Mute è un film diretto da Duncan Jones, con Alexander Skarsgård, Paul Rudd e Justin Theroux, dal 23 febbraio disponibile su Netflix.
Alexander Skarsgård interpreta Leo, un barista che lavora in un locale notturno di Berlino, nel 2052. Leo è muto, una disabilità causata da un incidente avvenuto trent’anni prima. Le corde vocali rimasero compromesse e la sua famiglia si rifiutò di farlo curare, seguendo le proprie convinzioni religiose, di natura amish. Ma Leo, oggi, vive in un mondo molto differente. Berlino è una città piena di culture che si intrecciano, futuristica, tra robot, grattacieli e sessualità esplicita, e nulla della sua tradizione amish sembra essere traslato nel presente. Leo lavora in un bar affiancato dalla sua ragazza, Naadirah (Seyneb Saleh), una donna con molti segreti. Un giorno Naadirah scompare nel nulla e Leo, determinato a ritrovare il suo amore perduto, comincerà la sua ricerca addentrandosi in una Berlino oscura, piena di prostituzione e criminalità, rivelando una realtà cupa che lo rigetta e che tenta di sottrarsi alla sua determinazione.
Mute è un film di fantascienza noir, determinato da una profonda estetica cyberpunk, con luci al neon, tecnologia dilagante, e un clima dispotico in cui i robot e le macchine fanno da padroni in un mondo sempre meno umano. Il regista Duncan Jones, figlio di David Bowie, non a caso, ha deciso di ambientare il film in una Berlino del futuro (dove Bowie, alla fine degli anni ’70, ha vissuto mentre registrava i suoi dischi più importanti), infatti il film è dedicato proprio alla sua memoria e quella della sua tata.
Mute si inserisce in un genere fantascientifico nel quale non riesce a dominare, non brilla per particolarità o inventiva, per quanto le scene siano avvolte da colori e luci molto diversificati. Berlino è sorretta da una fotografia che cattura il futurismo, ma che sorprende anche per l’estetica più retro. Leo, nonostante il suo passato, continua ad aderire ai rigidi standard religiosi della sua famiglia, ovvero nessuna tecnologia, nessun telefono, nessuna operazione chirurgica. Infatti il suo appartamento è un santuario di oggetti artigianali e tecnologia antiquata, piuttosto che di oggetti digitali.
Ma Mute è popolato anche da due personaggi che si inseriscono nella trama in modo discordante: Cactus Bill (Paul Rudd), e Duck (Justin Theroux). Questi sono due ex soldati americani, due disertori, che vivono a Berlino. Duck è un medico, con una certa tendenza alla pedofilia, mentre Cactus ha una figlia con cui cerca disperatamente di poter fuggire per tornare negli Stati Uniti. Ed è disposto ad ogni cosa, ad ogni sacrificio pur di tornare nella sua America. La loro strada si incrocia con quella di Leo, poiché i due spesso assistono alcuni malavitosi feriti, di cui Leo è sulle tracce perché crede che la sua ragazza abbia in qualche modo scatenato la loro ira.
Mute: il film di Duncan Jones targato Netflix
Mute è un film prepotentemente ambizioso ma che rapidamente crolla in mancanza di una storia forte. Sceglie di focalizzarsi sulla ricerca di una donna, sul microcosmo di questi due ex soldati che vivono un rapporto fatto di litigi molto accesi, e sulla disabilità di un uomo che viene respinto da tutti, sbeffeggiato e trattato come un reietto. Sarebbe stato interessante se Mute avesse insistito sulla chiusura mentale di Leo, data dalla sua credenza religiosa, senza perseverare troppo su un problema fisico che in quanto tale non è reso in modo totalizzante, come ad esempio in The Shape of Water, in cui Sally Hawkins ha dato una performance incredibilmente commovente.
Dal punto di vista visivo Mute rievoca Blade Runner ma se ne distanzia totalmente, abbracciando le radici del noir (si può intravedere nel film il poster del film L’angelo azzurro) che si nota osservando la preponderanza che occupa la ricerca della ragazza scomparsa, un classico set noir. Non ci si può lamentare troppo circa l’aspetto visivo del film, ma è l’uso che se ne fa che è avvilente. Non c’è mai alcun senso di pericolo in questo mondo, non c’è un vero ritmo incalzante, si impiega molto per entrare in simbiosi con il protagonista, nonostante Skarsgård e Saleh siano uniti da un legame irresistibile. Naadirah è l’unica che vede Leo per quello che è, mentre la maggior parte delle persone non riesce a superare la sua disabilità.
Mute: un film ambizioso ma che crolla in mancanza di una storia forte
Purtroppo la trama è un labirinto di vicoli ciechi, Leo passa gran parte del suo tempo sullo schermo inseguendo la Naadirah scomparsa, e la sua caccia lo porta a scontrarsi violentemente con loschi figuri e contro la sua rettitudine morale, particolare purtroppo poco affrontato durante il film, che è ben più interessante rispetto alla risoluzione del mistero sulla scomparsa di Naadirah.
Il giovane regista britannico si prodiga nel narrare una vicenda cupa, con piccoli spunti autobiografici, raccontando le difficoltà genitoriali, attraverso un’interpretazione, quella di Alexander Skarsgård, che nonostante tutto, riesce a veicolare allo spettatore la sua chiusura, la sua timidezza, poi la sua rabbia, il suo dolore accecante, senza mai emettere un suono, solo attraverso il suo volto, donando tutto una nuance di emozioni che riesce a donare al film una ragione per poter essere guardato e apprezzato.