In un periodo particolarmente florido per gli appassionati delle trasposizioni cinematografiche delle opere di Stephen King (fra gli adattamenti più recenti citiamo La torre nera, Il gioco di Gerald e La nebbia), a 27 anni di distanza da un non certo irreprensibile adattamento televisivo arriva al cinema l’attesissimo It, tratto da uno dei romanzi più celebri e amati del Re. La regia è stata affidata ad Andrés Muschietti (La madre), mentre a interpretare i giovanissimi membri del celeberrimo Club dei Perdenti sono stati chiamati Jaeden Lieberher, Jeremy Ray, Sophia Lillis, Finn Wolfhard, Jack Dylan Grazer, Chosen Jacobs e Wyatt Oleff. L’arduo compito di dare corpo e volto all’iconico clown Pennywise, dopo l’ottima prova di Tim Curry nella miniserie televisiva del 1990, è stato invece assegnato allo svedese Bill Skarsgård, noto principalmente per il suo ruolo in Hemlock Grove.
It ha goduto di un budget di circa 35 milioni di dollari, e nonostante il divieto ai minori negli Stati Uniti e in molte altre nazioni del mondo, ha già incassato più di 600 milioni di dollari al botteghino, diventando così la pellicola dell’orrore con il più alto incasso di sempre. A questa prima parte, incentrata sui membri del Club dei Perdenti da bambini, farà seguito un secondo capitolo sul ritorno dei personaggi a Derry da adulti, già pianificato per il 6 settembre 2019.
It: Il Club dei Perdenti contro Pennywise
Nell’ottobre del 1988 della piccola cittadina di Derry, il piccolo Georgie Denbrough, sceso a giocare in strada sotto la pioggia con una barchetta di carta costruita per lui dal fratello Bill, viene prima adescato e poi letteralmente divorato da una terribile entità maligna, che gli si presenta sotto forma del clown Pennywise (Bill Skarsgård). Alcuni mesi dopo, Bill Denbrough (Jaeden Lieberher) forma insieme agli amici Richie Tozier (Finn Wolfhard), Eddie Kaspbrak (Jack Dylan Grazer) e Stanley Uris (Wyatt Oleff), all’emarginata e vessata Beverly Marsh (Sophia Lillis), al grassottello Ben Hanscom (Jeremy Ray Taylor) e al conoscente Mike Hanlon (Chosen Jacobs) il cosiddetto Club dei Perdenti, in perenne contrasto con la banda dei bulli locali guidata da Henry Bowers (Nicholas Hamilton).
Mentre fanno fronte comune contro i propri oppressori e si cimentano nella ricerca del corpo del povero Georgie, i ragazzi scoprono di avere in comune anche il fatto di essere oggetto delle attenzioni di Pennywise, che li affligge e attacca presentandosi in diverse forme. Facendo ricerche, i ragazzi scoprono anche questa entità esiste da tempo immemore, e si risveglia per fare strage di bambini più o meno ogni 27 anni. Il Club dei Perdenti decide così di dare la caccia a It per eliminarlo definitivamente.
It: una furba e fedele trasposizione del romanzo di Stephen King
Fin dalla prima scena, fedele e terrorizzante trasposizione del crudele incipit del romanzo di King, emerge l‘alto livello di aderenza di questo It con l’opera letteraria originale, a cui il regista Andrés Muschietti si attiene scrupolosamente per lunghi tratti, prendendosi però coraggiosamente la briga di commettere anche qualche piccolo ma necessario tradimento. Un’operazione resa estremamente difficile dall’impossibilità di trasporre in poco più di 2 ore di pellicola il vasto universo di azioni, emozioni e paure creato da King e dal precedente negativo della miniserie del 1990, capace all’epoca di scavarsi un solco indelebile nell’immaginario collettivo, ma che oggi appare come un prodotto povero, raffazzonato e invecchiato decisamente male.
Cavalcando la moda oggi imperante del revival anni ’80, Muschietti trasporta questa prima parte della storia dalla fine degli anni ’50 ai favolosi eighties, trovando così terreno fertile per piccoli omaggi e nostalgiche riproposizioni di atmosfere che hanno permanentemente segnato la crescita di tantissimi appassionati cinefili odierni. Una scelta intelligente e decisamente furba, che nonostante l’ottimo impianto scenico e narrativo a tratti procura la sgradevole sensazione di trovarsi davanti a un film confezionato su misura a partire da caposaldi dell’epoca (Stand by Me e I Goonies su tutti) e da odierni prodotti di successo (inevitabile in questo senso pensare al celeberrimo show Netflix Stranger Things).
L’egregio lavoro di Bill Skarsgård
It cattura l’essenza e lo spirito dell’opera originale, intraprendendo una strada più orientata sull’azione e sull’avventura che sul puro horror e concentrando le scene di vera paura sulle poche, ma ben sfruttate, apparizioni dell’iconico Pennywise. Inevitabile focalizzarsi proprio su questo personaggio, al quale erano affidate le speranze e le aspettative dei fan. Bill Skarsgård compie un lavoro egregio, utilizzando la sua mimica facciale e il suo naturale magnetismo per tratteggiare uno dei mostri più terrorizzanti visti ultimamente al cinema. Da rimarcare inoltre l’operato dello svedese sulla cadenza e sulle inflessioni della voce, che impreziosiscono la beffarda e provocatoria parlantina del clown. Una scelta anche in questo caso in linea con il romanzo, che però priva Pennywise, qui mostrato fin da subito come un concentrato di pura malvagità, del lato più amichevole e umano del celeberrimo pagliaccio, che paradossalmente rendeva l’interpretazione di Tim Curry nella miniserie ancora più spaventosa e inquietante.
Lodevole anche il casting dei giovani protagonisti, che riescono a caratterizzare al meglio i propri personaggi e dimostrano costantemente la naturale alchimia instauratasi fra di loro. A convincere maggiormente è l’unica ragazza del gruppo, l’estremamente promettente Sophia Lillis, capace di mettere in scena una Beverly Marsh di grande carattere e dotata di un innato ascendente nei confronti dei suoi coetanei. Andrés Muschietti trova così terreno fertile per concentrarsi sul lato più intimo e umano della vicenda, utilizzando le rapide ma efficaci presentazioni dei personaggi e la loro disperata lotta contro il male per mettere in scena una toccante storia di amicizia e di fratellanza, riuscita metafora delle difficoltà attraversate da ognuno di noi nel corso della crescita.
Anche questo It rinuncia al racconto della dimensione cosmica della vicenda
Merita sicuramente un encomio l’intero comparto tecnico del film: dal montaggio frenetico ma funzionale di Jason Ballantine all’avvolgente fotografia di Chung-hoon Chung, capace di infondere alla pellicola costante inquietudine e al tempo stesso una genuina sensibilità. Doverosa una menzione per il reparto degli effetti speciali, capace di esaltare le scorribande di Pennywise e le sue variegate trasformazioni.
I puristi del romanzo potrebbero storcere il naso davanti ad alcune scelte di Muschietti e degli sceneggiatori Chase Palmer, Cary Fukunaga e Gary Dauberman. Ci riferiamo soprattutto all’assenza, almeno in questa prima parte, della dimensione cosmica di It e del suo rapporto con La Tartaruga, nota ai lettori del romanzo come la principale antagonista dell’entità malefica. Qualche perplessità anche sullo scontro finale dei Perdenti con It, dai tempi eccessivamente dilatati e dalla conclusione troppo semplicistica, e su qualche alleggerimento narrativo di troppo, che comunque non inficiano il buon esito complessivo della pellicola. Difficile non provare un brivido davanti al convincente e intenso patto di sangue conclusivo, con il quale i Perdenti si danno appuntamento a 27 anni dopo e gli spettatori al 6 settembre 2019, con la speranza che la seconda parte con gli adulti protagonisti non vanifichi quanto di buono mostrato in questo primo capitolo.
It riesce nella non facile impresa di rendere giustizia al romanzo di King
Nel mare di mediocrità che affolla il cinema contemporaneo e in un panorama horror troppo spesso concentrato più sul singolo jumpscare che sulla costruzione di un’adeguata suspense e di una palpabile inquietudine, It si rivela un prodotto ampiamente sopra la media, capace di spaventare ma anche di raccontare con tatto e sensibilità la dolcezza e le avversità del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Non un capolavoro, ma un adattamento riuscito e fedele, che riesce nella non facile impresa di rendere giustizia al romanzo di King e di trasporre su pellicola almeno parte della magia di uno straordinario racconto di formazione e di crescita, ponendo al tempo stesso le basi per un secondo capitolo più maturo e legato alla contemporaneità.