Dopo la proiezione in anteprima del nuovo film di Luciano Ligabue Made in Italy, il Cinema Adriano di Roma ha ospitato la relativa conferenza stampa, che ha visto la partecipazione dello stesso regista, del produttore Domenico Procacci e di molti elementi del cast, fra cui Stefano Accorsi, Kasia Smutniak, Walter Leonardi e Fausto Maria Sciarappa.
In apertura di conferenza, Luciano Ligabue ha parlato di cambiamento, uno dei temi portanti di Made in Italy:
Siamo tutti consapevoli che il cambiamento fa paura, anche perché pensiamo che il cambiamento non porti mai buone cose, soprattutto se ci ancoriamo a quelle due o tre certezze. Ma il cambiamento fa parte della nostra vita, cambia il nostro modo di guardare le cose. Non sono tanto gli eventi, ma le nostre reazioni agli eventi che producono la nostra realtà. Riko e Sara sono due persone che vivono in una realtà consolidata, che viene scombussolata da un momento di crisi. L’inquietudine di Riko gli fa andare tutto stretto, perché ha bisogno di cambiare, in particolare di cambiare il suo sguardo verso le cose.
Luciano Ligabue ha poi parlato del rapporto fra Made in Italy il suo omonimo album:
Made in Italy nasce come un progetto balordo, perché è anacronistico fare un concept album negli anni 2000. Sono consapevole di come si ascolti la musica oggi, quindi il fatto di fare un concept album è ai limiti della presunzione in tempi come questi. Il disco ha però fatto cadere quella che era stata per anni la mia scusa per non fare un nuovo film, ovvero non avere una bella storia da raccontare. Stavolta la storia ce l’avevo. Fare film per me è un mestiere difficilissimo. Sul palco è tutto un fluire di emozioni, fare film invece significa progettarle le emozioni, perché devi fare in modo che pezzettini di pochi secondi riescano a produrre qualcosa che tu vorresti fosse di cuore.
In seguito, Luciano Ligabue ha parlato delle sue sensazioni sull’Italia odierna, che racconta con passione e malinconia in Made in Italy:
Vedo l’Italia in una fase di incertezza importante. Però non è tanto come la vedo io, ma il sentimento che continuo a provare. Io ho cominciare a raccontare del mio sentimento verso questo Paese 10 anni fa con Buonanotte all’Italia, poi ci sono state altre escursioni che avevano la stessa intenzione, ovvero quella di raccontare il mio amore per questo paese nonostante la frustrazione per i suoi tanti difetti che non vediamo mai risolti. Volevo raccontare questa insoddisfazione attraverso gli occhi di una persona con meno privilegi di me. Riko è una persona normale, che ha un rapporto molto forte con le proprie radici e con il proprio paese. Durante il film diciamo che nessun italiano fa le vacanze a Roma e nessun italiano fa la luna di miele a Roma. Siamo assuefatti alla bellezza dell’Italia e rassegnati al suo malfunzionamento. Questo secondo me è un film sentimentale, mi interessava raccontare gli stati d’animo di un gruppo di persone per bene, che come tali hanno poca voce in capitolo e non vengono meno raccontati, perché meno interessanti dal punto di vista drammaturgico. Ho tanti amici di vecchia data, che sono brave persone e che spesso dicono che essere bravi in questo Paese non paga.
Luciano Ligabue e Kasia Smutniak hanno poi parlato di Sara, la protagonista femminile di Made in Italy:
Sara nel disco è appena citata, ha detto Luciano Ligabue, ma man mano che la scrivevo le volevo bene. Volevo bene alla sua forza, alla sua coerenza e alla sua capacità di sbagliare tanto. Sara quanto va una cazzata la fa veramente grossa. Pur tenendo fermo il suo attaccamento alla famiglia lei reclama la sua vita. Sono perdutamente innamorato di Sara Smutniak.
Sara è stato un personaggio molto importante per me, ha detto invece Kasia Smutniak. È stato difficile affrontarla, mi sono ispirata alla forza delle donne. Lei è una coerente, con piedi per terra e che sa quello che vuole. La vita ti può portare a perderti per un attimo, ma lei sa, e nei momenti difficili prende decisioni. Intepretarlo non è stato facile, e quello che mi ha aiutato è stato il mondo di Luciano, che mi era particolarmente chiaro. Poter lavorare su una base musicale, che non è solo musica, ma sono sopratutto parole, è stato un grande vantaggio.
A seguire ha preso la parola Stefano Accorsi, che ha parlato del personaggio di Riko e del suo ritorno in un film di Ligabue a 20 anni da Radiofreccia:
Riko è un uomo che sta. Che sta in questa sua vita, che ha vissuto anni diversi in questo Paese. È un uomo che racconta una grande storia d’amore, ma che racconta anche la vita. Noi vediamo un uomo che comincia in un momento difficile, e che probabilmente se ne vorrebbe anche andare. La frase di Carnevale “Cambia tu, invece di aspettare il cambiamento” lo fa profondamente riflettere. È il suo modo di cambiare il punto di vista verso la vita, che gli è andata bene per tanto ma adesso ha bisogno di nuova linfa. Trovo molto raro mettere in scena questo tipo di persone, perché di solito si trovano personaggi cattivi o comunque in situazioni straordinarie. Luciano riesce sempre a vedere la verità e in questo film c’è tanta verità. Luciano l’ho trovato in grande forma, è un privilegio lavorare con un regista che per 18 anni non ha fatto film, perché è una storia maturata dentro di lui per molto tempo.
Domenico Procacci ha poi parlato del suo rapporto con Ligabue e della lavorazione di Made in Italy:
In questi anni, anche senza lavorare insieme, io e Luciano ci siamo continuati a vedere. Io continuavo a cercare una pausa fra album e tournée per proporgli un film, ma non c’è mai stato verso. Io sono convinto che lui sia uno dei pochissimi in Italia che potrebbe fare un’opera rock. Io e i miei collaboratori abbiamo ascoltato Made in Italy e altre canzoni che poi non sono finite nell’album e abbiamo capito la storia che poi viene raccontata nel film. A me è sembrata subito una storia che meritava di essere raccontata. Sono molto contento che Luciano sia tornato a fare film, perché è molto bravo come regista e dopo tanti anni non ha subito quello che nel frattempo è cambiato, ma anzi, ha saputo usare la tecnica a suo vantaggio. È straordinario come riesca a maneggiare un mezzo che non utilizza tutti i giorni.
A seguire, Luciano Ligabue ha parlato della genesi di Made in Italy:
Tutto questo progetto nasce da un seme che ho ripreso nel film, e questo seme è una canzone che si chiama Non ho che te. Quella canzone è la storia di una persona che perde il proprio posto di lavoro ed essendo una persona di mezza età fa fatica a trovarne un altro. La canzone nell’album non c’è, ma l’ho ripresa dentro il film suonandola in acustica. Quella storia ha poi generato il film. È l’analisi di come una persona quando perde il proprio lavoro perda anche un proprio senso di identità, di quanto si diventa fragili, di come ci si senta inutili, di come si debba trovare un modo per riempire le giornate. Io ho seguito un sentimento. Gli amici che mi tiro dietro dall’infanzia sono la realtà che frequento di più e mi piaceva l’idea che ci fosse la possibilità di dare voce a loro, perché non ne hanno mai la possibilità. Le persone che non prevaricano e non urlano non hanno mai la possibilità di avere voce in capitolo. Nelle mie storie c’è stato sempre un tentativo di essere più specifici possibile. Io con Radiofreccia mettevo moltissimo la macchina a picco, per schiacciare i personaggi al suolo e ricordare che eravamo a Correggio negli anni ’70. Altre volte ancora mettevo la macchina a terra per fare sentire la specificità. L’aggettivo più usato per raccontare Radiofreccia è ritratto generazionale. Io continuo a essere più interessato a raccontare lo specifico e non una storia valida per tutti, ma se altri si riconoscono vuol dire che ha funzionato. Non credo che sia possibile spezzare il mio legame con la provincia, ci vivo da sempre e mi trovo bene. Tendo a voler raccontare le cose che conosco bene e per essere più speficifo che posso il mio raggio d’azione è quello lì.
Luciano Ligabue ha poi concluso la conferenza parlando del suo stato d’animo sul set e di alcune scelte di regia, come il balletto iniziale con protagonista Stefano Accorsi che apre Made in Italy:
Per me è stato appassionante il lavoro con gli attori, e nel vedere scorrere la fotografia finale con tutti i personaggi io ho la sensazione di volergli bene, ma ancora non ho capito se ai personaggi o a loro che li hanno incarnati. Ho scelto di ricorrere a tanti primi piani, che funzionano soprattutto grazie a Kasia e Stefano. Quando andavo così vicino a loro tiravo fuori ancora più stati d’animo, che diventavano sfacciati, spudorati. Ho fatto delle scelte fotografiche specifiche, cercando di ricordare la bellezza del nostra paese. Sono contento di come abbiamo fotografo Roma per esempio, ma per mostrare la luce devi anche mostrare il buio. Per quanto riguarda la scena del ballo, è stata una mia idea dell’ultimo minuto, nata dal fatto che avevo visto una mortadella gigante di 8 metri e mi sono immediatamente immaginato un set vuoto, in cui poi ho inserito Stefano per un balletto più muscolare che tecnico.
Made in Italy arriverà nelle sale italiane il 25 gennaio, distribuito da Medusa.