Un complicato ritorno alla regia per Sean Penn dopo il trionfo di Into the Wild, con Il tuo ultimo sguardo (The Last face).
Un ritorno che doveva essere in grande stile, con un tema molto importante e sensibile da trattare, con un cast eccellente che vanta due attori protagonisti (Javier Bardem e Charlize Theron, rispettivamente Miguel Leon e Wren Peterson) fra i migliori nel panorama attoriale del momento e un soggetto che non era tra i più originali ma che poteva comunque diventare interessante.
Tutte premesse eccellenti che però non hanno trovato riscontro nel prodotto finale.
Punto focale de Il tuo ultimo sguardo dovrebbe essere la storia d’amore tra un dottore impegnato in missioni umanitarie e una dottoressa che dirige una ONG. A fare da sfondo a questa travagliata relazione l’Africa martoriata da continui conflitti civili e guerre. In realtà la storia d’amore è talmente scontata e banale, per contenuti e svolgimento, che è più lei a fare da contorno a quello che risulta quasi come un reportage di guerra, con scene estremamente crude e brutali che spesso vedono protagonisti ragazzini e bambini.
Il regista eccede nei virtuosismi, il suo contributo spesso appare più come un esercizio di stile nello sperimentare inquadrature e messe a fuoco dubbie (a cui forse è meglio non voler dare un significato perché quello che viene subito in mente sfiora veramente la banalità più scontata) che un voler raccontare la storia nel modo più efficace. È proprio questo il problema principale del film: non è chiaro su cosa si voglia dirottare l’attenzione dello spettatore, se sull’aspetto umanitario e sensibilizzante o sulla (melensa) storia d’amore. Così si finisce per non sentirsi realmente coinvolti né da l’uno né dall’altra.
Le intenzioni comunque erano buone, bisogna darne atto. È sempre apprezzabile l’avere il coraggio di osare trattando temi così drammatici in un modo così duro, impietoso e senza veli. Sono temi di cui è sempre importante parlare. Ma questo non basta a fare un bel film. Il confronto con eccellenti predecessori viene spontaneo, uno su tutti The Constant Gardener con la splendida Rachel Weisz, in cui gli ingredienti erano più o meno gli stessi, ma sviluppati in modo magistrale.
Anche a livello di cast, al di là delle interpretazioni perfette della Theron e di Bardem, che da soli reggono su l’intera baracca, il resto del cast è del tutto sprecato, si pensi anche solo al grande Jean Reno, relegato a un personaggio che dirà sì e no due battute, una delle quali è una massima scontatissima sull’amore, degna dei Baci Perugina.
Non mancano comunque picchi, in genere concomitanti a scene ad alta tensione emotiva che sono orchestrati in modo da tenere lo spettatore letteralmente incollato alla sedia. Allo stesso modo si articolano le scene più drammatiche che riescono a smuovere qualcosa nel profondo, nuovamente grazie soprattutto alla magistrale interpretazione dei due protagonisti.
Infine il messaggio del film: l’amore che fin dalle didascalie che aprono il film viene definito impossibile, lo è solo per la visione diametralmente opposta su come affrontare le emergenze umanitarie dei due amanti. Secondo Wren è necessario agire ad alti livelli per ottenere l’attenzione dei poteri forti, secondo Miguel, invece, questo modus operandi è inutile e l’unico vero contributo è quello che si può dare sul campo, salvando ogni singola vita alla volta. Visione opposte ok, ma volte allo stesso nobile obiettivo: aiutare il prossimo. E basta questo a definire un amore impossibile? Se Romeo e Giulietta hanno fatto un minimo di scuola, direi proprio di no.