Eppure, anche se talvolta in modo impacciato e imperfetto, qualcosa nel cinema italiano si muove. Riprova di questa gradita e rinnovata tendenza nell’approccio nostrano alla settima arte è Monolith, film girato negli States con attori americani, ma dall’anima tutta italiana. La pellicola è la trasposizione dell’omonimo fumetto ideato da Roberto Recchioni, frutto del comune sforzo produttivo di Bonelli, Sky Italia e Lock & Valentine e dell’ispirata regia di Ivan Silvestrini, al suo terzo lungometraggio dopo Come non detto e 2night. Dopo le presentazioni al FrightFest Film Festival di Londra e al Trieste Science+Fiction Festival, Monolith è stato distribuito nelle sale italiane dalla Vision Distribution a partire dal 12 agosto.
Monolith: il survival fantascientifico made in Italy
L’ex popstar Sandra (Katrina Bowden) è una giovane madre che ha lasciato la musica dopo la nascita del figlio David, con cui sta viaggiando verso casa dei suoceri. La ragazza è alla guida di Monolith, un’avveniristica auto dall’altissimo livello tecnologico, provvista di avanzati dispositivi di sicurezza e di una comoda interfaccia vocale di nome Lilith (doppiata dalla celeberrima Brooke di Beautiful Katherine Kelly Lang in originale), molto simile alla Siri di Apple. La fretta e la preoccupazione dovuta ad alcune conversazioni effettuate portano Sandra a scegliere di passare per una pericolosa strada in mezzo al deserto, dove investe accidentalmente un cervo. Scendendo dalla macchina per constatare l’entità del danno, Sandra si ritrova chiusa fuori dai dispositivi di sicurezza della vettura. Per la ragazza comincia così una disperata lotta per la sopravvivenza sua e per quella di suo figlio David, intrappolato all’interno della vettura sotto il sole sempre più rovente.
Il cinema di genere italiano continua la sua coraggiosa rinascita
Dopo i confortanti segnali già visti in film come Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro e Veloce come il vento di Matteo Rovere, il cinema italiano trova ancora nel genere la dimensione ideale per sfruttare le proprie possibilità, sopite sotto una coltre di sfibranti dramma familiari e patetiche commedie adolescenziali. Con Monolith, Ivan Silvestrini cerca di guardare oltre, mettendo in piedi un’interessante commistione fra fantascienza, thriller e survival, che trova nelle location tanto incantevoli quanto angoscianti del deserto dello Utah il proprio ideale completamento e nella sensuale e agguerrita Katrina Bowden (già nota ai più per la sua parte in 30 Rock) una protagonista sorprendentemente azzeccata e funzionale al racconto.
La storia di Monolith è apparentemente semplice ed essenziale: una madre dispersa in mezzo al nulla alle prese con il disperato tentativo di estrarre il proprio figlio da una macchina bloccata. In 84 minuti scorrevoli ed appassionanti, Ivan Silvestrini ci racconta però con una genuinità e un entusiasmo sempre più rari per il nostro cinema anche molto altro. Il film ci mette innanzitutto di fronte ai rischi e alle difficoltà connesse all’invasività della tecnologia nelle nostre esistenze.
L’amichevole voce di Lilith, apparentemente disponibile a risolvere ogni necessità del pilota (come presto avverrà anche nelle reali auto da strada), sembra uscita da una fusione fra i preoccupanti scenari di Black Mirror e il celeberrimo Hal 9000 di 2001: Odissea nello spazio, sinistro e insuperato termine di paragone per tutte le intelligenze artificiali del cinema. Con la sua livrea nera fredda e impersonale, il Suv di Sandra diventa però anche rappresentazione dell’insuperabile distacco fra uomo e tecnologia, che sfocia nella paradossale situazione che vede coinvolti la protagonista e suo figlio David, messi in serio pericolo di vita proprio dal mezzo che li doveva proteggere.
La scommessa vinta di Ivan Silvestrini
Attraverso una prima parte di pellicola apparentemente slegata dal resto, ma in realtà determinante per presentare la personalità di Sandra, Ivan Silvestrini tratteggia inoltre il personaggio vero e accessibile di una madre fragile e tormentata dalla difficoltà di gestire al tempo stesso figlio, matrimonio e carriera, che trova proprio nel momento di massimo pericolo risorse e capacità sconosciute prima di tutto a lei stessa. Ed è proprio nella riconnessione dell’uomo con la natura e con i propri più primordiali istinti di sopravvivenza che Monolith trova un altro dei propri punti di forza, esaltato da altipiani mozzafiato, capaci di diventare un vero e proprio personaggio aggiunto del film con il loro sinistro fascino.
Non tutto è centrato e, soprattutto nella parte conclusiva, Monolith mostra il fianco a qualche forzatura di troppo e a un finale eccessivamente brusco. Le tante idee azzeccate e il coraggio dimostrato nel mettere in piedi un progetto del genere, impensabile per il nostro cinema solo fino a qualche anno fa, fanno però chiudere più che volentieri un occhio su alcune sbavature e apprezzare i pregi, fra cui segnaliamo l’azzeccata colonna sonora elettropop di Diego Buongiorno e la protagonista Katrina Bowden, abile ad andare oltre alla propria avvenenza e a fermarsi un passo prima dell’overacting.
Nonostante qualche incertezza, Monolith si rivela una scommessa vinta, nonché la dimostrazione che nel nostro paese è ancora possibile fare sano, fresco ed efficace cinema di genere, con il cuore italiano e un occhio rivolto al mercato internazionale, ripercorrendo così una strada che nel passato ha reso la nostra settima arte conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. A discapito del pessimismo e del disfattismo generale, l’Italia dimostra di avere ancora idee, talento e giovani di valore come Ivan Silvestrini, che devono solo essere sfruttati e valorizzati nel migliore dei modi.