Che cos’hanno in comune una partita di calcio, un esame all’università ed un film corale di un universo cinematografico? Che se non li prepari nella maniera adeguata l’esito non può essere positivo. E se per i primi due esempi incide anche il fattore C, per un lungometraggio non esiste aleatorietà. La DC arriva a Justice League dopo solo quattro film, per di più dalla qualità complessiva tutt’altro che eccelsa. Oltre a portare l’aspettativa ad un livello infimo, ciò non ha dato modo allo spettatore di affezionarsi ai personaggi che vengono sostanzialmente buttati nella mischia senza un minimo di background e caratterizzazione.
Dopo essere partiti malissimo (Man of Steel), aver continuato peggio (Suicide Squad) e toccato il fondo (Batman v. Superman: Dawn of Justice) la DC ha iniziato a capire i propri errori e a porvi rimedio. Come? Assegnando ad una regista navigata come Patty Jenkins il film su Wonder Woman, a Joss Whedon le correzioni di Justice League e a Matt Reeves il prossimo capitolo dell’uomo pipistrello, The Batman. Non poteva essere un caso che i migliori cinecomics fossero stati diretti da registi di un certo livello, no?
Joss Whedon, autore del primo grande successo al botteghino dei Marvel Studios (The Avengers) è subentrato a Zack Snyder a riprese quasi ultimate prendendo in carico alcune sequenze e il delicato processo di post-produzione. Cosa ne è uscito? Un film schizofrenico e poco coerente con l’universo cinematografico di cui fa parte, che passa dalla cupezza della DC (il prologo iniziale sulla morte di Superman girato da Snyder) alla spensieratezza tipica dei cinecomics della Casa delle Idee (il personaggio di Ezra Miller) senza una logica.
Ma il difetto principale di Justice League è che manca totalmente di freschezza dando continuamente la sensazione di già visto. Pensateci bene: lo scontro che presenta di fatto l’antagonista principale Steppenwolf sull’isola delle Amazzoni non sembra preso tale e quale dalla battaglia di Dagorlad nel Signore degli Anelli? Per non parlare di Flash. Dove l’avete già visto?
Chi afferma che le critiche ai cinecomics della DC derivino da un soggettivo gusto per le atmosfere cupe a tinte dark sbaglia di grosso, perché i film si distinguono tra quelli fatti bene e quelli fatti male. Intendiamoci, Justice League non è fatto male, ma è talmente scialbo che non colpisce dove più vorrebbe. Nessuno si ricorderà di questa prima reunion dei supereroi della DC, perché al netto del mero intrattenimento Justice League non lascia nulla. Il DCEU, giunto a questo punto, avrebbe bisogno di ripartire da zero e chiedersi cos’è andato storto. Ma ciò costituirebbe un’implicita ammissione di fallimento, che mamma Warner non può certo permettersi.
Christopher Nolan ha recentemente dichiarato di esser stato l’ultimo regista a cui è stato concesso il lusso del tempo. Nulla di più vero: non si può pretendere, come in tutte le cose, che qualcosa sia fatto bene e velocemente. Il primo approccio di Nolan al genere, Batman Begins, uscì nel 2005, Il Cavaliere Oscuro nel 2008 e Il ritorno del Cavaliere Oscuro addirittura nel 2012, a 8 anni dal primo capitolo della trilogia. Senza contare il box-office: gli ultimi due film citati hanno incassato insieme oltre due miliardi di dollari, mentre la Marvel non è mai riuscita a raggiungere una simile cifra con un film incentrato su di un solo Vendicatore prima di The Avengers. E allora perché la Warner si è messa in competizione con i Marvel Studios? Perché non ha sviluppato un suo Universo Cinematografico coi propri tempi, avendo già dimostrato di poter fare ottimi film e nel contempo sbancare il botteghino?
Perché purtroppo il pubblico di riferimento – alias mangiatori di pop-corn e bevitori di Coca-Cola – questo vuole: tutto e subito. E riprendendo quindi il Paradosso di Zenone secondo cui Achille-DC non avrebbe mai raggiunto la tartaruga-Marvel cosa resta da dire? Coraggio Achille, continua a correre.