La Stanza delle Meraviglie è tratto dall’omonimo romanzo di Brian Selznick, uscito nel 2011. Si tratta dello stesso autore de La Straordinaria Invenzione di Hugo Cabret, la cui trasposizione cinematografica è stata realizzata da Martin Scorsese.
Il libro tratta della storia di Ben e Rose, due bambini appartenenti a epoche diverse che vivono parallelamente la stessa avventura: Ben cerca il padre che non ha mai conosciuto, Rose un’attrice di cui sembra essere ossessionata. Un altro elemento che accomuna i due protagonisti è la sordità: Rose è sorda dalla nascita, mentre Ben lo è diventato in seguito a un incidente. Entrambi non esiteranno a lasciare la sicurezza delle loro abitazioni per partire alla volta di New York e svelare il mistero che si avvolge intorno alle loro radici. Le due storie procedono parallelamente ma finiranno per intersecarsi in maniera incredibile e inaspettata.
La particolarità di questo romanzo sta nel fatto che la storia sia accompagnata da dei disegni, realizzati dall’autore stesso, che corredano la narrazione verbale e che contribuiscono a offrire al lettore una visione del mondo filtrata dagli occhi di un bambino: una realtà ostica e caotica, ma ricca di sorprese e permeata di accese speranze. Non solo, attraverso il disegno viene coinvolta nella lettura un’ulteriore area del cervello, oltre a quella che normalmente rielabora le parole.
Selznick dichiara di aver trovato l’ispirazione per il libro guardando il documentario “Through Deaf Eyes” : “Nel documentario c’è una persona che definisce la cultura dei non udenti una cultura visiva, perché i sordi parlano attraverso i segni e non le parole”. Da qui la scelta di raccontare la storia di due bambini sordi alternando alla narrazione classica una narrazione interamente grafica per la parte che riguarda Rose. Lo stesso modus operandi è stato adottato anche nella pellicola, in cui le vicissitudini vissute dalla bambina vengono narrate esattamente come in un vecchio film muto in bianco e nero. La storia di Ben invece si svolge cinquant’anni dopo ma, a differenza di Rose, lui non è nato sordo, perciò il regista si avvale della tecnica cinematografica tradizionale e di una colonna sonora estremamente ricercata per raccontare i fatti dal suo punto di vista. In questo modo lo spettatore riesce a immedesimarsi completamente nei due personaggi e a comprendere a pieno i loro i sentimenti, i loro timori, le loro gioie.
Il merito di una pellicola così ben riuscita va sicuramente al duro lavoro di una troupe di eccellenze del settore, a partire dai produttori: John Sloss di Amazon Studios, Christine Vachon e Sandy Powell, stilista pluripremio Oscar, che oltre a fare da produttore esecutivo è anche la costumista della pellicola. Inoltre è stata lei stessa a proporre il nome di Todd Haynes per la regia, una scelta all’apparenza insolita se si guarda ai suoi lavori precedenti, ma rivelatasi quella vincente. Haynes, infatti, riesce a dare vita ai personaggi senza prendere le distanze da loro, non analizzandoli con occhio clinico ma osservandoli in maniera quasi affettuosa, come fosse il loro padre.
La Stanza delle Meraviglie: sordità infantile
Per la prima volta vediamo affrontato al cinema un argomento così delicato: si era già parlato di persone sorde ma mai di bambini. Per questo motivo, Selznick (che si è occupato anche della stesura della scenografia) si è documentato anche confrontandosi direttamente con amici e colleghi non udenti, per rendere la disabilità in maniera più realistica possibile. Ad esempio Oakes Fegley, l’attore che interpreta Ben, è stato munito di cuffie che non permettono di sentire i rumori per interpretare le scene in cui il bambino è privo di udito. Sette attori sordi sono stati scritturati per interpretare il ruolo di persone udenti nella sezione muta del film. Molti di loro sono affermati nell’ambito del teatro dei sordi e hanno saputo donare ai loro personaggi una speciale espressività. Anche l’attrice che interpreta Rose da piccola, Millicent Simmonds, è sorda e il film sancisce il suo esordio sul grande schermo. Millie si è trovata a suo agio fin da subito davanti alla macchina da presa e al fianco di attori del calibro di Julianne Moore, che ha affermato: “È un talento naturale”. La Moore, che ha lavorato con Haynes anche in Safe e Lontano dal Paradiso, ne La Stanza delle Meraviglie interpreta ben due ruoli: quello di Lillian Mayhew, ovvero l’attrice che Rose desidera incontrare, e Rose stessa da adulta. Un altro nome celeberrimo nel firmamento delle stelle di Hollywood è quello di Michelle Williams, che interpreta Elaine, la madre di Ben.
Arrivati a questo punto, sicuramente vi starete chiedendo cos’è “la stanza delle meraviglie” che dà il titolo al film. Si tratta di un luogo in cui una collezione di oggetti preziosi cela il mistero del legame tra Ben e Rose. Ed è questo l’elemento di meraviglia che colpisce lo spettatore: la connessione che si crea tra tempi, luoghi ed eventi. All’interno di questa stanza, che si trova nel Museo di Storia Naturale di New York, a distanza di cinquant’anni si compirà una magia.
Le date scelte da Selznick non sono casuali, ma si riferiscono a due annate ben precise e diametralmente opposte: la prima, il 1927, è l’anno in cui viene inaugurata l’era dei film sonori, un momento simbolico nella storia del cinema. Il 1977 invece fa parte del decennio in cui la città di New York era nel declino più profondo. Quell’anno in particolare un fulmine provocherà un disastroso blackout, che è rappresentato anche all’interno del film. L’elemento del fulmine, inoltre svolge un ruolo chiave nella trama della pellicola.
La Stanza delle Meraviglie è senza dubbio un film per famiglie, grazie alla presenza dei giovani protagonisti, ma anche per adulti per via degli argomenti trattati. La complessità della trama cattura l’attenzione del pubblico, che viene rapito dalle vicende di Ben e Rose. L’intento della pellicola è quello di trasmettere valori positivi: vuole instillare nello spettatore la fiducia in se stesso, nel prossimo e soprattutto nel futuro. Tutto è possibile se lo si desidera veramente, nessun ostacolo è insormontabile se si crede nelle proprie possibilità.