Nate Parker ha presentato una storia carica di sentimento, rabbia e desiderio di riscatto all’undicesima Festa del Cinema di Roma, riscontrando un discreto, quanto meritato, successo.
Il film racconta la vera storia della rivolta degli schiavi nella contea di Southampton in Virginia nel 1831; una storia che non si vergogna di tirare in ballo tematiche scottanti e che purtroppo, sotto il punto di vita morale, sembrano riscontrarsi nei lati più oscuri dell’attualità statunitense.
Il predicatore
Nat Turner (Nate Parker) è un ragazzo nato in schiavitù. Cresciuto dalla madre e la nonna, il ragazzo sembra avere un’innata attitudine per la lettura, tanto che la moglie del padrone si offre di insegnargli a leggere e declamare “il miglior libro mai scritto”.
Ben presto però dovrà abbandonare gli studi perché secondo il padrone della tenuta è più utile nei campi di cotone.
Nat cresce lavorando nei campi ma non dimentica gli insegnamenti acquisiti studiano la Bibbia, insegnamenti che impartisce anche agli altri schiavi della tenuta, diventando il loro predicatore.
Il nuovo padrone della tenuta è più tollerante di suo padre, ed ha un buon rapporto con i suoi schiavi, specie con Nat, con il quale giocava da bambino.
Egli non obietta riguardo al fatto che i suoi schiavi abbiamo un insegnamento religioso, e col tempo troverà nelle capacità oratorie di Nat una risorsa dalla quale può anche ricavare un profitto.
Nat diventerà infatti il primo “sacerdote nero” che dirà la messa a tutti gli schiavi delle tenute della zona.
Una guida
Il protagonista si troverà sempre più spesso a fare i conti con la disumanità con la quale vengono trattati gli schiavi. L’angoscia che lo pervade si riscontrerà nei suoi sogni, che hanno una grande valenza simbolica nel film e che regalano una nota surreale giocando con colori e contrasti.
Ottime le interpretazioni degli attori – tra i quali troviamo Armie Hammer, Aja Naomi King, Jackie Earle Haley, Penelope Ann Miller, Gabrielle Union, Aunjaune Ellis – prima a tutti quella dell’attore-regista Nate Parker nel ruolo del protagonista. Dal volto di Nat possiamo percepire l’angoscia, la delusione, la disperazione e la rabbia furente, tanto da far venire una stretta allo stomaco.
Una particolare predica fatta ai suoi fedeli segnerà una parte chiave che dimostrerà la consapevolezza che il protagonista può fare molto con le sue parole, anche guidare un popolo.
Un uomo libero
La libertà è l’idea luminosa che spicca nell’oscurità della condizione degli schiavi. Nate è sempre stato un uomo libero perché ha sempre pensato con la sua testa, si è sempre considerato un essere umano e non uno strumento delle mani di altri.
L’audacia del regista traspare in ogni scena: non si cura molto del fatto di creare un eroe senza macchia ma un eroe umano, con sentimenti e capace di fare cose che non avrebbe mai fatto se non fosse stato portato all’esasperazione. In questo film si trascende il concetto di giusto o sbagliato ma gioca sul labile concetto di giustizia nel senso più crudo e provocatorio del termine.
La scene d’azione sono incalzanti, ben montate tra loro, anche se a volte si ricorre in alcuni espedienti visti e rivisti anche in diversi film d’azione. Tuttavia niente che faccia scadere il film di qualità.
La colonna sonora è oltremodo poetica, che si contrappone alla brutalità delle vicende.
La storia è d’impatto, la narrazione gioca con la provocazione – lo si vede già dal titolo – come anche molte scene cariche di simbolismo.
The Birth of a Nation racconta l’esasperazione di un popolo oppresso, della volontà di far sentire la propria voce e soprattutto del diritto sacrosanto di libertà.