Il 6 agosto è arrivato nelle sale italiane Galveston, presentato al South By Southwest il 10 marzo 2018. Il film, tratto dall’omonimo romanzo del padre di True Detective, Nic Pizzolatto, ha preso vita sul grande schermo grazie alla regia di Mélanie Laurent, l’attrice francese al debutto dietro la macchina da presa. Nei panni dei due tormentati protagonisti, i viscerali Elle Fanning e Ben Foster.
All’ombra del sogno americano, brutalità e polvere
Il malavitoso Roy (Foster) e la giovanissima prostituta Rocky (Fanning) si trovano a percorrere l’America di bettole e motel dopo che il destino li ha fatti incontrare in maniera rocambolesca. Infatti Roy è il tirapiedi di un gangster di New Orleans, che sfugge per il rotto della cuffia all’agguato tesogli dal proprio clan allo scopo di ucciderlo. La fuga riesce ma l’uomo è costretto a portare con sé Rocky, recuperata nel covo dei sicari che avrebbero dovuto assassinarlo. Alla strana coppia si aggiunge una bambina, Tiffany, che Rocky recupera dalla grinfie del proprio patrigno per condurla fuori dal degrado paludoso di Orange, verso una vita migliore. Il viaggio dà inizio all’incontro di due profonde solitudini, frutto di vite segnate dalla violenza e dai rimpianti. Nic Pizzolatto ci conduce nuovamente oltre i sordidi confini del sogno americano, nei luoghi depressi e dimenticati in cui le promesse non vengono neppure elargite e l’unica strada da percorrere è quella che porta lontano.
In fuga dal passato, in fuga da se stessi
La storia di Roy e Rocky traballa sull’esile filo della speranza, teso in mezzo alla disillusione. La chimica tra i due protagonisti è sicuramente il maggior pregio di Galveston. Elle Fanning riesce a dare un’ulteriore prova del suo indiscusso talento nei panni della fragile ma risoluta ragazzina piena di oscuri segreti, affamata di affetto e protezione, che si getta via con noncuranza pur di provvedere a Tiffany ma che riesce ancora a scorgere in Roy la possibilità di recuperare ciò che le è stato strappato via. Allo stesso tempo il criminale, consapevole di avere un destino segnato, fa dell’assicurare il benessere delle due ragazze la sua missione, conscio del fatto che nella loro salvezza sta l’ultima possibilità di redenzione, di lasciarsi alle spalle qualcosa di vivo tra tante possibilità sprecate. Il male di vivere è esaltato dalla fotografia fatta di contrasti cromatici, dalla regia di Mélanie Laurent che sa farsi fredda e violenta quanto tenera e agrodolce mentre scivola sull’autostrada, tra locali fumosi, spiagge assolate, stanze dai muri schizzati di sangue e romantici tramonti. Il racconto è crudo, privo di grandi sorprese ma onesto, scevro di eroismi e orpelli, che non fa nulla per rendersi avvincente o esaltante.
Divergenze narrative e potenziale sprecato
Sulla locandina di Galveston non troverete il nome di Nic Pizzolatto, ma lo pseudonimo Jim Hammett. All’origine della decisione di allontanare il proprio nome dal progetto ci sarebbero delle divergenze con la regista, ma non è dato sapere cosa sia andato storto nel passaggio dalle pagine al grande schermo. La storia è intensa, gli attori in parte, il tocco di Laurent affascinante, eppure guardando il film si ha la sensazione che manchi qualcosa. Nel ritmo serrato con cui procede la narrazione si intrecciano senza mai farsi conoscere appieno molti mondi, presentati quel tanto che basta a delineare le vicende dei protagonisti ma che restano nebulosi.
C’è un po’ di criminalità, un po’ di povertà, un po’ di famiglia disfunzionale, un po’ di viaggio, e nessuno di questi elementi consente di inquadrare chiaramente il film. Galveston ha del potenziale ma resta sfocato nel mare magnum delle tematiche di cui si compone, finendo per tradire una certa indecisione nelle intenzioni di regia e scrittura. A tutto discapito di momenti che avrebbero meritato maggiore peso, come il finale, che finisce per perdere tutta la forza e l’incisività che date le premesse avrebbero dovuto abbattersi sullo spettatore. La trasposizione di un’opera letteraria è sempre complicata, piegare le possibilità offerte dal libro ai tempi del cinema necessita di scelte nette che qui sono mancate. Pur essendo nel complesso un lavoro godibile, il film non supera appieno la prova.