Avete mai provato una Escape Room? Se non lo avete mai fatto e avete almeno un po’ di passione per i videogiochi, l’avventura, i misteri o semplicemente i puzzle (anche il sudoku, perché no?) è un’esperienza che vi consigliamo davvero, da vivere con alcuni amici fidati. Si tratta di stanze a tema con rompicapo e enigmi da risolvere, solitamente regolate da un timer per la loro risoluzione, le quali si sono diffuse dal Giappone alla fine degli anni 2000 e arrivate anche da noi negli ultimi tre/quattro anni, trovando numerosi proseliti anche nel Bel Paese. Dal regista del quarto episodio della serie Insidious (L’ultima chiave) Adam Robitel, la divertente o al massimo tesa esperienza della Escape Room viene tramutata da Columbia & Sony Pictures in un film horror parecchio inventivo ma al tempo stesso sbadato.
Dopo il buonissimo successo di pubblico (119M di dollari guadagnati) ottenuto in suolo natio, Escape Room arriva in Italia, pronto a spaventarci – o quantomeno metterci ansia – in stile Saw, quando un gruppo di personaggi apparentemente slegati tra loro si ritrova ad affrontare una serie di sfide dalla crescente difficoltà nella sede di una strana società. La posta in gioco è allettante: ognuno di loro ha ricevuto un misterioso invito da una persona conosciuta per partecipare, con in palio ben 10.000$ per chi ne uscirà per primo. Scopriranno presto che quegli apparentemente innocui enigmi nascondono un lato davvero sinistro…
Una sgangherata banda di risolvi rompicapo
Certo, alla mente vengono subito le similitudini con uno dei brand che ha fatto la storia degli horror moderni come Saw (a proposito, lo sapevate che proprio recentemente è stata aperta una Escape Room a suo tema?), ma per i più videogiocatori tra di voi, il film ci ha ricordato la serie dei Nonary Games (999, Virtue’s Last Reward e Zero Time Dilemma), dove anche in quel caso un gruppetto di sfortunati si ritrovava a dover evadere da stranissime prigioni piene di intricati marchingegni e una mente diabolica a comandare il tutto da dietro le quinte.
Il cast di Escape Room è messo abbastanza in secondo piano rispetto alle vicende del film, con i soli volti riconoscibili ai più da trovare nei personaggi femminili interpretati da quella Deborah Ann Woll famosa per Dare Devil e da Taylor Russell, già vista in Lost in Space e Falling Skies. Nonostante ciò, una delle migliori caratteristiche della produzione Columbia è quella di aver messo in scena una brigata composta da persone profonde e con storie da raccontare, personaggi che nell’ora e mezza circa di durata mettono in scena le loro forze e debolezze, collaborando insieme per sfuggire al pericolo, fino a raggiungere un sorprendente finale che abbiamo davvero apprezzato.
Bella idea, ma manca qualcosa
Siamo di fronte poi a un film più che discreto da vedere in termini di effetti, dotato di un’ottima identità visiva e artistica nelle scenografie, buona fotografia e con un concept moderno dal grandissimo potenziale. Dove Robitel fallisce però è proprio dove lo attendevamo al varco: nella genialità degli enigmi e soprattutto in un senso di tensione (perché non parliamo di vera e propria paura) poco palpabile. Fare un film sulle Escape Room dove la maggior parte dei puzzle sono elementari e basati sui numeri è un po’ deludente. Certo, bisogna considerare il budget risicato (9 milioni di dollari sono proprio pochi), ma è proprio negli elementi artistici più slegati dai soldi che siamo più rimasti delusi, nello script, nei dialoghi e nella trama.
Escape Room segue più o meno lo stesso tragitto di Obbligo e Verità (qui la nostra recensione della scorsa estate), per il suo essere un film horror dal budget risicato ma dai buoni valori di produzione, contraddistinto da un andamento generalmente insufficiente ma salvato da un buon finale e dalla sua “onestà” intellettuale, riconoscendo i suoi limiti e non cercando di strafare. Il verdetto? Non un film che ricorderemo negli anni, ma un appena decente passatempo domenicale per coppie in cerca di un po’ di intimità e di qualche spavento.