Maleficent arrivava nei cinema nell’ormai lontano 2014. Angelina Jolie, fresca del suo Unbroken, secondo lungometraggio da regista, vestiva le ali della regina delle fate per la prima volta. Il film Disney fu, in un certo senso, rivoluzionario, decidendo di riscrivere l’origine de La Bella Addormentata nel Bosco dal punto di vista di quella era nata e cresciuta come la villain definitiva. Malefica ha sempre incarnato, fino all’uscita del film, l’idea della malvagia rancorosa e calcolatrice.
Il film diretto da Robert Stromberg ruppe questa tradizione creando un’origine ed una versione più umana dl personaggio. La fata arrivò ad una maturazione tale da spingerla a diventare una figura materna per la giovane Aurora. Maleficent – Signora del Male riparte da questa crescita caratteriale, iniziando un nuovo percorso narrativo.
C’è aria di festa nella Brughiera, con il regno tirato a lucido che sembra accompagnare un cambiamento imminente. Il cambiamento reale, con una proposta di matrimonio che potrebbe portare la pace tra il regno delle fate ed il regno degli uomini. Un cambiamento che, tuttavia, non sembra essere benvoluto da tutti. Trame sotterranee vengono tessute per combattere l’imminente pace.
Una favola che guarda al futuro
A volte per veicolare un messaggio importante il miglior linguaggio è quello più semplice. Da sempre, in casa Disney, hanno saputo consegnare ai propri film animati messaggi in grado di superare la prova del tempo. Maleficent, nonostante non cerchi di elevarsi ad un livello cinematografico superiore, è un ottimo esempio di un film che ha le idee chiare su quali tasti premere. La componente ambientalista, nel film è molto forte, con tutte le forme di vita naturali alle quali viene “strappata” la magia dalla potenza dell’industria. La regina Ingrith, interpretata da Michelle Pfeiffer, in un certo senso incarna proprio la potenza brutale del progresso tecnologico, quando viene attuato senza rispetto per ciò che ci circonda.
Sempre all’interno del film la retorica dell’integrazione ha un grande peso specifico. Due mondi destinati a coesistere per circostanze più grandi dei loro abitanti si ritrovano a combattere una guerra dettata dalla paura inculcata nelle loro teste dai regnanti. Un messaggio tutt’altro che casuale visto il momento storico in cui il film viene rilasciato.
La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni
Molto spesso un messaggio ben inserito nell’economia di un film ci permette di ricordarlo vita naturale durante, tuttavia questo messaggio non basta a rendere memorabile un film mediocre.
La sintesi del giudizio di Maleficent – Signora del Male è tutta qui: un film che si accontenta di intrattenere senza cercare di fare il salto.
Le colonne portanti del film sono indubbiamente le tre protagoniste: Elle Fanning (Aurora), Angelina Jolie (Malefica) e Michelle Pfeiffer (Ingrith) impreziosiscono con il loro carisma una sceneggiatura prevedibile e abbastanza povera di spunti memorabili.
Un primo atto di costruzione piuttosto spento, ma con la scena migliore del film per distanza, fa da contraltare a quello che è un secondo atto più interessante e movimentato. Le tre donne sono esempi di personaggi fortemente femministi e che sono in grado di collaborare al meglio con le controparti maschili. Filippo rappresenta la sincerità e purezza del sentimento dell’amore che aiuta Aurora a capire cosa vuole e come lo vuole. Re Giovanni invece incarna i valori del sovrano giusto ed amorevole, con la sua famiglia e con il suo regno. Il sogno di vedere un mondo in pace si scontra con le intenzioni di chi gli sta vicino.
La voglia di esplorare le origini della specie di Malefica e farne una questione identitaria fornisce una profondità ulteriore, ma sempre in maniera ossimoricamente superficiale. Aprire nuove strade senza percorrerle a fondo a volte è peggio che non aprirle affatto.
Il cast è in parte aiutato da quello che è un ottimo reparto costumi, fiore all’occhiello assieme al character design. A rubare l’occhio sono sicuramente le fate che caratterizzate, in termini visivi, in maniera eccellente, raccontano bene le proprie origini. Un massiccio lavoro di computer grafica non rende meno interessante tutto il lavoro di effetti fisici svolto sui vestiti.
Il film scorre tutto sommato sereno, senza la volontà di impelagarsi a fondo in discorsi più alti e profondi. Senza alti degni di lode né bassi meritevoli di infamia. Un gran peccato perché con uno sforzo limitato si sarebbe potuto raggiungere un risultato decisamente più soddisfacente.