro normale reddito in una fortuna degna di un ereditiere.
Sembra l’opportunità perfetta per Paul Safranek (Matt Damon) e sua moglie Audrey (Kristen Wigg), una coppia dell’Omaha come tante, alle strette a causa della crisi, di ricominciare da capo e vivere una vita principesca.
Su certe decisioni però occorre spendere molto tempo, specie se il processo è irreversibile, e Paul sarà costretto ad avventurarsi oltre i suoi confini nella speranza di scoprire il suo scopo nel mondo.
Downsizing: quando cambi tutto, ma non cambia niente
In Downsizing: vivere alla grande, Alexander Payne rimane fedele a se stesso. Il suo nuovo ritratto della società americana, trattato in modo satirico, mantiene quella traccia di humor nero che ha reso questo regista tanto amato.
Perché cos’è il personaggio di Paul, se non un uomo come tanti altri? È una domanda che il protagonista si pone durante tutto il film: “Chi sono io? E qual è il mio scopo nel mondo?”
Payne ci mostra come spesso il nostro più grande nemico siamo noi stessi, come la nostra pigrizia ci ferma dal fare la differenza, ma lo fa con tale leggerezza che l’idea non attecchisce immediatamente durante la visione del film, ma solo dopo, e lentamente.
Nel film, la miniaturizzazione, il ridimensionamento sembrano essere la risposta a tutto. A Leisureland, la mini-metropoli in cui vivono i protagonisti del film, tutto sembra magnifico, un nuovo mondo ricco di opportunità incredibili, ma non è così. Il ridimensionamento non ha eliminato le ingiustizie, la povertà, la malattia e tutti i problemi della nostra società, li ha solo rimpiccioliti, e siamo sempre noi che ci rifiutiamo di vederli.
Ci convinciamo, come il personaggio di Matt Damon, che noi da soli non bastiamo, che non siamo capaci di fare la differenza, e invece di provare, decidiamo spesso di lasciarci semplicemente andare, convinti che c’è sicuramente qualcuno di più adatto che può cambiare il mondo.
Qualcuno come Gong Jiang (Hong Chau), l’ex attivista vietnamita che il destino a portato da tutt’altra parte e che invece ci dimostra come sia possibile fare la differenza anche con i piccoli gesti.
Downsizing: alla fine cosa ci resta?
Forse la pecca di questo film è proprio questa, una volta usciti dalla sala non si è ben capaci di capire cosa il film ci ha lasciato.
Downsizing: vivere alla grande è piacevole, ma non divertente, pensa al futuro ma non è vera e propria fantascienza. Si ha la sensazione che Payne abbia cercato di inserire un po’ troppe tematiche, a partire dall’inizio fantascientifico sul destino della nostra specie, per poi passare ad una tiepida satira, e ancora a una parentesi sulle disuguaglianze sociali, il tutto condito da una storia d’amore che non ha niente di nuovo.
Anche l’interpretazione di Matt Damon è ben lontana dai tempi di The Martian, in questo ruolo patetico, a detta degli stessi personaggi del film, di un uomo qualunque.
Stupisce positivamente Hong Chau, nota per il suo ruolo nella serie Big Little Lies, che nel film interpreta Gong Jiang, un’attivista vietnamita che è stata sottoposta al ridimensionamento a causa delle sue proteste, e che probabilmente è uno dei personaggi più spassosi del film anche se di certo non il più politically correct. Lei e Dušan Mirkovic, interpretato da Christopher Waltz, tra battute di dubbio gusto e stereotipi, saranno gli unici in grado a far vedere al protagonista quale davvero sia la sua strada.