5) The Wolf of Wall Street
The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese
Dopo Calvin Candie, DiCaprio ci regala un’altra interpretazione decisamente sopra le righe, ci avrà preso gusto? Martin Scorsese è ancora in grandissima forma e, dopo il magico Hugo Cabret di due anni fa, confeziona una pellicola esuberante ed eccessiva. Chissà quanto si sarà divertito in fase di montaggio!
4) A Proposito di Davis
A Proposito di Davis di Joel ed Ethan Coen
Medaglia di legno per i fratelli Coen, che confezionano un piccolo gioiello sulla storia vera di Dave Van Ronk, cantante folk che ha tentato, senza successo, la carriera da solista. Il protagonista pur trovandosi nel posto giusto (New York) nel momento giusto (60’s) non riesce a sfondare perché “Il mondo si divide in due: quelli che dicono che il mondo si divide in due… e i perdenti”. Una regia ripetitiva come la vita di Davis (personaggio fittizio ispirato al cantante) che fotografa perfettamente la sua vita accompagnata da musica folk che non stanca mai ed un finale tanto strepitoso quanto malinconico e poetico.
3) Maps to the Stars
Maps to the Stars di David Cronemberg
Il Cinema che giudica e critica i protagonisti del mondo del Cinema stesso. David Cronenberg non è mai banale e riesce ancora una volta a tirar fuori il meglio di sé ed il peggio del mondo di Hollywood con un film costato solo 15 milioni di dollari. Volutamente esagerato, ma coerente con la sua filmografia, il regista ci mostra il vero mondo che c’è dietro la macchina da presa. Un mondo pieno di contraddizioni, di vizi, di falsità e meschinità: elementi che non potranno lasciare indifferente lo spettatore.
2) Mommy
Mommy di Xavier Dolan
A venticinque anni generalmente un ragazzo italiano di oggi consegue la Laurea, il canadese Xavier Dolan invece, al suo quarto di secolo, porta a casa il premio della Giuria al Festival di Cannes col suo quinto lungometraggio (il primo distribuito in Italia). Un film che spiazza lo spettatore per quanto è innovativo a partire dal formato dell’immagine più stretto di un 4:3, che permette l’inquadratura di un personaggio alla volta, come a voler simboleggiare la gabbia in cui si sente chiuso il protagonista. L’estensione della pellicola al 16:9 quando Antoine-Olivier Pilon tenterà di liberarsi è già Storia del Cinema. L’esclusione dalla corsa all’Oscar per il miglior film straniero (insieme al francese Due giorni, una notte) è invece qualcosa di paradossale.
1) Boyhood
Boyhood di Richard Linklater
I progetti a lunga scadenza sembrano essere pane per i denti di Linklater: dopo la trilogia dei “Before” (e chissà che fra otto anni…), ecco Boyhood, girato in dodici anni e sempre con gli stessi attori che invecchiano realmente fotogramma dopo fotogramma. Ciò che rende speciale questo film è la genuinità degli eventi: assolutamente normali e parte del quotidiano. I discorsi sono scorrevoli perché meravigliosamente spontanei scritti come solo un maestro della sceneggiatura come Linklater è capace di fare.