Per Roman J. Israel (Denzel Washington) il nuovo millennio non è mai arrivato. Anzi, tale è la sua alienazione dalla modernità che, per le prime due o tre scene in sua compagnia, lo spettatore di End of Justice: Nessuno è Innocente si domanderà senza dubbio se il film in effetti sia ambientato negli anni ’70. E invece siamo ai nostri giorni a Los Angeles, California, la città degli angeli dove Roman è un ormai attempato uomo di legge, partner in un piccolo studio legale che si occupa di diritto penale. Da persona di colore di una certa età, la sua casa è cosparsa di memorabilia dei tempi che furono, testimonianze di anni di battaglie razziali, conquiste e musica jazz. Una vita di routine, passata nell’ombra: un genio nel ricordare leggi, date e trovare cavilli, meno adatto e pronto per la vita di tribunale, quella grava tutta sulle spalle del “Bulldog”, il professor William Jackson, principe del foro ed eroe della brava gente. Una prevedibile esistenza sconvolta da un infarto: Jackson si ritrova ricoverato in ospedale in fin di vita e il mondo di Roman si sgretola davanti ai suoi occhi.
Lo studio legale infatti si dimostra non in grande salute finanziaria, arretrato e in perdita, e l’inevitabile decisione della famiglia del Bulldog non tarda ad arrivare: è tempo di chiudere i battenti. Israel vede così il suo mondo finire, incapace di adattarsi al cambiamento a causa del suo carattere anacronistico o di reinventarsi a una così veneranda età. Le sue capacità mentali però sono fuori dal comune e ad accorgersene è paradossalmente proprio George Pierce (Colin Farrell), l’uomo chiamato a svolgere le pratiche di chiusura dell’ufficio, il quale – dopo aver superato le iniziali reticenze del collega – gli offre un lavoro nel suo modernissimo studio. Inutile dirvi che la natura del capelluto avvocato lo porterà verso un intricato cammino fatto di fallimenti, crimini e avvenimenti che in qualche modo intaccheranno la sua corazza, prima di un abbastanza scontato finale.
One Man Show
Il film si regge chiaramente sulla prestazione attoriale di Washington (valsagli l’ennesima nomination agli Oscar), come al solito eccelso e versatile in un ruolo così sui generis soprattutto per il genere drammatico, tuttavia offre poco altro allo spettatore. L’intreccio non è necessariamente mal scritto o noioso, ma scade nell’anonimato dopo i primi, intriganti, minuti. Non aiuta il fatto che il supporting cast non si dimostri all’altezza del protagonista; la delusione più cocente è sicuramente la performance di Farrell, non supportato certo dal personaggio scritturato in maniera davvero dimenticabile.
La storia narrata da Dan Gilroy offre a Roman J. Israel un arco narrativo e un’evoluzione notevole, decisamente il punto più alto di tutto il film. In End of Justice: Nessuno è Innocente è sottinteso anche un messaggio politico e razziale decisamente trito che non riesce a innalzare la qualità del pacchetto, anzi, sembra inserito un po’ forzatamente.
Nessuno è Colpevole e probabilmente “Nessuno è interessato”
End of Justice non è un prodotto terribile, magari solo leggermente prolisso, ma più di tutto manca di un’identità. Gli attori ci sono, la regia pure (Dan Gilroy aveva comunque stupito di più nel suo esordio con Lo Sciacallo qualche anno fa) e buoni valori di produzione. Sfortunatamente però la pellicola manca di mordente, di una vera ragione di esistere al giorno d’oggi: pare un drama uscito dagli anni ’90, un polpettone sul mondo della giurisprudenza che non ci stupisce abbia sia poco impressionato al festival di Toronto – al termine del quale ha necessitato inoltre di un lavoro di editing da parte del regista che ne ha tagliato 12 minuti di durata – sia clamorosamente floppato al box office americano.