Il 24 settembre farà il suo ingresso nelle sale cinematografiche Il giorno sbagliato, un thriller scritto da Carl Ellsworth e diretto da Derrick Borte con un cattivissimo Russel Crowe. Ambientato per le strade di New Orleans, il film corre sulla falsariga di Un giorno di ordinaria follia del compianto Joel Schumacher e di Duel, lotta stradale all’ultimo sangue diretta da Steven Spielberg. Qui però l’inseguitore è Tom Cooper (Crowe), fresco assassino a sangue freddo che si mette sulle tracce di Rachel Hunter (Caren Pistorius) e della sua famiglia.
Il giorno sbagliato, sbagliatissimo
Calarsi nel contesto del film è facile. Immaginate un giorno qualunque in mezzo alla settimana, la sveglia non ha suonato, farete tardi al lavoro, il telefono continua a squillare per complicarvi la vita mentre restate imbottigliati in un traffico cittadino di cui non si vede la fine e a ostacolarvi ci si mette pure il semaforo rosso. Finalmente scatta il verde ma l’auto davanti a voi resta ferma. Bene, Il giorno sbagliato mostra le nefaste e inaspettate conseguenze che si verificano se il tizio a cui state rivolgendo i vostri improperi a colpi di clacson non è il tipico vecchietto a cui la motorizzazione si ostina – contro ogni buon senso – a rinnovare la patente, ma un arrabbiatissimo Russel Crowe. Che, disgraziatamente, ha avuto una giornata ben peggiore della vostra. Questo è quello che succede a Rachel Hunter mentre, dopo essere stata nuovamente delusa dall’ex marito e licenziata su due piedi per telefono, cerca di accompagnare il figlio Kyle (Gabriel Bateman) a scuola.
Houston, abbiamo un problema
Il film vuole riflettere sulla piega sempre più violenta che sta prendendo la società americana, e più in generale contemporanea, che offre sempre più spesso episodi di inutile e sproporzionata ferocia. Una situazione che a quanto pare colpisce la sensibilità dei cineasti statunitensi, leggere la voce Joker. In un mondo nevrotico e sempre meno empatico si assiste a una svalutazione della vita umana che il regista ci mette davanti agli occhi all’inizio del film, quando scorrono stralci di servizi giornalistici di cronaca nera. Tom Cooper è chiamato a incarnare questo problema sociale e a rivelarne la gravità un omicidio dopo l’altro. Russel Crowe nei panni di un Massimo Decimo Meridio che non ha intenzione di aspettare la prossima vita per avere la sua vendetta convince, mentre investe, sperona e trafigge con un impeto del tutto incomprensibile. Non manca però anche una certa identificazione fra vittima e carnefice. Sia Tom che Rachel sono stati messi in ginocchio da un divorzio che sembra aver distrutto le loro vite. Non che Crowe e il regista scelgano la strada della comprensione: il villain è spietato, in preda di una rabbia viscerale, che rompe con il tipo di antagonista ironico e freddo che sembra piacere tanto a Hollywood e dintorni. Tom Cooper è un mostro furioso e assetato di sangue, il cui movente è futile rispetto alle efferatezze commesse.
C’eravamo quasi
Le premesse per un thriller intrigante c’erano tutte, ma si sono perse in una narrazione dal meccanismo fin troppo prevedibile. Il ritmo sostenuto, la claustrofobia dell’abitacolo dell’auto, le riuscite scene di inseguimento stradale si perdono nelle trite dinamiche del revenge movie. L’assenza di legame tra assassino e vittime è un altro fattore di originalità. Infatti l’idea iniziale di far scatenare una tale violenza da un estraneo è perfetta per rendere l’idea di insicurezza, per riflettere sul fatto che nel mondo di oggi il potenziale pericolo può incontrarsi a scuola, al supermercato, nell’auto di fronte. L’idea di precarietà e ostilità dell’ambiente sono esaltate da una New Orleans fredda e inquadrata di sfuggita, mentre sfrecciamo in mezzo al traffico ignorando segnali di stop. Neppure il finale si discosta da questa idea, continuando a sottolineare quanto non sia sicuro esporsi, di come il prossimo sia totalmente inaffidabile e nessun luogo sia sicuro. Peccato per l’azione che si consuma fuori dalla strada, tipica del più classico dei thriller, costellata di tentati colpi di scena in realtà telefonatissimi. L’interesse comunque si mantiene complessivamente vivo, grazie al ritmo serrato e alla bravura dei protagonisti.