Dopo due stagioni dedicate a Daredevil, e una dedicata a Jessica Jones, Netflix torna con Luke Cage in attesa di vedere The Punisher e The Defenders, con quest’ultima serie vedrà insieme e diversi eroi presentati nei precedenti lavori intenti a formare una squadra di, neanche a dirlo, difensori. Luke Cage è un super eroe che nasce durante l’epoca della blaxploitation, durante gli anni ’70, quando i personaggi di colore cominciarono a fare capolino nelle grandi produzioni dell’intrattenimento. La serie ovviamente fa un salto temporale e porta ai giorni nostri le vicende dell’eroe afroamericano, primo personaggio di colore ad avere una sua pubblicazione personale, in una Harlem contemporanea ma comunque, rigorosamente, composta quasi esclusivamente da persone di colore. Entra così prepotente il tema del razzismo e delle comunità nere, delle loro difficoltà ad integrarsi e ad una propensione al crimine dovuta ad una società che non concede abbastanza opportunità per uscire fuori dai ghetti. Nonostante questo background piuttosto importante, soprattutto alla luce della nascita del super eroe, la serie non indugia mai troppo su queste tematiche che rimangono a fare da sfondo e ha creato un environment attendibile, obiettivo che con le serie TV Marvel e Netflix stanno perseguendo per dare alle loro storie un tono più dark e meno supereroistico da fumetto. L’operazione, un’altra volta, può dirsi perfettamente riuscita, nonostante quando poi tiriamo le somme del prodotto completo il risultato non è brillante come lo era stata la prima stagione di Daredevil, ma secondo chi scrive quel livello non era stato raggiunto neanche da Jessica Jones. Se quest’ultima serie può vantare un villain molto più efficace rispetto ai super cattivi che dovrà affrontare Luke Cage, il super eroe con la pelle impenetrabile ha dalla sua una maggior varietà di situazioni ed un maggiore numero di avversari, molto caratterizzati e differenziati tra loro, ognuno a modo suo calato nel sistema criminale newyorkese in modo diverso e a diversi livelli, dando un tocco più “realistico”, se ci si concede il termine, all’intera produzione.
La storia va ad incastonarsi con il resto della produzione Marvel–Netflix, ed in questo caso Luke Cage dovrà affrontare Cottonmouth, gangster prevalentemente impegnato nel traffico di armi e privo di poteri speciali, come era stato Kingpin in Daredevil. Non finisce qui, ovviamente, e non starò a farvi spoiler, ma sappiate che nonostante il ritmo non sia esattamente incalzante, risultando un po’ tedioso se il vostro intendo era il binge watching selvaggio, la storia avrà diversi colpi di scena e turning points piuttosto inaspettati. A fianco del protagonista e dell’antagonista si muoverà un ricchissimo cast di personaggi, dalla poliziotta Misty Knight (Simone Missick), al barbiere dal passato turbolento Pop, a tutta una serie di comprimari ai cattivi principali di turno. Sotto questo punto di vista Marvel’s Luke Cage brilla, dal momento che ognuno dei personaggi che compare sullo schermo è profondamente e brillantemente caratterizzato, evitando lo stereotipo per guadagnare un carattere proprio decisamente interessante. I rapporti tra gli stessi, della stessa fazione come tra fazioni avverse, si intrecciano e cambiano con il trascorrere degli episodi, in maniera sempre piuttosto credibile anche se, come già detto, il ritmo non è mai serratissimo.
Ancora una volta la regia è di ottimo livello, grazie alle cupe atmosfere a cui queste serie ci hanno già abituato negli ultimi anni, con la città, o meglio i diversi quartieri, che diventano protagonisti a loro volta della storia. Storie piccole, che sfiorano solo con un dito gli scontri avvenuti nei prodotti cinematografici Marvel, che ricordiamo avvengono nella stessa realtà e città. Combattimenti citati, in Marvel’s Luke Cage, ma come storie lontane e troppo grandi, troppo riguardanti dei semi-dei, per toccare veramente le vite di chi vive di rimpetto ai super eroi di Netflix. Il buio costante, i vicoli, i piccoli furti ed il disagio dei quartieri ai margini, così ben raccontati da una regia e fotografia di primo livello, sono distantissimi dagli scontri con gli alieni portati avanti da Dei e miliardari in armatura, raccontati sul grande schermo tramite l’utilizzo di colori sgargianti. La colonna sonora, questa volta, prende con prepotenza una posizione centrale nella serie, innanzitutto grazie ai titoli degli episodi, ognuno dei quali è il titolo di una canzone dei Gang Starr, ma anche grazie alla presenza di personali importanti, come un membro del Wu Tang Clan, ma soprattutto attraverso diversi momenti in cui vedremo sul palco del locale di Cottonmouth diversi musicisti di colore impegnati a suonare le loro canzoni, con o senza pubblico.