Greta Gerwig non sbaglia un colpo. Dopo l’ottimo esordio nel 2017 con Lady Bird, la regista californiana era molto attesa perché, semi-citando Caparezza, il secondo film è sempre più difficile nella carriera di un artista. Prova superata, la Gerwig firma con Piccole Donne un adattamento moderno di un grande classico (giunto alla settima versione cinematografica) dosando con grande intelligenza ed equilibrio tutti gli ingredienti a sua disposizione.
Un Classico in chiave moderna
Considerando che il romanzo di Louisa May Alcott è molto conosciuto e amato in tutto il mondo, la trasposizione su pellicola, per giunta non la prima, poteva essere altrettanto rischiosa. La regista ha affrontato la sfida con grande sicurezza, riuscendo nel compito più difficile: far risultare il film originale e personale sotto ogni punto di vista, pur attenendosi fedelmente alla trama originale, che, ambientata dopo la fine della guerra di secessione americana, racconta delle quattro sorelle March: Jo, Meg, Amy e Beth. La Gerwig sviluppa la narrazione su due linee temporali parallele e distanti nel tempo. La prima racconta il “presente”, ambientato nel 1868, in cui la protagonista Jo (interpretata da Saoirse Ronan) è un’insegnante privata a New York con la passione per la scrittura. La seconda, ambientata sette anni prima, vede tutte e quattro le sorelle vivere sotto lo stesso tetto. Un espediente geniale, che dona inaspettata freschezza al racconto. La messa in scena è arricchita da una sceneggiatura brillante, fedele all’originale e con grandi intuizioni che permettono alla regista di parlare di se stessa e del mondo di oggi. Il reparto tecnico si completa con una fotografia incredibile, con cui la Gerwig scandisce le due linee temporali lungo cui si sviluppa il film.
Dai dialoghi accurati emergono con semplici pennellate essenziali sia i caratteri di ciascun personaggio (non importa quanto principale o secondario alla trama degli eventi), che il contesto storico e gli ideali della Alcott rispetto a temi quali: l’amore e il matrimonio, la realizzazione femminile, la società divisa in classi sociali più o meno abbienti, e la lotta per vivere secondo i propri valori. Con il procedere del film, vediamo queste piccole donne farsi spazio nella società che, per la parte più tradizionale, vorrebbe spostate con buoni partiti come unica loro fonte di salvezza e completamento: bellissimo in tal senso il dialogo tra Amy (Florence Pugh) e Laurie (Timothée Chalamet) nell’atelier di pittura. Invece, una delle meraviglie di Piccole Donne sta nel far vedere diverse situazioni, tempi e scelte dal punto di vista delle donne che, seppure unite in quanto tali e in quanto sorelle, mantengono il proprio modo originale e unico di affrontare la vita e sentirsi realizzate. Meg sposandosi con l’uomo che ama, nonostante non sia di buona famiglia, Beth suonando il pianoforte, Amy dipingendo e arrendendosi al ragazzo amato da sempre, e Jo scrivendo e rivendicando la propria libertà personale.
Tra le piccole donne, una grande regista
Greta Gerwig è fidanzata con il regista Noah Baumbach, di 14 anni più grande di lei, che recentemente ha parlato della propria compagna dicendo che possiede due cose: una visione molto originale e la convinzione di metterla in pratica. Una citazione che riassume in poche parole l’essenza di Piccole Donne. Le nomination dei premi Oscar 2020 saranno annunciate il 13 gennaio e, se tutto andrà come deve andare, Baumbach concorrerà con la Gerwig per la statuetta al Miglior Regista. Il primo per Marriage Story – Storia di un matrimonio, la seconda per Piccole Donne. Sarebbe la prima volta nella storia di questi premi che a contendersi tale riconoscimento fossero due persone che stanno insieme. E non è finita qui. Il prossimo progetto sarà in comune e li vedrà portare sul grande schermo Barbie, proprio la famosa bambola della Mattel, che dovrebbe essere interpretata da Margot Robbie. Ne vedremo delle belle.