Maniac è un viaggio disperato nella mente umana, nelle emozioni più devastanti e nella percezione che abbiamo della realtà che spesso sfugge al nostro controllo. Ma il modo in cui viene raccontato tutto questo è la vera novità della nuova serie di Netflix che si può definire tra le più interessanti della stagione.
E’ un prodotto che non ci si aspetterebbe dal regista della prima stagione di True Detective, Cary Fukunaga, che dirige e scrive, insieme a Patrick Somerville, questa nuova serie televisiva scostandosi di gran lunga dalla sua prima pluripremiata opera.
Un’occasione per salvarsi
Ci troviamo in un mondo distopico ambientato in un futuro passato degli anni’80. I protagonisti sono due giovani problematici alle prese con una vita difficile. Annie è una ragazza depressa con disturbo borderline che non riesce a superare la tremenda perdita della sorella, mentre Owen è il figlio di una ricca famiglia che lo ha sempre emarginato e che soffre di schizofrenia e allucinazioni. I due decidono di partecipare ad una sperimentazione farmaceutica che ha lo scopo di guarire le persone dalle loro malattie mentali grazie all’assunzione di tre pillole. L’esperimento dà il via ad una serie di scenari fantastici e surreali attraverso i quali i due protagonisti rivivono gli eventi più traumatici della loro vita. Le cose però non vanno come previsto ed Annie e Owen si ritrovano costantemente legati in ogni scenario che la loro mente ricrea.
Esperimento vintage riuscito
La trama a prima vista sembrerebbe complessa, soprattutto perché mette in gioco le difficili dinamiche della mente umana. Il tutto si complica poi se ci si aggiunge anche un pot-pourri di generi diversi che si accavallano tra loro senza dare alla serie un’identità precisa. In realtà sono proprio questi i suoi punti di forza, ovvero la capacità e l’intelligenza della regia di saper giocare con i vari generi unendo il dramma, la commedia, la fantascienza e l’azione (a tratti splatter), senza creare confusione ma proponendo un pacchetto di 10 episodi uno diverso dall’altro. Le brevi storie che si avvicendano all’interno della storia trasversale, per quanto siano bizzarre e surreali, sono ben collegate tra loro, senza mai perdere di vista il filo narrativo principale. Sono proprio la semplicità, la linearità e la purezza di intenti a far scorrere le puntate, di neanche 45 minuti l’una, in maniera fluida e senza intoppi nonostante il progetto ambizioso.
L’ambientazione anni ’80 è poi la vera chicca della serie, con tutti i vari elementi di riferimento come i macchinari e computer decisamente vintage, le grafiche in 8 bit e le capigliature attempate. Una scelta davvero interessante dove il futuro si mescola al passato creando un’atmosfera più surreale di quella creata nelle menti dei pazienti.
Emma e Jonah, bella prova!
Proprio grazie all’affascinante complessità della mente umana, che crea tante diverse realtà immaginarie fatte di problemi irrisolti, sensi di colpa e frustrazione, possiamo apprezzare e godere delle incredibili performance dei due protagonisti interpretati da Emma Stone e Jonah Hill, già colleghi nel lontano 2007 nel film Suxbad – Tre menti sopra il pelo. La varietà di personaggi, costumi e ambientazioni è tale da mettere in luce le loro capacità attoriali ed espressive.
Sotto esame non è solo la mente dei pazienti, ma anche quella dei dottori stessi che tentano di trovare una cura sapendo che sono loro i primi ad averne bisogno. Da qui nascono le interessanti performance di Justin Theroux, responsabile dell’esperimento e costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, quella dell’intrigante assistente Sonoya Mizuno murata viva nel suo laboratorio, ed infine la splendida prova di Sally Field che veste sia i panni di una madre oppressiva e famosa, sia quella di un robot pericoloso dotato di emozioni, disperato per aver perso l’amore della sua vita.
L’umanità vince sempre
Maniac è un viaggio nella psiche umana alla ricerca di se stessi, è la storia di un’amicizia sincera, di affetto e di solidarietà che porta i due protagonisti a legarsi indissolubilmente e ad aiutarsi a vicenda. Le emozioni e l’umanità vincono sulla scienza e sulle macchine, scatenando un toccante epilogo che vede trionfare l’altruismo e l’amore per il prossimo e per se stessi.