Nato nel 2010 dalla penna dello scrittore Tomihiko Morimi, Penguin Highway ha vinto il prestigioso premio Nihon SF Taisho Award come miglior romanzo fantasy per ragazzi.
Dopo anni il regista Hiroyasu Ishida ha ripescato questa storia per dar vita al suo primo lungometraggio animato, su sceneggiatura di Makoto Ueda (The night is short walk on, girl). Lo Studio Colorido (che ha cooperato alla realizzazione di Sword Art Online the Movie: Ordinal Scale) è la casa d’animazione che ha permesso all’adattamento animato di prendere vita e poi volare oltreoceano, dove ha debuttato il 29 luglio di quest’anno al Fantasia International Film Festival di Montreal; evento che ha portato Penguin Highway a guadagnarsi il Premio Satoshi Kon con miglior film d’animazione.
Il 20 e il 21 novembre l’appuntamento anime al cinema, grazie alla collaborazione tra Dynit e Nexo Digital, sarà al di fuori dell’ordinario.
Come hanno fatto i pinguini ad arrivare in città?
Aoyama è un bambino di dieci anni, consapevole di se stesso: la sua intelligenza è al di sopra della norma, la sua cultura eguaglia quella di un adulto ed ha sempre studiato con dedizione.
Sa che sarà un adulto di successo continuando così, ed immagina anche che molte ragazze vorranno essere sua moglie, ma lui ha già una persona che ama: la giovane assistente del suo dentista.
Un giorno questo bambino prodigio, andando a scuola, vede dei pinguini nel parco che iniziano a correre per tutta la cittadina e su tale mistero vuole far luce. Con il suo miglior amico Uchida, Aoyama indaga ed insieme percorrono la strada fatta dai pinguini, finché non raggiungono un punto su cui circolano storie inquietanti: si dice che ci sia una Luna d’Argento e i bambini che la vedono si ammalino. Aoyama non ha dubbi sul fatto che sia una storia inventata, ma proprio mentre stanno per sfatare questa diceria il trio di bulletti della scuola arriva per vendicarsi di un brutto colpo che Aoyama ha giocato a uno di loro. I due amici scappano, ma Aoyama viene preso dai bulli che lo legano a un distributore automatico di lattine.
Nella sfortuna arriva la fortuna: la bella assistente del dentista – colei che Aoyama chiama “la Sorellona” (onee-san in giapponese) – ha assistito alla scena e lo libera. La Sorellona pensa di liberare il bambino anche da altro: il fastidio di un dente da latte che sta per cadere e, per distrarlo, la ragazza dice ad Aoyama di guardare attentamente una lattina, la lancia in aria e Aoyama non può credere ai suoi occhi: la lattina diventa un pinguino.
La Sorellona non sa spiegare come può riuscire a trasformare le lattine in pinguini, ma si affida all’intelligenza di Aoyama che è determinato a trovare una spiegazione scientifica a questo mistero.
Quando gli opposti camminano insieme
Penguin Highway è una storia di formazione eclettica; un po’ fantasy, un po’ sci-fi, un po’ nosense, ma che ha tutto quel fascino delle storie adattate dallo Studio Ghibli.
Presa la storia dal romanzo di Morimi, Ishida ha lasciato che mani esperte sceneggiassero il lavoro in modo da non banalizzarlo, per poi dargli una sua identità, esponendo le sue eccellenti doti registiche. Ottime animazioni; un character design accattivante che strizza l’occhiolino ai grandi film d’animazione nipponici; una storia sorretta da un buon copione; dramma e commedia equilibrati che mai prevalgono l’uno sull’altra e una narrativa affascinante: la ricetta di un’ottima opera prima è pronta.
Se su carta il compartimento tecnico è promosso, la difficoltà di giudizio entra in gioco toccando la storia in sé. Nonostante sia un film dove i protagonisti spingono sulla ricerca razionale, sognando di diventare scienziati e premi nobel, Penguin Highway è una storia fantastica che invece di scontrarsi con la ragione, cerca di camminarle al fianco. La sua natura irrazionale è tipica della cultura nipponica che non sente il bisogno di contestualizzare l’assurdo, riposando sul nonsense piuttosto che esser inquadrata in qualche logica fantasy. Questo risultato può produrre sentimenti contrastanti, così che il film sembra più adatto alla scena dei festival che ai cinema di tutto il mondo. Non c’è niente di complicato però, intendiamoci, ci troviamo davanti a una storia semplice, per ogni target. Semplicità però non dev’essere confusa come sinonimo di banale: la storia è ben articolata e dallo sviluppo originale.
Bambini protagonisti di una grande avventura è un cliché che funziona sempre sul grande schermo, ma spesso annoia un pubblico più maturo. Penguin Highway parte da premesse ed elementi narrativi fanno credere a sviluppi scontati, ma l’originalità si palesa quando crediamo d’aver capito la direzione in cui sta andando la storia.
Dal momento che il film è caratterizzato da un percorso dualistico, questo non vale solo per ragione e fantasia, ma anche per la narrazione e il climax. Il punto di vista di un bambino che vuole essere adulto, che si sente adulto, diventa anche il canale narrativo che affronta con un’inusuale maturità le difficoltà e il dramma intrinseco nella storia; narrando con un certo controllo emotivo che libera il film da un’esasperazione drammatica che le grandi storie amano mostrare. Nessuna lacrima facile o formula studiata a tavolino per rendere gli occhi lucidi, ma ciò non significa che Penguin Highway non riesca a toccare le corde emotive dello spettatore, anzi, in qualche modo riesce a farlo meglio.
Sulle orme di Mamoru Hosoda
Penguin Highway è una storia eccentrica, ma non deve lasciar cadere in errore, immaginando che somigli a una qualche opera di Kunihiko Ikuhara o Akiyuki Shinbo. C’è una distanza siderale dalle personalità e dalle capacità artistiche dei due registi e le intenzioni di Ishida sembrano per lo più voler seguire le orme di Mamoru Hosoda. Sarà casuale il fatto che Penguin Highway sia stato proposto al cinema dopo Mirai, l’ultimo lavoro di Hosoda?
Il trailer mostra una storia incredibilmente dinamica e caotica, dando quasi una falsa idea di quello che realmente è il film. Quel caos c’è, ma è un caos controllato, che esplode dopo essersi interrogati su fenomeni impossibili e sul perché il nostro protagonista – tra una partita a scacchi ed esperimenti scientifici – non faccia che pensare al seno della Sorellona.
Hiroyasu Ishida fa così i suoi primi passi – affatto timidi – verso i grandi maestri del cinema d’animazione nipponico, ha molto da lavorare, ma è un traguardo credibile se continuerà a mostrare il suo talento in questo modo, quello che gli manca è giusto un’identità autoriale.