L’implacabile (Paul Michael Glaser, 1987)
Uno degli esperimenti narrativi che Stephen King ha pubblicato con lo pseudonimo di Richard Bachman è il visionario L’uomo in fuga, scritto dall’autore nell’arco di 72 ore e trasposto sul grande schermo ne L’implacabile, con protagonista Arnold Schwarzenegger. Anche se il film disperde parte della carica distopica e angosciante del romanzo in favore di un’azione e di una leggerezza più congeniali al proprio protagonista, visto oggi appare come un’opera decisamente inquietante e per certi versi premonitrice. Ci troviamo infatti nell’America del 2017, con l’economia globale al collasso e le risorse alimentari sempre più scarse.
Un regime totalitario è salito al potere con una strategia che ricorda da vicino le odierne fake news e tiene la popolazione imbonita con un agghiacciante reality show (vi ricorda qualcosa?), durante il quale dei carcerati vengono sottoposti in diretta televisiva a durissime prove di sopravvivenza, comprendenti la fuga da killer professionisti pagati per ucciderli. Se i concorrenti riusciranno a sopravvivere, verranno premiati con la libertà. Soprassedendo sul clima da B-movie (fra tutine sgargianti, personaggi caricaturali e imbarazzanti scenografie ed effetti sonori si sfiora più volte il ridicolo involontario), L’implacabile è paradossalmente un film più importante oggi che nel momento della sua uscita, capace di fare riflettere, anche se in modo rozzo e sgraziato, sul potere dei mass media nella manipolazione dell’opinione pubblica.