Quando nel 2002 e nel 2008 uscirono rispettivamente The Bourne Identity e Io vi troverò vennero riscritte le regole di un sottogenere dell’action movie, quello che vede un-uomo-solo-contro-tutti. La spettacolarità, dal gusto vagamente trash, di Jet-Li, Steven Seagal o Jason Statham, veniva rivestita di un’abbondante mano di realismo. Meno calci volanti, quindi, e più krav-maga, arte marziale ufficiale dell’esercito israeliano, nella fattispecie quella utilizzata proprio per il film con Liam Neeson. In questo genere di film i canoni della sospensione dell’incredulità prevedono, ad esempio, che le botte del protagonista siano più forti delle botte degli antagonisti, che la sua mira sia più precisa, le sue munizioni più durature, anche davanti a nemici meglio equipaggiati. L’unico esempio che forse sfugge un po’ a questi canoni, perseguendo un realismo che ha dell’ideologico, pur presentando situazioni e soluzioni incredibili, è proprio Io vi troverò, dove, conti alla mano, non c’è un proiettile di troppo e l’unica cosa che lo spettatore deve accettare è l’allucinante stamina di Liam Neeson, instancabile anche dopo le prove più dure e contro nemici sempre freschi. Portando questi canoni al parossismo si sono creati gli action-parodia, fantastici, totalmente trash, dal classico Hot Shots! al più recente Crank.
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Jack Reacher: Punto di non ritorno è il secondo capitolo di una saga che ha avuto l’interessante idea di far cimentare nel genere uno dei pochi che ancora mancavano all’appello: Tom Cruise. Uno degli action-man per antonomasia, assolutamente perfetto per trovarsi, forse per la prima volta, faccia a faccia con un personaggio action meno sbarazzino di un Ethan Hunt (protagonista della saga di Mission Impossible), più oscuro e dal passato tormentato.
Peccato che i meriti del film finiscano più o meno qui. Gli amanti del genere entrano in sala ansiosi di vedere l’ennesima, benvenuta, declinazione di Taken (il film è zeppo di riferimenti all’opera di Pierre Morel, con tanto di telefonata minatoria in cui Jack Reacher promette di trovare e assassinare i nemici) e si trovano davanti un prodotto più vicino alla parodia ma che crede fermamente in se stesso, alternando così momenti di quasi parodia a momenti di quasi realismo. Né carne, né pesce.
Jack Reacher è un ex maggiore della polizia militare che, proprio come il Bryan Mills di Io vi troverò, conduce una vita semplice, almeno questo è il messaggio che gli autori sperano di riuscire a far passare. Quello che arriva, invece, è di un deviato ai margini della società. Laddove Liam Neeson si teneva occupato con piccoli lavori di sicurezza e braciolate con gli amici, Jack Reacher ci viene presentato solo e sporco, che fa l’autostop sul ciglio di una strada statale.
Nella prima scena del film, presente quasi per intero nel trailer, troviamo Tom Cruise in un fast food, con evidenti segni di un combattimento sul corpo, che mangia tranquillamente un hamburger, quattro corpi privi di senso assistono alla scena. Arrivano due poliziotti ad arrestarlo, il nostro Jack non si scompone, dopo qualche istante di grande coattaggine entrano in scena i rinforzi della polizia militare che tolgono le manette a Jack Reacher per metterle ai poliziotti. Si scopre così che aveva fatto una soffiata alla polizia militare su un traffico di migranti ad opera proprio dei due poliziotti corrotti di cui sopra. Quello che non si sa è perché fosse stato mandato proprio lui a prendere i cattivoni. Reacher è ormai un civile e, come se non bastasse, per tutto il film non fa che ribadire quanto voglia tenersi a distanza dall’esercito, istituzione che gli va stretta come la divisa e in cui non crede più come un tempo. Detto questo, non si sa a che titolo, per tutto il film non fa che entrare e uscire da basi militari e uffici amministrativi dell’esercito, rimanendo costantemente in contatto con gli alti ranghi, rappresentati da Susan Turner (Cobie Smulders), maggiore della military police, ruolo precedentemente appartenuto proprio a Reacher.
I due hanno un contatto radio dopo la missione iniziale e, pur non essendosi mai visti, flirtano aldilà di ogni professionalità. Reacher si reca a Washington proprio per andare a trovare Turner ma, una volta lì, scopre che è stata incarcerata con l’accusa di tradimento. Jack non crede alle accuse e si mette in testa di liberarla e smascherare i reali colpevoli, chiaramente orchestratori di un sinistro complotto che arriva chissà quanto in alto nei ranghi dell’esercito e che vede il coinvolgimento di una misteriosa società che collabora con il governo.
A questo va aggiunta una side story che vede la comparsa randomica della presunta figlia di Jack Reacher, che lui non ha mai conosciuto e all’inizio del film neanche sapeva di avere, la cui madre è un’ex prostituta, di cui il protagonista non ha memoria e che cozza con la sua sfavillante integrità morale. La presunta figlia vive da sola, pur avendo quindici anni, e Jack è costretto a salvarla perché gli scagnozzi della multinazionale vogliono usarla per ricattarlo.
Il film è un susseguirsi di scene senza un capo né una coda. Un alternarsi privo di ritmo di scene d’azione, neanche spettacolari o particolarmente intense, atte al solo scopo di far vedere allo spettatore quanto siano fichi i protagonisti, e scene da Casa Vianello in cui Tom Cruise e Cobie Smulders si comportano come una coppia sposata con una figlia in piena ribellione adolescenziale sul groppone. Bisticciano su chi debba andare a caccia dei cattivi e chi debba, invece, restare a badare alla ragazza e, quando la questione viene risolta da Jack che, con maschia prepotenza, applica la logica del “io uomo, tu donna”, al suo ritorno, vittorioso dopo aver sconfitto una decina di sicari assoldati dalla multinazionale, lei gli somministra la tortura del silenzio.
Jack e Susan, poi, hanno poteri quasi paranormali, compaiono nelle sorvegliatissime case dei nemici senza che questi se ne accorgano e senza che nessuno si sia preso la briga di spiegarci come ci siano arrivati. Ricercati incessantemente dalle forze combinate dell’oscura e potente multinazionale e della polizia militare riescono sempre a fuggire senza che lo spettatore sappia mai come. Cioè viene tagliata la parte di vera spettacolarità di questo genere di film, le soluzioni assurde che però funzionano perché i protagonisti sono i protagonisti. I canoni della sospensione dell’incredulità degli action movie prevedono che lo spettatore abbia accettato la natura sovrumana dei protagonisti, a patto di fargliela vedere però! Va bene fuggire da un furgone blindato scassinando la porta dall’interno con una forcina e la batteria di un 3310, non va bene se vediamo i protagonisti in trappola e nella scena successiva stanno rubando informazioni dal computer dell’antagonista, dentro casa sua, mentre uno dei due lo tiene fermo a terra con un braccio dietro la schiena.