Attenzione: Spoiler alert!
Quello di Guillermo del Toro è un nome che fa saltare sulla sedia il mondo nerd da anni. Adesso, però, qualcosa sembra essere cambiato e le 13 nominations agli Oscar confermano il trend che lo porta ad essere un regista sempre più trasversale.
Si dice che ogni regista possa essere riconosciuto da una singola inquadratura di un suo film. Se noi andassimo a cercare del Toro in un suo frame cosa ci aspetteremmo?
Probabilmente molto colore, una cura per la luce nella scena, e… Mostri. Proprio così, mostri. Non il classico biglietto da visita vero?
I film di Guillermo del Toro si configurano come delle fiabe adulte, cresciute, che si sono lasciate alle spalle quel livello di illusione relativa al mondo e a chi lo abita. Incontreremo personaggi buoni, personaggi molto ambigui e personaggi cattivissimi. Raramente però i cattivi sono tali per il gusto di esserlo.
Kalokagathìa è una parola greca composta da due aggettivi, bello e buono. In greco rappresentava il confronto tra bello-valoroso e brutto-cattivo. Nella concezione epica greca, quindi, la bellezza era sempre associata ad un ideale positivo, inteso come “valore in battaglia”, e non alla bellezza fisica.
Brutti e sporchi, ma non necessariamente cattivi
Nella poetica di Guillermo Del Toro però, i personaggi nascono in maniera platonica. I personaggi fluttuano in un limbo di incomprensibilità. Platone li avrebbe posti nella “chora”, uno stato in cui le cose sono indecifrabili. Questo è quello che fa anche Del Toro con i suoi personaggi. Nonostante il loro aspetto possa suggerirci questa o quella intenzione, difficilmente arriveremo alla comprensione di uno dei personaggi ad un primo sguardo.
Hellboy è un reietto, che nasce per distruggere il mondo. Il suo aspetto lo costringe a nascondersi, perché potrebbe trasmettere il messaggio sbagliato, ma lui, di indole buona, ma con metodi non propriamente ortodossi, si mette in gioco per salvaguardare l’umanità. Quella stessa umanità che non accetta il suo aspetto fisico.
Questa ambiguità viene messa anche in evidenza dal Fauno de Il Labirinto del Fauno, film che ha spiegato al mondo chi è Guillermo del Toro. Il Fauno si presenta come una creatura sgradevole. Dall’aspetto vagamente inquietante, con grandi occhi chiari, corna ricurve e braccia molto lunghe.
Ofelia, la piccola protagonista, fa la conoscenza del fauno molto presto nel film e questo si presenta come una figura ambigua. Mosso da quelle che sembrano buone intenzioni, mette comunque a repentaglio la salute di Ofelia e la pone di fronte a sfide oltre la sua portata. Del Toro con il Fauno crea un mentore non ortodosso. Un aiutante che mette lo scopo al di sopra dei mezzi.
L’aspetto fisico del Fauno fa da contraltare ad un altro personaggio del Labirinto del Fauno, L’Uomo Pallido. Nonostante fossero interpretati dallo stesso attore, Doug Jones, ci troviamo di fronte a creature opposte. Il Fauno sembra un caro amico se messo a confronto con quest’essere flaccido, biancastro e con un sinistro sguardo “palmare”.
Nello stesso film abbiamo quindi un essere molto negativo ed un essere tendenzialmente positivo, nessuno dei due è di bell’aspetto. L’Uomo Pallido vince la competizione, ma il Fauno sa essere inquietante senza grande sforzo, la sua stazza imponente aiuta nel compito.
Un ultimo esempio può essere il principe Nuada, da Hellboy: The Golden Army. Lunghi capelli biondissimi, fisico statuario, ma mosso da sentimenti di odio e rancore, seppur giustificati nella sua morale, nei confronti degli esseri umani, rei di aver contaminato il mondo. Nuada cerca di risvegliare l’armata d’Oro per spazzare via, una volta per tutte, l’umanità. Un principe bello e dannato, un anti-eroe molto classico.
Indecifrabili creature portatrici di un messaggio
Da sempre affascinato dai mostri, Guillermo Del Toro, carica, per sua stessa ammissione, le sue creature di un messaggio. Cerca di capire cosa loro provano e poi ne esalta questa o queste caratteristiche per renderle più evidenti. Attraverso una maniacale cura per ogni aspetto dei personaggi, difficilmente questi risulteranno banali.
Crimson Peak, penultima fatica del regista messicano, è un altro altare per le sue creature. Nel film, c’è l’esempio più grande di come i mostri, per lui, non siano solo creature, ma veri e propri punti focali del film.
Il film si svolge su una cava di argilla rossa, nella quale sono stati seppelliti dei corpi. Ogni qualvolta noi vediamo un corpo rosso, sappiamo, per stessa ammissione di Del Toro, che questo è legato al mondo al mondo degli spettri. E questi corpi ci portano man mano più indizi per giungere infine alla soluzione del mistero. E, proprio come la casa stessa, che sembra sanguinare argilla, tutto è collegato a dei drammatici eventi.
Con l’uscita di The Shape of Water, Guillermo Del Toro non sembra volersi smentire. Pronto a caricare di pathos la storia di una creatura che ricorda Il Mostro della Laguna Nera. La storia di un amore impossibile per tutti, ma non per il nostro nerd messicano preferito.
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