Nel 1994, Luciano Pavarotti si trovava in Sud America, a Buenos Aires, dove si era esibito davanti a centinaia di migliaia di persone. Il giorno seguente, il tenore ha voluto raggiungere un antico teatro vuoto, nel cuore dell’Amazzonia, in cui si era esibito il grande Caruso. Il teatro però, era chiuso. Quando finalmente qualcuno gli ha spalancato le porte, Pavarotti ha intonato sul palco davanti a pochissimi testimoni una canzone poco conosciuta, ‘A Vucchella, scritta da D’Annunzio nel 1907.
Il tutto è stato fortunatamente ripreso dalla videocamera di Andrea Griminelli, il flautista che aveva accompagnato Pavarotti in quel viaggio oltreoceano, e usato da Ron Howard come incipit per il suo film documentario dedicato alla vita del grande tenore italiano, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Il film
Dopo The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years e Made in America, dedicato a Jay-Z, Ron Howard firma con Pavarotti il suo terzo docufilm musicale in sei anni.
Ho pensato che lavorare su Pavarotti sarebbe stato molto interessante, perché il suo è un nome conosciuto in tutto il mondo ma la sua vita non lo è altrettanto. Pavarotti è stato un grande ambasciatore dell’opera, ha voluto portarla verso le masse e mi auguro che il mio film renda giustizia a questa missione: ho cercato di parlare anche a chi non è un appassionato di opera.
Costruito come un’opera in tre atti, il film si apre e chiude con il primo piano di Luciano Pavarotti che, interrogato dalla compagna Nicoletta Mantovani, parla di come vorrebbe essere ricordato tra cent’anni. Le sue parole sintetizzano il suo concetto di arte, ossia la divulgazione della musica classica a quanta più gente possibile. Per questo suo credo, Pavarotti è stato aspramente criticato dal suo mondo, quello lirico, che vedeva l’opera come un qualcosa di elitario e non per tutti. Il Maestro, durante la sua lunga carriera, è riuscito invece a farsi apprezzare dalla gente comune, forte di un talento smisurato, di una personalità dirompente e di un sorriso contagioso.
I ricordi
La famiglia si è resa subito disponibile d affidarsi a noi, a farsi intervistare e a condividere video privati che non sempre restituiscono un’immagine lusinghiera di Pavarotti e questo ci ha consentito di vedere la sua vita in modo più completo.
Sono tante le figure intervistate da Ron Howard che ricostruiscono la vita di Luciano Pavarotti. C’è la prima moglie Adua Veroni, da cui Pavarotti ha divorziato dopo oltre trent’anni di matrimonio. Ci sono le tre figlie avute dal primo matrimonio Giuliana, Cristina e Lorenza. C’è la seconda moglie, Nicoletta Mantovani, da cui ha avuto una bambina, Alice. Il loro rapporto destò grande scandalo per via della notevole differenza di età tra i due, ed il film non manca di sottolineare come la gente comune, tanto grata a Pavarotti, non mancò di criticare duramente questa relazione quando, nel 1996, le foto dei due amanti alle Barbados fecero il giro del mondo.
Ron Howard non si è limitato a collezionare i contributi familiari, ma ha raccolto le testimonianze di tutte quelle persone che hanno, nel bene o nel male, segnato la vita del grande tenore italiano. Come Madelyn Renée, assistente e soprano, che dopo aver condiviso con Pavarotti anni di lavoro e sentimento clandestino lo ha abbandonato all’improvviso, e poi ancora i componenti de “I 3 Tenori”, Josè Carreras e Placido Domingo, i suoi manager, la giornalista Anne Midgette e persino Bono Vox. Davvero divertente l’aneddoto condiviso dal cantante degli U2, che racconta quando, e soprattutto come, Pavarotti lo abbia convinto a comporre Miss Sarajevo per “Pavarotti & Friends”.
Gli aneddoti
Da non esperto di lirica, studiando le sue esibizioni ho visto che c’erano molte analogie tra la sua vita e le arie interpretate. Da regista ho capito che alcuni momenti non erano di pura esibizione, ma che esisteva invece un legame emotivo. Erano questi che ci interessavano, perché permettevano di vedere il genio artistico.
Lungo le quasi due ore di durata, Ron Howard mette in fila una serie di aneddoti sulla vita di Luciano Pavarotti uno più bello dell’altro, dallo storico concerto del 1991 ad Hyde Park a Londra sotto una pioggia torrenziale e con Lady Diana in prima fila, fino all’esordio de I Tre Tenori, alle antiche Terme di Caracalla a Roma, alla vigilia della finale di Italia ’90.
Ron Howard si dimostra ancora una volta un regista di indubbio talento nel raccontare le storie e, seppure la storia segua lo schema classico dei biopic musicali, riesce a toccare sempre le corde giuste, grazie ad un minuzioso lavoro di montaggio e di un uso equilibrato di musiche ed immagini.