Se al giorno d’oggi, un qualunque regista, o coppia di registi, decidesse di girare un western, potrebbe farlo inevitabilmente solo in due modi: crepuscolare o citazionistico. Il perché lo sappiamo, il western è un genere ufficialmente morto negli anni ’50. Infatti, già Leone, aveva assunto uno stile che ne ricordava la gloria nello splendido C’era una volta il west. E abbiamo anche visto come Quentin Tarantino (nei suoi due western: Django Unchained e The Hateful Eight), oppure Takashi Miike (nel suo assurdo e poliedrico Sukiyaki Western Django) avevano fatto dei loro film una citazione continua in piena chiave postmoderna. Ebbene, ne La Ballata di Buster Scruggs, film a episodi diretto da Joel ed Ethan Coen, traviamo entrambi gli stili di narrazione, in aggiunta però, di qualcosa in più, i Coen. Il film, distribuito internazionalmente da Netflix dal 19 Novembre 2018 e limitatamente, in alcune sale statunitensi, è diviso in otto episodi, ognuno con una storia diversa ambientata nel vecchio West.
Gente del West
Il film racconta storie del west, ovvero microstorie in un macrocosmo, talmente macro che non si intersecano mai. Il primo episodio è l’omonima Ballata di Buster Scruggs che dà il titolo a tutta la pellicola. Proprio così, perché la prima storia, con un bravissimo Tim Blake Nelson, rompe la quarta parete, è carica di musica, ilarità e ironia, splatter e citazioni, di assurdità e di leggenda, ma è l’impronta per tutto il film. Come se i Coen avessero detto: “Questo è quello che vedrete: generi che si mescolano, emozioni che si fondono”.
Gli Episodi
Gli altri episodi spaziano nella fantasia Coeniana: da un fuorilegge (James Franco) con una rapina andata a male, ad un uomo apparentemente buono (Liam Neeson) ma avido, che viaggia su una carro con un attore mutilato. Da un vecchio cercatore d’oro (un mastodontico Tom Waits), che trova il filone della ricchezza, per poi arrivare da Alice (la brava Zoe Kazan), che ritrova l’amore dopo aver perso il marito. In ultimo una storia ambientata quasi tutta all’interno di una carovana, in cui ascoltiamo tanto esistenzialismo.
La regia e i temi
I Coen, al loro secondo western, dopo Il Grinta, ci trasportano nella crudezza, nel romanticismo, nel dramma intenso del West. Tra scene splatter alla Django Unchained e scene di calma profonda e una schietta freddezza, anche nella violenza (che ricordano molto il loro Non è un paese per vecchi), i Coen si riconfermano dei signori dello storytelling, affrontando, ironia della sorte e crudeltà della vita, sacrificio nel lavoro e voglia di vivere, amore, solitudine e desolazione per poi ritornare, nell’ultimo episodio, a black humor, ironia, logorrea e profondità. Aiutati anche da un’intensa e concreta fotografia di Bruno Delbonnel (già con loro in A proposito di Davis) che ci ricorda i frame Leone e John Ford.
Tutto ciò, fa de La Ballata di Buster Scruggs un buon western. Un western che si prende i suoi tempi (quasi mai morti), che forse, almeno in Italia, avremmo voluto goderne al cinema, gustandoci su grande schermo, il sapore del vecchio West unito allo sguardo dei Coen, in questo film più che mai, immersi nel loro autentico lavoro.